The Flyers

Estate calda ed assolate e ….ronzante! E’ tempo di mare e montagna, campagna e collina, fiumi, laghi, ruscelli ….vita all’aria aperta in plein air! Ed ecco che con la bella stagione e il tradizionale  caldo spesso umido clima un esercito sterminato di variopinte brulicanti creature volanti, striscianti variegate e multiformi espressioni biologiche si rianima puntualmente ronzando e svolazzando festante liberamente in ogni luogo e dove. Gli Insetti. E come sempre oltre agli adulti che per esperienza pluriennale accumulata hanno già maturato una serie di innumerevoli strategie multidimensionali per proteggersi dagli spiacevoli effetti diretti e collaterali frutto di morsi e punture, si ripresenta ciclicamente il problema annoso e socialmente rilevantissimo della protezione dei nostri cari figli e dei più piccoli ed indifesi bambini da queste naturali insidie non sottovalutabili affatto per entità e gravità delle conseguenze che possono verificarsi in alcuni casi. La maggior parte degli insetti manifestano una maggiore naturale aggressività durante il periodo estivo e solitamente colpiscono di preferenza le zone del corpo più accessibili e meno protette.

Viso, braccia, gambe e mani. Ad esempio nelle vicinanze delle pozze d’acqua o dei ruscelli, dei canali di irrigazione oppure anche attorno alle pietanze meglio se poi a base zuccherina possiamo trovare particolarmente insetti di” specie”. Le vespe per esempio che attaccano quando si sentono minacciate e in pericolo, per sopravvivere, a suon di pungiglione quando occorre rappresentano un vero pericolo da non prendere mai sottogamba. Quante volte una specie di “Zero” giapponese di colore nero brillante in picchiata ci ha fatto schizzare via dalla sdraio o dal lettino seminando il panico tra gli ombrelloni vicini ed il fuggi fuggi generale? Stiamo parlando del calabrone  un insetto di ragguardevoli dimensioni, con tratteggi nero giallo rossi sul corpo.

Bisogna prestare grande attenzione a questo insetto specie per i bambini oltre che per noi si intende. Le punture che il calabrone può infliggere sono assai dolorose  ma in effetti non  più nocive di quelle delle api o delle vespe. Dopo la puntura del calabrone avremo di norma  un gonfiore localizzato con vivo arrossamento della parte interessata e forte dolenzia acuta che di solito salvo complicazione come indicato dai medici  dura circa una/due /tre ore, mentre la tumefazione può accrescersi ancora nell’arco delle 12/ 24 ore. Un visibile punto nero ci indicherà la presenza  nella pelle del pungiglione come nel caso della  puntura di un ape. In caso di ripetute  punture in numero elevato si presenteranno alcuni tipici sintomi generali.

Sono possibili conati ,diarrea, innalzamento della temperatura corporea e anche probabile cefalea in relazione alle unità di veleno inoculato dall’insetto .Le punture locoregionali del cavo orale, glosso_faringee  e labiali vanno valutate con estrema attenzione perché possono dare origine a seri problemi respiratori e in bambini ipersensibili, procurare edema della glottide e in predisposizione allergica rush cutanei ed edemi  importanti compreso shock anafilattico ove non si intervenga adeguatamente con giuste manovre per rallentare i processi velenosi ed infiammatori ed in sinergia farmacologica. La prassi medica indica che bisogna subito sterilizzare con prodotti disinfettanti la cute del bambino colpito dalle punture rimuovendo il pungiglione sollevandolo o rimuovendolo con calma con ago sterile. Anche le mani vanno bene in mancanza di attrezzi adatti Se non ci sono aghi o lame smussate a disposizione si possono utilizzare semplicemente le mani lasciando scorrere abbondante  acqua fredda sulla puntura ed intorno ad essa per lenire il dolore rallentando le manifestazioni infiammatorie .Applicare del ghiaccio e completare con una pomata antistaminica allevierà di molto il fastidio locale. Quindi questa prima strategia utilissima per difendere i nostri bambini dalle punture egli insetti e dai loro morsi. Come insidie dell’estate le  punture d’insetto arrossano in generale la pelle procurando rossori e bruciori pruriginosi ed in alcuni casi alcuni insetti possono essere particolarmente nocivi anche per la trasmissibilità possibile di malattie infettive. E’ il caso del  Tafano una grossa specie di mosca dal corpo  in genere di colore  grigio _ bruno, e con  macchie grigie e scure sulle ali.

La puntura del tafano femmina cagiona un intenso bruciore, prurito, arrossamento e gonfiore. Il tafano alberga in zone campagnole e stalle, punzecchiando In genere bovini ed equini e può dopo aver punto questi animali, nel caso di puntura anche del bambino, trasmettere malattie infettive. La puntura di tafano può essere quindi infettiva e trasmettere microrganismi che rendono poi purulenta la parte colpita. Occorre quindi in caso di  puntura di tafano, lavare subito accuratamente con acqua e sapone il punto della pelle colpito disinfettando la parte con alcol abbondante  o altro disinfettante idoneo in commercio. Anche in questo caso per alleviare dolore e  gonfiore applicheremo  con delicatezza  ghiaccio sulla zona con leggera pressione locale. Se dolore e gonfiore non passano applicare sulla parte interessata una pomata antistaminica e se dolore e gonfiore non si attenuano in caso di l’infiammazione  intensa rivolgersi al medico senza dubbio perché potrebbe essersi sviluppata un’infezione a seguito della contatto con l’insetto. Ma di certo la regina degli insetti è la nostra Ape  insetto notissimo di colore bruno rossiccio, con righe nere e giallognole. Le api  hanno Il corpo  lungo circa venti/venticinque millimetri ed hanno in dotazione un pungiglione dentellato, congiunto ad una ghiandola velenifera  e quando pungono il loro pungiglione resta all’interno della parte colpita con il veleno con frazioni dell’addome e porzioni di organi interni.

Dopo la puntura, solitamente l’insetto muore lasciando nel soggetto colpito i classici sintomi come bruciore, prurito, rossore e gonfiore. Quando Il pungiglione rimane incastrato  produce  nel tessuto colpito una minuscola sacchetta contenente il veleno e nei  bimbi sensibili si possono manifestare  fenomeni  allergici, gonfiore diffuso vertigini, e possibile reazione  nei predisposti anche  di uno shock anafilattico. Agire come segue. Togliere il pungiglione con cautela servendosi di una lama arrotondata per non lesionare la sacchetta velenifera e far fuoriuscire altro veleno .Evitare l’ uso delle  pinzette che possono provocare la rottura della sacchetta contenente il veleno, in questo modo, ulteriormente inoculato. Ma non sempre è possibile recuperare una lama levigata. Possibile ricorrere in ultima ratio all’uso delle mani ben lavate. Possiamo quindi  operare usando due dita e premendo leggermente intorno alla vescichetta e non al pungiglione. Eliminato  il pungiglione applicare impacchi di acqua fredda e mettere sulla parte una crema cortisonica. Ed eccoci alle Vespe insetti millenari dalle forme sottili, rapide, dalla divisa naturale gialla e nera. L’attacco delle vespe avviene solo quando si sentono minacciate ed allora inoculano con il loro pungiglione il loro veleno. Il pungiglione delle vespe a differenza di quello delle api è allungato, levigato e rettilineo. Le vespe possono  colpire più volte di seguito senza rimanere incastrate con il pungiglione nel malcapitato e possono attaccare in sciame e la reazione alle punture  anche con questi insetti varia a seconda della quantità di veleno iniettata e dalla sensibilità della persona colpita. Rossore, prurito ed edema nella zona colpita sono gli effetti principali e una sola puntura può procurare in caso di ipersensibilità del bambino o anche dell’adulto uno shock anafilattico. In caso di molteplici punture causate da sciami d’insetti  è necessario rivolgersi al pronto soccorso.

Nell’immediato dopo aver allertato il medico o la struttura medica si possono  immergere le aree bersaglio colpite in un acqua fredda in un recipiente in cui sia stato disciolto del bicarbonato di sodio nella dose di un cucchiaio da minestra per ogni litro d’acqua Prima come sempre pulire bene la zona con acqua e sapone e poi disinfettare con presidio adatto. Il dolore  si attenua con impacchi freddi e applicando di una crema antistaminica o cortisonica. Controllare se  il gonfiore tende ad estendersi in altre zone corporee del bambino ed allertare immediatamente il medico .Ma quando pensiamo all’insetto più fastidioso e sonoramente evidente delle punture da insetto nessuna immagine è più frequente di lei. La Zanzara comune. Il piccolo insetto notissimo dalla notte dei tempi  e provvisto di apparato buccale suggente e pungente nell’esemplare femmina punge il soggetto nutrendosi del suo sangue occorrente alle sue larve per maturare. Oggi si parla moltissimo della più pericolosa tra le zanzare. La zanzara tigre è un insetto più piccolo delle altre classi di zanzare e di colore scuro, con fasce bianche sulle zampe e una linea bianca sul dorso. La zanzara tigre vola per lo più rasoterra a pochi centimetri dal suolo e predilige soprattutto gambe e  caviglie scoperte .

La sua puntura provoca evidenti bolle e prurito esacerbato nei soggetti più sensibili. La pelle punta presenta un rilievo rosso pruriginoso di varie dimensioni, a seconda della reattività personale del bambino. Più battagliera ed insidiosa delle altre zanzare questa varietà di zanzara punge in prevalenza nelle ore diurne. Zone oltremodo sensibili e reattive  sono i distretti perioculari, le zone alari del naso, i tessuti molli esposti come le palpebre ad esempio. Al centro dell’area target punta dalla zanzara è presente un punto rigonfio che causa forte prurito. Premere sulla puntura con qualcosa di piccolo ed acuto per una decina di secondi può servire ad alleviare il prurito ed il fastidio nel bambino ma nello stesso tempo risulta importante ricordare al bimbo di non grattarsi, per non aumentare prurito e rischio concreto di infettare la zona. Indi lavare e disinfettare la parte applicando poi una crema cortisonica sorvegliando che il bambino non aggravi la situazione grattandosi. I farmaci per via orale qualora necessari sono giustificati unicamente da prescrizione ed indicazione medica.

I consigli dei genitori per i bambini e la loro difesa sono di grandissima e fondamentale rilevanza ed eccone alcuni di utilità indubbia per aiutare i nostri piccoli ad evitare e a proteggersi dalle insidie volanti spiegando al piccolo di allontanarsi per esempio molto lentamente dagli insetti senza gesticolare vivacemente per non renderli più aggressivi. Far indossare ai bambini indumenti con protezione delle braccia e delle gambe e pantaloni lunghi e fargli indossare le scarpe nelle circostanze a rischio. Conoscere quello che può istigare gli insetti e renderli aggressivi  è davvero utile alla comprensione di come proteggere noi e i nostri bambini Evitiamo di profumare ed ungere impropriamente con creme solari i bambini quando non risulti necessario. Ricordiamo che colori sgargianti o il blu e il nero attraggono gli insetti al contrario del bianco o del colore kaki per il quale mostrano minore interesse cromatico .I presidi chimici che sono poi utili per alcune categorie di insetti sia in forma spray medicamentosa che naturale come la citronella ed altre sostanze naturali rappresentano un’ulteriore protezione per i bambini e per noi adulti.Quali sono i maggiori luoghi a rischio per i nostri piccoli bambini? Ovviamente alveari e serre, fontanili ,pozze d’acqua, vasche e fontane nei giardini, alberi, roveti e cespugli ,mucchi di legna dove possono trovare rifugio intere e grandi colonie di insetti. Altra accortezza è quella di non lasciare in giro liquidi zuccherini  e lattine di bibite aperte e munendo di zanzariere idonee le finestre di casa e proteggendo con presidi idonei i lettini dei bambini. Esistono in commercio alcuni tipi d zanzariere stile tropicale da fissare al soffitto che come un manto protettivo sono adatte alla protezione di culle e lettini con grande efficacia in quanto barriere impenetrabili agli insetti. Non tralasciare l’eventuale presenza di dimore di insetti in casa o nel  giardino e rimuovendoli.

Evitare ristagni d’acqua in contenitori all’aperto come bacinelle, catini e mastelli con acqua dimenticata per giorni e giorni vere incubatrici di larve. Solo la giusta ed armoniosa interazione con l’ambiente e la conoscenza della dinamica dell’essenza vitale degli insetti e delle loro abitudini è il primo vero passo intelligente per poterci proteggere in caso di loro attacco e per proteggere i nostri figli ed i bambini in generale. Come tutte le meraviglie della natura gli insetti sono un fondamentale anello evolutivo nella organizzazione naturale degli esseri viventi e del creato e attraverso gli insetti molta della vita del pianeta viene trasmessa e può perpetuarsi nel ciclo degli eventi naturali. Istruire i bambini e i nostri figli sulla natura degli insetti e sulla loro espressione naturale contribuirà e non poco ad alleviare i loro ancestrali dubbi e paure sulla loro presenza e sostituirà con la giusta conoscenza la loro paura ed ansia con la meraviglia dell’osservazione donando loro sensazione di sapere come rapportarsi con questo immane ed immenso esercito ronzante, strisciante e  volante. Il mondo degli Insetti.

Francesco Alessandro Squillino

Il Dono di Astrid ed Emil Vodder, The Pregnancy Care

Evento esistenziale straordinario e meraviglioso la Gravidanza porta con sé a livello fisiologico e psichico una serie di inevitabili modificazioni transitorie in alcuni casi particolari anche più persistenti nel tempo della donna. Sottoporsi a linfodrenaggio durante i mesi consoni dell’attesa è di grande utilità  per mantenere elastici i tessuti e per prevenire la dilatazione dei capillari e la comparsa inoltre  di smagliature. I benefici del linfodrenaggio in gravidanza non si fermano qui e con poche sedute è possibile alleviare il mal di schiena dovuto all’aumento di volume della pancia ed il senso di  pesantezza alle gambe. Il massaggio inoltre dovrà essere evitato a livello della pancia, che potrà essere trattata solo in sicurezza dopo il parto per eliminare le stasi linfatiche e sgonfiare i tessuti. Anche chi soffre di disturbi ritentivi durante il periodo premestruale può ricorrere al linfodrenaggio per alleviare i gonfiori tipici dell’arrivo del ciclo. Sono sufficienti 3-4 sedute nei dieci giorni che precedono le mestruazioni per aumentare la diuresi ed eliminare l’accumulo dei liquidi. Questo tipo di massaggio offre notevoli benefici anche contro la cefalea da sindrome premestruale. Il sistema linfatico provvede alla circolazione della linfa, ovvero di quel liquido chiaro il cui compito è di portare via le sostanze di scarto prodotte dal nostro organismo. La linfa si sposta in senso centripeto, cioè dalla periferia verso il centro. Il centro verso cui converge il liquido linfatico si trova alla base del collo, in due punti simmetrici chiamati “terminus”, una sorta di cisterne da raccolta. Favorendo lo scorrimento della linfa, il linfodrenaggio consente alle ghiandole linfatiche di lavorare a pieno ritmo così da eliminare i liquidi accumulati nei tessuti e reimmettere linfa purificata nell’organismo. Una buona circolazione linfatica è altrettanto importante per la difesa immunitaria del corpo poiché la linfa contiene infatti i linfociti. Gambe pesanti, a“colonna”, cute pallida, sottile e desquamante, “cellulite” sono segni visibili rilevati dal Ginecologo o dallo specialista e dalla  paziente, spesso erroneamente percepiti come puro problema estetico. Di converso, un’anamnesi  attenta può confermare un’alterazione morfo-funzionale a carico del sistema linfatico come accade appunto in gravidanza per le modificate e contingenti  condizioni legate al percorso gravidico stesso. La prima funzione del sistema linfatico è quella di rimuovere dallo spazio interstiziale le grosse molecole proteiche e l’acqua e per consentire il turnover alle cellule del sistema linfatico. Un difetto della pervietà  o una congestione del sistema linfatico può dare origine ad una  linfopatia spesso invalidante dal punto di vista fisico e psicologico. Il linfedema, in particolare, produce un accumulo di linfa nello spazio interstiziale, che in un primo momento si localizza prevalentemente a livello sovra fasciale. L’insufficienza linfatica dal punto di vista fisiopatologico viene suddivisa in insufficienza di tipo dinamico e meccanico. •L’insufficienza dinamica o insufficienza ad alta portata è presente nel caso di un sistema linfatico integro, che deve far fronte ad un carico proteico superiore alle sue capacità di portata. L’insufficienza meccanica o insufficienza a bassa portata deriva da un danno primitivo o secondario e che esprime un carico proteico normale. Le macromolecole proteiche, presenti nella matrice interstiziale stimolano l’arrivo dei mastociti e dei granulociti neutrofili, istaurando un processo di granulazione aspecifico che nel tempo evolverà in fibrosi con relativo sovvertimento strutturale. A grandi linee i linfedemi vengono suddivisi in due gruppi. Linfedemi Primitivi, per dilatazione, stenosi o aplasia dei collettori linfatici. Linfedemi Secondari, per lesioni estrinseche da exeresi di linfonodi o danno sui vasi linfatici. La linfopatia può essere in gravidanza  a partire dal terzo mese una condizione percepita dalla donna come fastidiosa ed  invalidante sia dal punto di vista fisico funzionale che psicologico. Attualmente le tecniche più utilizzate nella diagnostica del linfedema degli arti inferiori sono rappresentate dalla Linfoscintigrafia e dall’ecografia. Altre tecniche supplementari sono Ecodoppler Venoso, la Microlinfangiografia, la TC, la RMN, la Flebografia, la Biopsia Linfonodale e la Linfografia, quest’ultima  per casi selezionati.1).Esami di primo livello diagnostico: ecografia dei tessuti molli ed ecodoppler. 2).Esami di secondo livello diagnostico: Linfoscintigrafia Radioisotopica, eventualmente la Microlinfoscintigrafia a Fluorescenza. 3.Esami di terzo livello diagnostico, Linfografia, la Flebografia, la TC, la RMN ed altri esami strumentali.

Il trattamento del linfedema degli arti è prevalentemente conservativo, le metodiche chirurgiche vengono riservate a casi selezionati in stadi clinici avanzati. Il trattamento conservativo si divide in farmacologico e fisico-compressivo. La farmacoterapia prevede l’utilizzo dei benzopironi, quale la cumarina che agisce direttamene sulle fasi della flogosi, in particolar modo sui macrofagi; se usata di continuo accelera la degradazione proteica e attiva l’assorbimento extra linfatico. Mentre gli antibiotici sono usati in corso di complicanze infettive linfangiti, i benzopironi sono utilizzati in tutte le fasi del linfedema, sia esso di natura primitiva che secondaria. Prodotti a base di cumarina  come il Fleboteb Gel, ad esempio) vengono impiegati per via topica in associazione ai trattamenti fisici. Il trattamento fisico-compressivo comprende varie metodiche: il Drenaggio Linfatico Manuale (DLM), la Compressione, la Pressoterapia (PT), la Declivoterapia e la Termoterapia. Il trattamento fisico non deve indicare un’unica terapia, tra le tante, ma deve prevedere l’associazione di queste, combinate in funzione dello stadio evolutivo e della strategia del momento. La terapia fisica combinata viene suddivisa in due fasi:.•la prima fase – drenaggio linfatico manuale, elettro mio stimolazione, bendaggio, esercizio fisico e trattamento cutaneo è rivolta alla riduzione del carico linfatico interstiziale, con conseguente diminuzione volumetrica dell’arto e la seconda fase con  uso quotidiano della calza elastica, esercizio, biostimolazione cutanea e trattamento topico di mantenimento con criobendaggi stabilizza ed eventualmente migliora il risultato gradualmente conseguito. Drenaggio linfatico manuale DLM Si configura come tecnica di massoterapia specialistica, secondo il metodo a suo tempo delineato da  Vodder, Földi e Leduc. Occorre sottolineare che i classici massaggi non producono l’effetto drenante desiderato, anzi si corre il rischio di un doloroso schiacciamento dei capillari con conseguente ematoma. La tecnica prevede manualità mirate alla morfologia delle diverse regioni corporee. Il principio fondamentale della DLM è una prima fase di compressione-trazione, seguita da una seconda fase di depressione. La fase di compressione deve realizzarsi più lentamente rispetto a quella di depressione. Per drenare efficacemente occorrono spinte lunghe e lente, facendole seguire da una pausa che permette il rilassamento e il riempimento dei vasi linfatici, i quali si contraggono in media al ritmo di 12-15 volte al minuto. Ogni manovra viene direzionata nel senso del drenaggio fisiologico, o stimolando il flusso attraverso le vie collaterali e le anastomosi linfatiche. Prima di iniziare il massaggio drenante, è buona norma stimolare con movimenti a cerchi fissi le stazioni e le vie linfatiche superiori (collo, con preparazione dell’angolo succlavio-giugulare e dei linfonodi sovra claveari)  per poi passare all’addome con preparazione dei linfonodi inguinali e iliaci. Nella pratica, il massaggio Vodder  include 5 manovre, o movimenti: a cerchi fissi, di pompaggio, combinati, erogatori e rotatori. Il trattamento Vodder dell’arto inferiore rappresenta l’applicazione ambulatoriale più frequente. Il linfedema all’arto superiore si verifica nel 15-20% delle donne mastectomizzate. Per il trattamento chirurgico del linfedema degli arti, attualmente vengono utilizzate molte tecniche, riassumibili in tre tipologie d’intervento: interventi di tipo fisiologico anastomosi linfatico-venose, linfatico-venoso-linfatiche e trapianti di linfatici autologhi che prevedono il ripristino del normale flusso linfatico; interventi di tipo resettivo che si limitano alla demolizione di ampie aree di tessuto cutaneo, sottocutaneo e fasciale; interventi di tipo misto con modalità chirurgica che ha riferimento nella metodica di Thompson. La terapia include norme igienico-comportamentali di tipo preventivo, ad esempio: modulare gli specifici esercizi fisici non in maniera agonistica, evitare la permanenza prolungata in posizione seduta e in stazione eretta, proteggersi dall’irradiazione e dalle fonti di calore, non indossare calze con elastici, ne calzature troppo costrittive con tacchi, evitare i sandali e le calzature aperte, avere cura dell’igiene dei piedi, evitare le punture d’insetti, le lesioni cutanee da animali domestici, mantenere gli arti in scarico, muovendoli quando possibile, durante i viaggi in treno, auto o aereo. Per una terapia mirata preventiva e curativa, tuttavia, occorre far riferimento alla corretta classificazione del quadro clinico: edema molle, edema duro-elastico, edema duro, di fatto, indirizzano nella scelta dello specifico trattamento. Il trattamento fisico a livello ambulatoriale. Insieme alla presso terapia, il drenaggio linfatico manuale (DLM) e l’Elettromiostimolazione sono i trattamenti fisici maggiormente impiegati a livello ambulatoriale. Elettromiostimolazione E una terapia di sostegno, che sfrutta la contrazione – distensione delle piccole e grandi fasce muscolari. In genere, la stimolazione elettrica neuromuscolare è regolata dalle forme d’onda della corrente, dalle modalità applicative e dai parametri fisici, quali intensità, ampiezza, durata e frequenza dell’impulso. La contrazione e distensione delle fasce muscolari, se condotta in senso disto prossimale, può contribuire a potenziare dall’interno dell’arto la fase di compressione degli spazi interstiziali. Si impiega una corrente diretta, unidirezionale, con disposizione bipolare di  almeno 6-8 elettrodi, partendo dalla Lejarts sino alla zona inguinale. In tal modo si concentra il flusso delle cariche in zone ristrette, sempre orientandole verso la stazione inguinale. La frequenza dell’impulso deve essere bassa e la sua durata persistente, a cui far seguire un tempo di pausa di 4-5 secondi. Si può attivare una prima fase di preparazione dell’arto, mediante l’applicazione di micro correnti (MENS), le cui intensità sono sotto sensoriali, oppure sensoriali ma tali da far contrarre il muscolo. Secondo alcuni Autori, oltre a ridurre il dolore e a aumentare la produzione di ATP, le MENS diminuirebbero la permeabilità vascolare e la velocità di migrazione di particelle cariche nei canali linfatici; in breve un’azione diretta sulla linfostasi. Un ideale percorso di terapia fisica combinata, a questo punto, potrebbe essere così declinato: 20 minuti di DLM, a cui far seguire 20 minuti di stimolazione elettrica neuro muscolare e, infine, 20 minuti di terapia elasto-compressivo Il Principio del Linfodrenaggio secondo Vodder comprende le manovre di “richiamo e “riassorbimento” -progressione a settori anche in gravidanza con le opportune cautele del caso e differenti da persona a persona. La tecnica si basa sulle quattro manovre base del linfodrenaggio e integrazione di esse con alcune manovre di massaggio tradizionale ad effetto sedativo-drenante .lo sfioramento, la vibrazione e l’impastamento sempre secondo le regole del Metodo Vodder regole applicative per ottenere un massaggio emolinfatico ottimale. Linfodrenaggio Vodder o Massaggio Emolinfatico, si ispira integralmente al metodo originale elaborato dal dott. Vodder, metodo ormai conosciuto e praticato in tutto il mondo da circa 70 anni per il trattamento scientifico dell’edema, in quanto permette di agire sulla circolazione emolinfatica ovvero tanto su quella linfatica che su quella sanguigna, attraverso la normalizzazione della microcircolazione  attraverso una ripresa della ritmicità delle contrazioni della muscolatura intrinseca dei vasi linfatici e un’accelerazione dei processi di filtrazione-riassorbimento negli interstizi del tessuto connettivo. Pratica non violenta e non invasiva rappresenta un modo di lavorare che va oltre l’automatismo e nel contatto terapeuta-paziente occorre osservazione, ascolto, percezione delle sensazioni, il che permette di dare interiorità al gesto terapeutico che diviene  comunicazione Il drenaggio linfatico manuale (Metodo Vodder), malgrado la sua diffusa divulgazione, è ancora oggi più conosciuto nel settore dell’estetica che in quello della medicina, e pertanto viene per lo più associato alla cellulite e alle cure dimagranti. In realtà, il suo campo di applicazione è assai più esteso, poiché può essere applicato per la risoluzione dell’edema in svariate patologie linfo edematose: in flebologia, angiologia, nei decorsi post-operatori e post-traumatici, in odontoiatria, in medicina estetica e in gravidanza. I molteplici effetti del Metodo Vodder, non ancora bene utilizzati, hanno un raggio di azione molto più ampio di quanto comunemente si pensi Per esempio, quando è effettuato globalmente, grazie alla peculiarità delle sue manovre, diventa un massaggio antistress di notevolissima efficacia, in quanto produce una distensione della muscolatura scheletrica e viscerale e della psiche, attraverso la normalizzazione del sistema nervoso. Inoltre, attraverso il massaggio dei linfonodi, potenzia le difese immunitarie proprie dell’organismo aumentando la resistenza contro le infezioni e permettendo, in tal modo, di prevenire numerose patologie. Con il termine linfodrenaggio ci si riferisce a tutto un insieme di tecniche manuali (anche se attualmente, come vedremo più avanti, è possibile ricorrere anche a macchinari più o meno sofisticati) che permettono il drenaggio della linfa* all’interno dei vasi linfatici. Il linfodrenaggio viene utilizzato principalmente nel trattamento degli edemi; questi ultimi sono spesso provocati dall’accumulo eccessivo di liquido interstiziale; le cause di tale accumulo possono essere le più svariate e non sempre, come vedremo, il linfodrenaggio può essere utilizzato. Molti considerano il linfodrenaggio come una specie di massaggio, ma, secondo i suoi sostenitori, il linfodrenaggio si distingue dal massaggio in quanto i suoi effetti verrebbero esplicati a livello di cute e sottocute senza interessare le fasce muscolari. Il linfodrenaggio ha origini antichissime, ma per quanto riguarda la medicina occidentale, il primo a gettarne le basi fu un chirurgo austriaco vissuto a cavallo tra i secoli XIX e XX, Alexander Winiwarter; la sua tecnica era basata su tre procedure: massaggio leggero con direzione da prossimale a distale compressione elevazione delle estremità al fine di favorire il deflusso linfatico. La metodica di Winiwarter non ebbe particolari riscontri, ma diversi anni più tardi gli studi del chirurgo austriaco furono ripresi e approfonditi da un dottore in filosofia, Emil Vodder e da allora il linfodrenaggio ha conosciuto costanti notorietà e diffusione. Il linfodrenaggio viene praticato attraverso delle specie di “carezze” effettuate in modo da non recare danno alle strutture dei capillari sanguigni e linfatici. Per effettuare correttamente determinate manovre è ovviamente necessaria una notevole conoscenza dell’anatomia dell’apparato linfatico e di come siano dislocate le varie strutture all’interno del corpo. Uno dei principi chiave del linfodrenaggio è quello che i movimenti non debbano essere mai fatti dalla periferia verso il centro perché ciò potrebbe danneggiare la struttura trattata. Le manovre che vengono effettuate tendono a smuovere la linfa spingendola verso gli sbocchi naturali. Sostanzialmente le fasi sono tre: appoggio, spinta e rilassamento. Il ritmo dei movimenti è caratterizzato da una certa lentezza. Linfodrenaggio manuale: la scuola Vodder e la scuola Leduc Il linfodrenaggio manuale viene eseguito secondo i dettami di diverse scuole; le più note sono la scuola Vodder e la scuola Leduc. La prima, probabilmente la più nota, nacque nella prima metà del XX secolo (fu presentata per la prima volta in pubblico nel 1936, a Parigi); nacque grazie a Emil Vodder. Questi, un dottore in filosofia, era nato a Copenaghen il 1896 e si era trasferito in Francia e svolgeva attività di fisioterapista nella città di Cannes. Il suo metodo, che aveva creato in collaborazione con la moglie Estrid, fu accolto entusiasticamente in campo estetico, ma il fatto che Vodder non appartenesse alla classe medica (aveva dovuto interrompere gli studi in seguito a problemi di salute) gli alienò l’approvazione in campo medico. La scuola Leduc nasce qualche tempo dopo; le due scuole si basano essenzialmente sugli stessi principi, la differenza sostanziale sta nella tipologia dei movimenti. La tecnica di Vodder è caratterizzata da alcuni gesti particolari:■movimenti a cerchi fermi ■movimenti a pompaggio (il cosiddetto “tocco a pompa”) ■movimenti erogatori ■movimenti rotatori. I movimenti rotatori vengono eseguiti appoggiando le dita piatte sulla cute del soggetto, poi si inizia a spingere disegnando cerchi fermi sulla medesima zona oppure allargandosi a spirale. La direzione della pressione dipende dal deflusso linfatico. Nei movimenti a pompaggio il palmo delle mani è rivolto verso il basso, le dita si muovono facendo compiere alla cute spostamenti in senso ovale. Le dita sono ben tese e i polpastrelli non vengono utilizzati. Nei movimenti erogatori si esegue un movimento a forma di spirale attraverso la rotazione del polso. I movimenti rotatori vengono eseguiti alzando e abbassando il posso; si appoggia la mano sulla cute e si ruota disegnando una spirale; questi movimenti vengono eseguiti durante la fase pressoria. Il linfodrenaggio secondo Leduc è basato su un numero minore di manovre e i protocolli sono diversi a seconda del tipo di disturbo che viene trattato. Il bendaggio degli arti colpiti da edema è parte integrante del trattamento; questo bendaggio non deve essere di tipo compressivo e deve essere applicato partendo dalla periferia e muovendosi verso il centro. Le manovre principali della scuola Leduc sono due: la manovra di richiamo e quella di riassorbimento. La prima manovra viene applicata sui collettori di evacuazione che si trovano a valle della zona che deve essere drenata; scopo principale di questa manovra è quello di svuotare i collettori. La seconda manovra viene eseguita sulle zone infiltrate e ha lo scopo di far penetrare i liquidi nei vasi linfatici superficiali; questi poi trasportano la linfa in direzione dei collettori; scopo di questa manovra è quello di facilitare la rimozione delle proteine. Nell’esecuzione del linfodrenaggio dovrebbero essere osservati tre principi basilari.■ Il trattamento deve iniziare dalla zona prossimale; questa deve essere infatti svuotata prima di quella distale per permettere che i liquidi di quest’ultima trovino posto nel momento in cui fluiranno. ■Dopo il trattamento, la cute trattata non deve presentare arrossamenti di alcun genere. ■Il linfodrenaggio non deve essere causa di dolore.* La linfa è un liquido costituito essenzialmente da acqua, grassi, proteine, elettroliti, linfociti ecc. che circola nel sistema linfatico, una complessa rete costituita da vasi linfatici e tessuto linfatico. Le funzioni del sistema linfatico sono variegate; esso riporta in circolo le proteine e i liquidi che vengono filtrati dai capillari sanguigni, trasferisce i lipidi assorbiti a livello di intestino tenue nella circolazione sistemica e cattura ed elimina i microrganismi patogeni estranei all’organismo attraverso la produzione e la trasformazione delle cellule che hanno il compito di neutralizzare tali microrganismi patogeni. Cenni Bibliografici. Per quanto i meccanismi del sistema linfatico non fossero completamente noti, gli antichi greci già conoscevano una parte del sistema linfatico. Si devono attendere secoli prima che uno scienziato italiano, Gaspare Aselli, facesse più chiarezza; egli mise infatti in evidenza il sistema dei vasi linfatici presente nell’intestino di un cane. Anni più tardi fu il danese Thomas Bartholin a realizzare una descrizione dell’anatomia  del sistema linfatico. Il drenaggio linfatico manuale – o più semplicemente linfodrenaggio – rappresenta, soprattutto tra le donne, una delle tecniche di massaggio oggi più in voga in tutto il mondo. Ideato nel 1932 dal medico e biologo danese, Emile Vodder, il linfodrenaggio svolge diverse funzioni benefiche: prima fra tutte quella di aiutare a contrastare e prevenire la formazione di edemi e gonfiori in qualunque parte del corpo. E’ lo stesso Vodder a classificare gli edemi in tre diverse categorie tutte trattabili anche se con opportune precauzioni. Gli edemi patologici ad esempio – cioè quelli conseguenti a qualche malattia, come l’insufficienza cardiaca o renale cronica – non vanno mai trattati durante la fase acuta e necessitano sempre e comunque di un certificato medico .Diverso è il discorso per gli edemi idiopatici e per quelli non patologici. I primi sono quelli di cui non si conosce con certezza la causa. Talvolta provocati dal caldo, dallo stress, dalla stanchezza. I secondi sono quelli tipici, ad esempio, dal ciclo mestruale, della cellulite, della pillola (estrogeni) o ancora della gravidanza. In quest’ultimo caso occorre evitare i massaggi durante i primi, e più delicati, tre mesi di gestazione. Dopo il terzo mese, invece, il linfodrenaggio diventa il massaggio più indicato. Efficace infatti nello stimolare la circolazione linfatica e quindi nel contrastare l’accumulo di liquidi, questa tecnica è per sua natura lenta, delicata e superficiale, a differenza di altri massaggi più profondi che potrebbero, ad esempio, provocare un’eccessiva dilatazione dei capillari già fragili della donna .Va osservato che non di rado la gravida si trova a fare i conti con edemi diffusi in tutto il corpo; e che per trattarli correttamente tutti insieme occorrerebbero circa 5 ore. Un tempo troppo lungo sia per la donna che per l’operatore. Ecco perché, generalmente, si preferisce lavorare singolarmente una parte alla volta per circa un’ora. Magari separando gli arti inferiori da quelli superiori. Non a caso il linfodrenaggio è comunemente definito un “massaggio settoriale”. Dopo un mese di sedute (un paio alla settimana) avremo comunque lavorato efficacemente tutto il corpo. Essenziale, prima di ogni trattamento, è l’esecuzione delle cosiddette “manovre di scarico del collo”. Una serie di pompaggi (così vengono definite le manovre tipiche del linfodrenaggio) necessarie per liberare il cosiddetto Terminus: un punto di fondamentale importanza situato a livello della fossetta sovra claveare. Qui infatti è collocata un’importante stazione linfonodale; il punto d’arrivo di tutta la circolazione linfatica. Eseguire lo scarico, liberare il Terminus, significa prevenire un eventuale sovraccarico a questo livello e il conseguente rischio di gonfiore ai lati del collo, difficoltà a deglutire e sensazione di soffocamento. Le manovre di scarico durano circa 20 minuti. Importante anche ricordare che – nel caso venga trattato l’addome di una gravida – andranno evitate le manovre più profonde, come quelle utilizzate altrimenti per favorire la peristalsi intestinale ad esempio in caso di stipsi. La stessa precauzione andrà osservata in caso di ciclo mestruale specie se abbondante e doloroso, di cisti ovariche e per almeno 6 mesi dopo un taglio cesareo. L’eventuale presenza di tubercolosi, di infezioni acute con linfonodi ingrossati e dolenti e quella di tumori maligni, rappresenta infine controindicazione assoluta all’utilizzo del linfodrenaggio, in qualunque soggetto. Il Linfodrenaggio è un trattamento armonioso eccezionalmente rilassante e piacevole, favorisce l’eliminazione della linfa stagnante nei tessuti ricca di scorie e tossine, stimola l’ossigenazione ed il ricambio cellulare cutaneo rendendo la pelle più liscia, luminosa, elastica e ringiovanita. A volte il corpo denuncia uno stato di pesantezza che si manifesta principalmente agli arti inferiori (gambe pesanti, edematose, stanche) ma anche a livello dei glutei, delle braccia, della schiena e del viso con flaccidità e gonfiore diffuso. Gli effetti decongestionanti e anti edema di questa tecnica ne fanno il rimedio per eccellenza alla ritenzione idrica, al dolore da stasi circolatoria e alla fatica muscolare. Una vera e propria terapia per il ripristino del normale funzionamento circolatorio della linfa. Infine il linfodrenaggio al viso viene consigliato a coloro che soffrono di gonfiori e borsiti nella zona perioculare, l’effetto detossinante rende il viso pulito e luminoso. Il trattamento viene eseguito con olio vegetale. E’ quindi un massaggio locale che viene praticato sui linfonodi con l’obiettivo di drenare la linfa e di favorire la circolazione nei tessuti. Attivare la circolazione linfatica é importante per eliminare il ristagno di sostanze di scarto o di germi nocivi. Il linfodrenaggio si pratica con movimenti circolari e a spirale delle dita. I movimenti sono lenti, ritmici e inducono al rilassamento totale. Prima di iniziare il trattamento locale occorre lavorare sul collo, dove hanno sede i terminus, le due cisterne dove confluisce  tutta la linfa proveniente dalle zone periferiche del corpo. Dal collo, il massaggio si sposta su nuca e sulle tempie. Il massaggio sull’addome è particolarmente indicato a chi soffre di gonfiori e stitichezza. Le mani lavorano sulla linfa e sui linfonodi inguinali, spostando meccanicamente le feci e dando così la possibilità al colon di contrarsi. Il linfodrenaggio non trascura nessuna zona del corpo, anche se si sofferma maggiormente sulle parti che gravitano verso il basso, dove di solito si accumula la massa ristagnante di liquido. Per il trattamento delle gambe, il massaggio comincia dai linfonodi dell’inguine per poi proseguire fino al piede. Il drenaggio linfatico offre benefici anche sulla zona dorsale e lombare: rilassando la muscolatura liscia, contribuisce a ridurre il mal di schiena. Un ciclo di drenaggio linfatico manuale comprende dieci sedute di un’ora ciascuna. E’ importante affidarsi a mani esperte perché altrimenti il massaggio può risultare non solo inutile ma addirittura dannoso.

Dott.FKT Francesco Alessandro Squillino

Antigravity

Da sempre ci accompagna silenzioso ma ricorrente, fantastico nella sua accezione e pur vero nel suo iter di realizzazione, un grande sogno. Lo straordinario desiderio di “Innalzarci” senza peso alcuno e poi spostarci nello spazio, magari in un domani non troppo remoto, anche nello spazio-tempo. “Anti Gravitazione” è il nome di questa ancestrale umana aspirazione o per esattezza e sintesi, “Antigravità”. Affronteremo in questo articolo breve ma denso di fascino e ringraziamo con gratitudine lo straordinario inimitabile sito Mednat.org per questa serie di riflessioni e per i concetti espressi nella avanzata ricerca scientifica, un argomento che per sua natura appare costruito della stessa materia di cui sono fatti i desideri.

Ma procediamo con ordine. Il concetto nascosto dell’antigravità venne identificato dal fisico olandese Hendrik Casimir già nel lontano 1948. Casimir nato a L’Aja nel 1909 approfondì molto i suoi studi sulla superconduttività, uno speciale manifestazione prodotta quando alcuni materiali raffreddati a temperature dirette verso lo zero assoluto perdono completamente la resistenza elettrica, anche se fisici e ingegneri oggi hanno rilevato che alcuni superconduttori che non devono essere iper-raffreddati, possono funzionare anche  temperatura ambiente Era dunque il lontano 1942 quando Casimir lavorando presso i laboratori di ricerca della Philips, colosso della energia elettrica, in quello stesso periodo intuì l’esistenza di un fenomeno, implicito nelle leggi della fisica dei quanti, diverso però dalla Super-Conduttività. Sarebbe stato noto nel mondo scientifico come “ Casimir Effect”. La modalità più diretta per comprendere l’effetto Casimir consiste nel posizionare due piastre metalliche parallele l’una molto vicina all’altra, tra le quali apparentemente non vi è nulla.

Il concetto di vuoto però nel senso quantistico non corrisponde al “nulla” considerato  prima dell’avvento della quantistica. Al contrario Il vuoto ha una sua attività dinamica costituita da coppie di particelle-antiparticelle prodotte ininterrottamente che poi si annichilano tra loro. Proseguendo nella descrizione quantistica  osserviamo che tra le particelle che si creano e si distruggono continuamente nel vuoto ci sono particelle fotoniche che conducono la forza elettromagnetica come particelle di luce. In realtà  Il vuoto quindi sembra produrre “fotoni virtuali” nel senso di antiparticelle di se stessi, e di una “massa a riposo” in modo che l’energia che bisogna prendere in prestito dall’indeterminazione quantistica risulta quella dell’onda associata a un specifico fotone. Fotoni con gradi diversi di energia sono associati a onde elettromagnetiche di diverse lunghezze d’onda e a lunghezze d’onda minori corrisponde una quantità di energia maggiore. Possiamo pensare allora allo spazio vuoto come un mare transitorio di onde elettromagnetiche e che contiene in sé tutte le lunghezze d’onda. Questa vivacità irriducibile conferisce al vuoto un energia uguale in ogni punto, senza possibilità di misurazione o utilizzazione.

L’energia d’altronde può manifestarsi e venire sfruttata per produrre lavoro solo se esiste differenza di energia tra un luogo e un altro. Casimir dimostrò con formidabile intuito come rendere visibile l’energia del vuoto ed evidenziò che tra le due piastre conduttrici di elettricità da lui utilizzate le onde elettromagnetiche assumevano forme preordinate rimbalzando tra le due piastre  come le onde di una corda metallica di uno strumento a corda vibrante solo in determinati modi. Le oscillazioni devono essere contenute nella corda in modo da non produrre vibrazioni alla estremità della corda stessa e per una data lunghezza della corda, Casimir osservò che le oscillazioni consentite sono la fondamentale e le sue armoniche. Per analogia le radiazioni che hanno certe lunghezze d’onda potevano essere contenute nello spazio compreso tra le due piastre dell’esperimento di Casimir e in questa eventualità specifica non potevano essere contenuti  fotoni con  lunghezza maggiore della distanza tra le piastre. Casimir considerò che nello spazio compreso tra le piastre ci potessero essere meno fotoni virtuali di quanti non ce ne siano all’esterno e come risultante postulò l’esistenza di un forza che attraente nelle piastre. Una  forza si manifestò a Casimir quindi come attrazione tra le piastre “attratte” tra loro e generanti pressione negativa in un evidente fenomeno reale. Sono stati condotti esperimenti per misurare l’intensità della forza di Casimir, usando piastre di diversi materiali di forma piatta o curva venne quindi misurata la forza generata variando la distanza tra le piastre tra 1,4 e 1,5 nanometri verificando in pieno quanto intuito da Casimir . Scienziati come Sagan hanno poi proposto di sfruttare l’effetto Casimir per fini pratici, estraendo energia dal vuoto.

Nascono così le  speculazioni teoriche avanzate sui sistemi di sfruttamento dell’antimateria per la propulsione di eventuali astronavi .Estrarre energia dal vuoto? Da ciò che un tempo era considerato il nulla? Forward ricercatore davvero originale espone il concetto di “batteria a fluttuazione del vuoto”, costituita da una spirale di alluminio ultrasottile elettricamente carica. Mentre la carica positiva mantiene distanti le estremità della spirale, la forza di Casimir cerca di avvicinarle. Se in questa situazione si lascia che la spirale si comprima lentamente, la forza di Casimir si trasformerà in energia elettrica utilizzabile. Una volta terminata la compressione si potrà ricaricare la “batteria” ricorrendo all’elettricità di una sorgente esterna, proprio come si fa con le normali batterie ricaricabili. Naturalmente la batteria a fluttuazione del vuoto è di fatto praticamente inutilizzabile ma l’intuizione si basa comunque sulle leggi della fisica e sulla realtà fenomenica della pressione negativa operante su scale infinitesimali.

Altri due ricercatori Morris e Thorne focalizzarono l’attenzione su queste potenzialità sostenendo in controtendenza che la maggior parte dei fisici ha di base una certa carenza di immaginazione quando affronta le equazioni che descrivono la materia e l’energia in condizioni molto più estreme di quelle che si trovano qui sulla Terra stimolando gli scienziati ad esplorare il profondo  significato fisico della metrica spazio-temporale ricordando come la teoria di Newton fosse incompleta come nell’analisi dimostrata ampiamente da Einstein. L’antigravità è quindi un fenomeno reale? I test condotti sui sistemi di levitazione a superconduttori sembrerebbero condurre in tale direzione. Una buona teoria che sembra unificare soddisfacentemente relatività e quantistica è la teoria di Evans ricercatore di fama mondiale che appunto ammette l’antigravità e che conduce ricerche da anni sulla sua realizzazione. Una corsa contro il tempo è in atto da decenni tra le super_potenze da quando Casimir per primo intuì una possibile strada nella ricerca sull’anti gravitazione e di certo non possiamo ignorare che il vincitore di questa gara mondiale potrà certamente possedere una delle chiavi fondamentali dell’energia e della sua espressione nella Dinamica Universale senza dover sottostare più ad apparenti limiti e confini. Ma scoperte simili appartengono e lo speriamo tutti apparterranno sempre all’umanità e condividerle sarà sicuramente il segno di un’alba di un mondo nuovo e di un nuovo modo di concepire il nostro esistere in questo ed altri universi noti e sconosciuti  magari attraversando il primo StarGate.

Francesco Alessandro Squillino

My Ice Cream

Ormai non potremmo, a pensarci bene, nemmeno più concepire la nostra esistenza senza la meravigliosa, dolce, paradisiaca, fantastica, ghiottissima e fredda al punto giusto “invenzione” che ha rivoluzionato sin dalla nostra ed altrui tenera infanzia, l’esistenza di noi tutti, grandi e piccini come si suol dire. Parliamo naturalmente di “Sua Maestà Il Gelato!”

Proviamo ad approfondire la sua essenza. Il gelato è una preparazione alimentare ottenuta con una miscela di ingredienti condotta allo stato solido o pastoso per congelamento e contemporanea agitazione. Nella ricetta del gelato troviamo vari ingredienti come il latte e le uova e basi di frutta insieme ad altri ingredienti. L’origine del gelato viene fatta risalire alla città di Firenze all’epoca delle grandi invenzioni e delle nuove arti e culture. Viene riportato dai testi storici che nel Rinascimento, durante i primi decenni del sedicesimo secolo, un cuoco “dilettante” di nome Ruggieri, partecipò ad un concorso indetto dai Signori di Firenze inventando la prima ricetta di gelato nota allora come preparazione di “Ghiaccio all’acqua inzuccherata e profumata” che venne diffusa poi per tutta la Toscana.

Caterina de Medici non ebbe dubbio alcuno sul fatto che la ricetta inventata dal “Ruggeri” dovesse avere il grande e certo successo che meritava ma fu un tal Bernardo Buontalenti pittore, scultore, architetto, scenografo a stupire la corte di Firenze con una crema fredda fatta con una base di latte, miele, tuorlo d’uovo e poco vino, aromatizzata con bergamotto, limoni ed arance. Alcuni spagnoli ospiti della Signoria dei Medici assaggiarono il gustoso dolce freddo preparato dal Buontalenti e lo promossero subito entusiasti esportandolo in Spagna. Fu così che grazie all’azione di Ruggiero e Buontalenti la città di Firenze divenne rinomata e famosa anche per essere la culla europea del gelato tramandando una tradizione che ancora oggi vanta successi straordinari.

Il gelato oggi è vero cibo italiano, attraversando indenne la crisi e con essa in controtendenza diviene sempre più “cool e trendy”, graditissimo ed in ascesa continua per numero di consumatori e punti vendita. Il gelato oggi è una espressione fantastica di Italian Food e Italian Style e per l’estero estero e nel mondo una crescente tendenza nutrizionale innovativa, creando vendite e business in rapida evoluzione. I prodotti italiani sono percepiti dal mercato europeo e mondiale come i più buoni e capaci di ricreare quell’identità precisa sinonimo di qualità non solo negli ingredienti, ma nel segno di nuovo stile di vita. Esperienze gustose e nuove tendenze sono disseminate lungo tutta la penisola e riguardano i settori della agricoltura, artigianato, produzione industriale intrecciati tra loro e con l’industria gelatiera diventando così emblema di un vero Made in Italy cento per cento italiano votato al gusto, al salutare e in grado di migliorare sempre più. I dati di mercato disegnano un quadro economico delle imprese artigiane e delle aziende del settore in continua crescita con un trend assai positivo per i consumi.

Due sono le categorie principali di gelato. Gelato Artigianale e Gelato Industriale. Il Gelato artigianale è caratterizzato dall’uso di materie prime fresche dove l’ingrediente presente in maggiore quantità è il latte al sessanta per cento, seguito dagli zuccheri in percentuale del quattordici ventiquattro per cento e dalla panna per il cinque venti per cento. Una certa quantità di latte magro in polvere per garantire un adeguato apporto di proteine e solidi del latte risulta di vitale importanza per il mantenimento della struttura del gelato, mentre il lattosio presente nel cinquanta per cento serve per assorbire l’acqua libera. Le proteine conferiscono al gelato corpo e stabilità. Ma quale è la ricetta di un buon gelato artigianale? La risposta risiede nella selezione di ingredienti di alta qualità ed un corretto bilanciamento dei componenti solidi dei vari ingredienti come grasso vaccino, tuorlo d’uovo, zuccheri, solidi magri del latte. Si trovano anche altri ingredienti solidi, quali stabilizzanti, emulsione acqua/grasso, addensanti di legame per l’acqua, solidi diversi da grassi, zuccheri e magri del latte e presenti nella ricetta per effetto di determinati ingredienti; i prodotti derivati dal cacao, semi a guscio come le nocciole, il pistacchio, la mandorla, la noce, i pinoli. La miscela base per i gusti deve essere sottoposta a pastorizzazione per renderla igienicamente sicura ed ottenere un perfetto legame tra componenti solidi e acqua. Questo procedimento permette una struttura più stabile del gelato e una trama più pastosa nel prodotto finale. Nei gelati artigianali possono essere impiegati ingredienti composti detti semilavorati cioè miscele di componenti del gelato preparate con modalità industriali. Negli ultimi anni sono aumentati molto il numero dei gusti creati partendo da un gusto bianco di base detto fiordilatte, a cui aggiungere le paste. Le caratteristiche organolettiche e nutrizionali sono poi caratteristiche di vera eccellenza nel gelato italiano.

Fino a oggi, la maggioranza delle gelaterie italiane hanno fatto uso di basi per gelato la cui qualità viene condizionata positivamente dai singoli ingredienti così come dai processi produttivo e conservativo. L’aromatizzazione viene spesso fatta con prodotti naturali con vaniglia in bacche, buccia di limone, liquori in sostituzione di aromi artificiali e coloranti. La preparazione del gelato avviene con particolari macchine che consentono la gestione delle varie fasi produttive e quindi la qualità del prodotto finito dipende da parametri precisi quali gli ingredienti utilizzati dalla loro freschezza e dalla tecnologia dei macchinari impiegati. Negli ultimi anni in considerazione dell’incremento delle diffusione delle allergie e delle intolleranze alimentari o della celiachia si è molto accentuata poi la sensibilità dei produttori di gelato nell’utilizzo di ingredienti particolari a denominazioni vegetali senza glutine, a base di riso, soia acqua e frutta. Il gelato ha attraversato il tempo raffinandosi in elementi costitutivi e procedimenti avanzati ed è giunto fino a noi con il suo mondo colorato e gustoso difficilmente descrivibile per sua naturale natura soggettiva di degustazione e di gradimento personale. Non è mai questione di età o di altri fattori esistenziali il non poter godere di questo freddo, colorato, gustoso manufatto dell’arte dolciaria o gelatiera come si dice per più corretta definizione e fino a che il nostro cono gelato sarà a portata di mano o la nostra coppa di gelato e panna sarà servita sul tavolino del nostro caffè preferito sapremo che qualcosa di meraviglioso a livello sensoriale ci accadrà. Per il gusto poi ne possiamo scegliere uno alla volta e magari…. provarli tutti!
Perché no!

Francesco Alessandro Squillino

“The Tube”

“Underground”…Il Mondo Sotterraneo percorso dai suoi treni speciali che come una meccanica linfa essenziale scorre dentro le arterie sotto il livello stradale e delle costruzioni delle più grandi città e metropoli del mondo. The Tube, la metropolitana, un luogo che viene preso in considerazione specie quando non abbiamo auto a disposizione e siamo quasi costretti a usarla. Ma la metropolitana non è solo mobile meccanica che vi scorre dentro, ma anche migliaia di storie umane e meno umane create da leggende ispirate a vere e fantastiche storie che continuano a risuonare assommandosi senza fine. Palcoscenico e luogo di musica e canzoni, di opere letterarie e libri, racconti e films, fiction e leggende, la metropolitana è regina incontrastata dell’inconscio collettivo tradotto in mobilità globale.

La più nota Underground ed oggetto di milioni di concetti, parole e storie è la metropolitana di Londra, “The Tube” che registra oltre che una leggendaria sicurezza nel trasporto dei passeggeri, un solo incidente mortale ogni trecento milioni di corse malgrado sia una delle metropolitane più affollate del mondo, con pochissimi incidenti dovuti al sovraffollamento, con un monitoraggio costante dei flussi di viaggiatori con telecamere a circuito chiuso. La rete non funziona ventiquattro ore al giorno perché diversamente da altre metropolitane come ad esempio quella di New York, non è dotata di binari supplementari per deviare il traffico durante la manutenzione. I treni corrono dalle cinque della mattina fino alla una di notte e le domeniche dalle sette a mezzanotte con alcune stazioni chiuse la domenica. Le linee di profondità sono state costruite a partire dal 1890 con la tecnica dello scavo a scudi e queste linee raggiungono una profondità anche di 20 m dalla superficie. Queste gallerie possono avere un diametro anche di soli 3,56 metri e sono più strette di quelle di sub-superficie. In entrambi i tipi di linee viene utilizzato lo scartamento standard europeo (1435 mm). In apparenza dunque un mondo tranquillo e dedito principalmente al trasporto delle persone, la metropolitana rivela ad una attenta osservazione una serie di inquietanti vicissitudini legate per lo più all’esistenzialità umana ed al rapporto simbolico tra il “downtown” reale ed human-inside delle persone.

Raccontiamo qualche esempio. Per prevenire alcuni tentati suicidi molte stazioni della metropolitana sono state dotate di una trincea tra binari e banchina, nota come ‘buca del suicida’, con lo scopo di impedire che una persona venga a trovarsi direttamente sui binari della metro per qualsiasi ragione voluta e non. La media è di tre tentativi falliti per fortuna per uno riuscito. Se poi spostiamo la nostra attenzione agli attentati possiamo ricordare quello del sette luglio 2005 con un una serie di attentati in convogli della metropolitana in prossimità delle stazioni di Aldgate, Liverpool Street, Russell Square, King’s Cross ed Edgware Road che causarono più di cinquanta morti e oltre settecento feriti. Una seconda serie di esplosioni si verificò nuovamente a Londra due settimane e qualche ora dopo quelle del sette luglio. Quattro esplosioni avvennero nelle stazioni di Shepherd’s Bush, Warren Street e Oval, e su un autobus a Shoreditch. Esplosioni molto meno potenti, che causarono il ferimento di una sola persona. La rete londinese non funziona ventiquattro ore al giorno perché diversamente da metropolitane come quella di New York, non è dotata di binari supplementari per deviare il traffico durante la manutenzione. In tutta la rete della metropolitana vige il divieto di fumo fin dal 1987,anno in cui una scala mobile prese fuoco alla stazione di King’s Cross a causa di un fiammifero uccidendo trentuno persone. Il divieto di bere bevande alcoliche è in vigore inoltre dal 2008.

Il sistema metropolitano ha sofferto di finanziamenti inadeguati negli ultimi venti anni e di conseguenza è dotato di infrastrutture più vecchie di altre metropolitane europee simili per dimensioni come quella di Parigi e Madrid. Tutte le linee emergono in superficie al di fuori della zona centrale, ad eccezione della Victoria Line che scorre in galleria per tutta la sua lunghezza e la Waterloo & City Line che essendo molto corta, corre solo in una zona centrale sotto la superficie. Le storie più inquietanti sono però le tante leggende che riguardano la °Metro di Londra° .Storie di apparizioni. Si mormora infatti che di notte, quando i cancelli si chiudono e inizia a calare il silenzio, le ombre emergano. Energie di coloro che vi sono morti all’interno con incidenti e suicidi, oppure le anime di coloro le cui urne vennero distrutte per estensione del sistema. Il cinema poi ha celebrato la metropolitana con film di risonanza mondiale come “V per Vendetta” e nel film di Alfred Hitchcock, “L’inquilino” del 1929 o nel più recente “Creep” con la sua storia interamente girata all’interno di una metropolitana. Non dimentichiamo poi il celeberrimo “Harry Potter e la pietra filosofale” nella underground alla stazione di Charing Cross dove il preside della scuola di Hodwars ha perfino una cicatrice sul ginocchio sinistro con la traccia della mappa del Tube. In Nove Settimane e ½ un bellissimo esempio è “City Never Sleep” dove l’apertura e chiusura delle porte della metro è in perfetta musicale assonanza lirica con il brano stesso.

La metropolitana di Londra è senza dubbio la più antica rete metropolitana del mondo, la più estesa d’Europa e la seconda per estensione vantando ben 460 km di linea autonoma di percorrenza con un 45% costituito da gallerie sotterranee battuti solo dai 468 km del recente impianto di Shanghai. Il sistema ha sofferto di finanziamenti inadeguati negli ultimi venti anni e di conseguenza è dotato di infrastrutture più vecchie di altre metropolitane europee simili per dimensioni come quella di Parigi e quella di Madrid. Anche la sicurezza dei dipendenti è stata spesso oggetto di critiche e nel Gennaio 2002 la società che ha in gestione la rete è stata multata di duecentoventicinquemila sterline per aver violato alcuni regolamenti sulla sicurezza dei lavoratori, facendoli lavorare sui binari, nel buio e pioggia mentre passavano i treni. Mito intramontabile la metro londinese, forse madre di tutte le metro mondiali, compresa quella sovietica, esempio di sfarzo ed ingegno assoluto eserciterà per molti anni ancora il proprio innegabile appeal sui suoi fruitori, viaggiatori, frequentatori, estimatori gente senza nome subito evidente e dall’aspetto vario ed eterogeneo come lo è il mondo. In fin dei conti diceva uno scrittore metropolitano che prendere la metro è un po’come entrare in qualche modo dentro se stessi ed è possibile saltare a volte qualche stazione senza accorgersene magari addormentati e stanchi per ritrovarsi in luoghi a noi sconosciuti. Ma per fortuna alla fine di ogni corsa c’è sempre per ognuno di noi, una rassicurante metropolitana di ritorno.

Francesco Alessandro Squillino

Fisiognomica

Prima di addentrarci nell’affascinante mondo di un’intrigante ma naturale ottica sulla nostra relazione “Viso a Viso” con il mondo che ci circonda e nel rapporto magari “Occhi negli Occhi” con chi ci sta a cuore o meglio ancora nel cuore, crediamo sia necessario una specie di atto di fede che unisca con momentaneo ponte ideale scienza certa e sensibilità, antropometria accademica ed osservazione sensibile psico-emotiva, scientifica ed artistica. Molti furono i nomi eccelsi della scienza e delle discipline umanistiche come Polemo di Laodicea  autore del celebre trattato “Physiognomonia” risalente al secondo  secolo a.C. o nella antica Grecia con il sofista Adamanzio  Physiognomica. Il principale esponente della fisiognomica moderna è stato il pastore svizzero Johann Kaspar Lavater amico di Goethe. Il suo saggio sulla fisiognomica pubblicato per la prima volta in tedesco nel 1772 divenne subito popolare. Venne poi tradotto in francese ed inglese influenzando molti lavori successivi ed il  fisico e filosofo inglese Thomas Browne discusse della possibilità concreta di dedurre le qualità interne di un individuo dall’aspetto esteriore del viso.

Molti in seguito hanno ipotizzato che grande parte del sapere umano si basasse in sulla neonata Fisio-gnomica figlia diretta della Fisio-nomia_estetica della realtà deducendo per mezzo della sensorialità sincronizzata alla osservazione morfo-genetica quale cosciente parte della legge naturale. Consideriamo due basilari corpus fisiognomici. La fisiognomica predittiva con la sua correlazione tra peculiari caratteristiche fisiche dal viso in poi e corrispondenze  caratteriali e la fisiognomica come correlazione statistica tra caratteristiche fisiche come viso, mani, struttura corporea e tratti caratteriali abbinando fisicità al comportamento corrispondente. Nella considerata correlazione dovuta al rimescolamento genetico si valuta il  determinismo genetico del carattere disvelando indole individuale per esempio contenuta ed espressa nella forma del volto punto confluente tra il nostro patrimonio genetico a l’ambiente che ci ha formati.

A differenza della fisiognomica lo studio dinamico mostra come ogni elemento del viso suggerisca significati diversi e le principali  osservazioni si basino sul quadro cranio-facciale, il telaio osseo e muscolare del viso e del profilo. Mentre una struttura larga del viso segnala quindi estroversione, una stretta struttura una tendenza ad abilità difensiva e sensibilità. L’osservazione meticolosa dei  “Recettori” come occhi, il naso e la bocca esprimono invece scambi inconsci e se di forma e struttura grande in un quadro stretto indicano per esempio che si assorbono più informazioni provenienti dal mondo esterno  di quanto si possa elaborarne e la tipologia che ne deriva è quella del “Reagente” che disperde energia con una certa facilità. “Recettori” piccoli invece in un quadro largo sono segno di concentrazione con una struttura che si ritrova in individui che procedono per obiettivi con fermezza e determinazione esprimendo  comportamenti ed atteggiamenti eterodiretti. Una struttura del viso con accento “scavato” evocherà allarmismo e/o agitazione mentre una struttura rotonda ed esempio diplomazia. Viso piatto= difesa. Viso tonico=dinamismo, attività.

Viso rilassato= rinuncia e tranquillità, caratteristiche quest’ultime prevalentemente femminili. Nella griglia interpretativa fisiognomica il viso può essere diviso in tre piani fondamentali; il piano superiore o cerebrale contenente topografia della fronte e degli occhi, correlato alla funzione del pensiero e dell’immaginario in traduzione del grado della nostra comprensione razionale del mondo; Il piano medio o affettivo-sociale con area zigomatica nasale, correlato a sentimenti e valori esprimenti la nostra percezione intuitiva del mondo ;il piano inferiore o istintivo, mascella e bocca, connesso alle funzioni della introiezione del cibo e che indica il nostro interesse per il tangibile, la concretezza. In un’analisi completa fisiognomica vengono presi in considerazione equilibri fra tre piani ed il “Dominante” rivelerà le principali tendenze comportamentali del soggetto. Di grande fascino è poi la considerazione dei due “Emivolti” del viso che possono rivelare la nostra dualità interna e la ricerca di equilibrio per un cammino  evolutivo. Il lato sinistro del viso fornisce informazioni legate al passato, il destro sul modo di affrontare la realtà e su come ci si proietta nel futuro. Ma quando è possibile che un “Morfo_Psicologo” possa effettuare analisi del volto? La risposta è che può essere iniziata sin dall’adolescenza mentre in un bambino piccolo la zona relativa all’affettività non è ancora ben sviluppata impedendone una valutazione. Siamo tutti in continua evoluzione ma certi elementi e la basilare struttura ossea, non mutano. L’analisi del volto consente una volta entrati nella stimolante modalità suggerita dalla fisiognomica anche di orientarsi professionalmente identificando il potenziale innato di ognuno aiutando a focalizzare la propria vocazione. Ma ci si può fidare di una disciplina che non è oggetto di alcuna statistica? Di una scienza clinica che si basa su innumerevoli osservazioni senza leggi e con varie ipotesi interpretative e comprendere in parte alcuni comportamenti e non di spiegarli in maniera esaustiva e definitiva, pur avendo conferma e verificabilità? Il morfo psicologo osservando invero un codice  deontologico assai severo assieme al segreto professionale presenta socialmente il proprio contributo come aiuto a_preconcettuale mai giudicando ma comprendendo, rammentando.

Innumerevoli i suggerimenti utili nel campi dell’umano della fisiognomica e che vanno dall’educazione dei bambini a stabilire una buona comunicazione con i genitori alle coppie in difficoltà stimolando i partner ad adottare più facilmente un linguaggio comune. La Fisiognomica applicata è una disciplina intrisa di rispetto ed amore inteso in senso lato e sintonia relazionale con il corpo stesso ed il fiorire straordinario di tutta una serie di fiction televisive statunitensi e non solo basate proprio sull’osservazione morfologica fisico_estetica_funzionale  motivazionale dei personaggi mostra quanto sia presente e viva in noi l’osservazione in  “Fisiognomia” del mondo. Un lavoro musicale davvero straordinario e profondo lo ha realizzato per noi il maestro Franco Battiato nell’album dal titolo appunto “Fisiognomica” e dalle parole del testo molto ancora comprendiamo ci sia da approfondire e riscoprire in questa scienza, sorella dell’arte, compagna della morfologia medica, ispiratrice dell’osservazione mutevole e misteriosa del rapporto tra uomo ed universalità .Tutte le strade quindi quando in armonia concorrono alla formazione del concetto di “umano” e come fiumi che giungono al mare le vie della conoscenza e del benessere ci appartengono tutte per forma, colore, amore. Riportarne le bellissime profonde parole del testo è come ritornare per un istante intenso e ricco dentro un inconsueto differente livello creativo di noi stessi.

Francesco Alessandro Squillino

Leggo dentro i tuoi occhi
da quante volte vivi
dal taglio della bocca
se sei disposto all’odio o all’indulgenza
nel tratto del tuo naso
se sei orgoglioso fiero oppure vile
i drammi del tuo cuore
li leggo nelle mani
nelle loro falangi
dispendio o tirchieria.
Da come ridi e siedi
so come fai l’amore
quando ti arrabbi
se propendi all’astio o all’onestà
per cose che non sai e non intendi
se sei presuntuoso od umile
negli archi delle unghie
se sei un puro un avido o un meschino.
Ma se ti senti male
rivolgiti al Signore
credimi siamo niente
dei miseri ruscelli senza Fonte.
Vedo quando cammini
se sei borioso fragile o indifeso
da come parli e ascolti
il grado di coscienza
nei muscoli del collo e nelle orecchie
il tipo di tensioni e di chiusure
dal sesso e dal bacino
se sei più uomo o donna
vivere venti o quarant’anni in più…

Thalassa (Come è profondo il mare)

Uno dei momenti più attesi nel succedersi ritmico delle stagioni e nelle mutazioni che il nostro essere a livello fisico, psichico, emotivo, relazionale e spirituale è senza dubbio alcuno, vuoi per assonanza ancestrale con le nostre origini intima composizione cellulare del vivente, quello dell’arrivo della stagione estiva e della fantastica possibilità di maggiore intensa frequentazione con il nostro caro amico Mare. “Tutti al mare” certo diretti verso abbronzature dorate e granite di frutta colorate ma proviamo in open_mind noi che amiamo le scienze naturali a non  dimenticare il vero tesoro geo-presente di acqua e sale, componenti e costituenti chimico-fisici che rappresentano al di là del semplice aspetto ludico e vacanziero quello che il mare ci regala, vera miniera di benessere e salute per tutti a tutte le età senza distinzione di genere e provenienza geografica.

La talassoterapia termine tratto dall’unione della parola greca Thalassa, cioè mare e Thérapeia che vuol dire trattamento è basata sull’azione curativa in generale delle sinergie  attuabili tra il clima marino e le applicazioni idrologiche opportunamente modulate e connesse., La talassoterapia nella Bretagna, nel corso del diciannovesimo secolo, era già presente e assai diffusa e la sua efficacia si è rivelata poi lentamente nel corso dei decenni  anche se scientificamente in verità inizialmente poco acclarata. Ma vediamo quali sono i doni terapeutici e le applicazioni unite alle modalità di impiego di questo oceano liquido di vero benessere. L’acqua di mare e la sabbia annessa ad una prima osservazione può essere impiegata per le celeberrime sabbiature e l’acqua salata nelle nebulizzazioni per via interna ed esterna magari calibrate ad una temperatura definita come” tiepida” mentre poi a seguire per un’altra applicazione talasso-terapeutica, la balneoterapia con acqua di mare calda di poco superiore ai 30°C esercitante azione positiva nei confronti del nostro sistema circolatorio e linfatico.

I trattamenti con alghe marine di vario tipo e specie estratte in particolari condizioni climatiche e profondità e ricchissime di oligoelementi rappresentano una vera frontiera innovativa nel campo della ricerca delle applicazioni nutrizionali, remineralizzanti e rivitalizzanti della nostra vita e benessere e  possono essere impiegate  in varie modalità e formulazioni in composizione fresca o essiccate. La combinazione assai vincente da segnalare è rappresentata dalla duplice azione dell’elioterapia, esposizione all’aria ed alla luce solare con la talassoterapia specie nella cura e prevenzione dei dolori articolari nell’artrosi e nel rachitismo; inoltre la talassoterapia e l’elioterapia in combine sono consigliate per la cura  delle affezioni della pelle e varie dermatologiche malattie come alcune dermatiti psoriasi, eczemi con i relativi distinguo medico specialistici. La riabilitazione post-traumatica per l’aspetto anti-gravitario in ambiente acquatico presente e sfruttando la spinta idrosalina di galleggiamento si avvale dei notevolissimi benefici dell’idroterapia marina che rende altresì possibile l’istituzione di protocolli mirati al recupero complessivo e loco regionale delle articolazioni in escursione e mobilità ritrovata. In senso più generale possiamo dire che  le componenti del clima marino sono costituite da acqua di mare, dalla sabbia, dalla particolare temperatura, dalle brezze marine e loro venti ed ancora dalla pressione barometrica caratteristica e da una particolare espressione geofisica climatica denominata “aerosol marino” frutto della nebulizzazione delle particelle idrosaline traportate dal vento L’acqua di mare è quindi per certo la componente più importante del clima marino con la relativa riserva di calore che condiziona il clima delle zone litoranee e la salinità che trasmette in parte all’aria arricchendola di minerali.

La sabbia marina e costiera è poi il prodotto della frammentazione di minerali derivati dalla disgregazione di rocce silicee e calcaree per azione dell’acqua e degli agenti meteorici e possiamo osservare come la temperatura sia più stabile nel clima marino mediterraneo anche se con piccole escursioni giorno/notte e da stagione all’altra; se consideriamo poi la pressione barometrica rileviamo che solitamente si mantiene  alta e costante favorendo il fenomeno appunto dell’aerosol marino costituito da fini particelle di acqua disperse nell’aria contenenti sali minerali ed arricchimento in  ioni sottratti all’acqua di mare dal vento e dal moto ondoso e trasportati sulla costa, mentre la  radiazione solare, uno dei fattori più importanti del clima marino, permette l’attivazione della complessità delle attività biologiche L’acqua di mare quindi il prezioso dono di cui stiamo esponendo proprietà e vantaggi indiscussi viene utilizzata riassumendo per bagni, docce, fangature, sabbiature, alghe, inalazioni, irrigazioni, aerosol, nebulizzazioni e pochi sanno che i maggiori benefici derivano proprio dal plancton contenuto in diverse  percentuali e che mostra un effetto antibatterico unito al contenuto salino che è in media 35 grammi per litro. Alcuni particolari centri terapeutici prescrivono a patto di assoluta purezza e sicurezza batteriologica anche l’assunzione di acqua marina come bevanda, diluita e spesso addolcita dall’aggiunta di succo alcuni di frutta. In Italia la cura con la sabbia è assai diffusa grazie alla finezza e al buon coefficiente di assorbimento di calore delle sabbie dei nostri arenili e al giusto grado di riscaldamento solare; nelle sabbiature la persona viene ricoperta con un sottile strato di sabbia  per un tempo variabile dal 10-20 minuti per ottenere ottimi benefici antalgici a livello muscolare ed articolare.

Nei percorsi terapeutici mirati i bagni marini esercitano inoltre un’azione termica evidente che facilita sia la circolazione e l’ossigenazione tissutale con il rilascio chimico di elementi per il corpo che li assorbe per presenza nell’acqua mentre l’assetto in idrodinamica facilita moltissimo i movimenti terapeutici che si possono eseguire con minore impegno muscolare. Sembra che non vi siano limiti ai benefici di quanto andiamo descrivendo del nostro amato mare che ci regala anche un’altra importante applicazione della talassoterapia cioè l’utilizzo dei limi di origine sedimentaria marina o estratti da laghi salati costituiti in componente solida composta da sabbia frammista ad argilla imbevuta di acqua marina con sali e altro materiale organico. Sono le famose fangature applicazioni effettuate su tutto il corpo o solo su alcune parti a temperatura di circa 40° completate dopo tempi di posa di dieci/venti minuti con bagni in acqua di mare. Non finisce mai di stupire il nostro mare con la sua silenziosa, millenaria presenza così armoniosa ed indispensabile alla qualità della nostra esistenza meritando, non dimenticandolo mai, non solo il nostro rispetto assoluto e dovuto, ma anche per tenere a mente da dove noi tutti veniamo e dove un tempo la nostra vita e quella del vivente sul Pianeta Terra abbia avuto inizio.

Francesco Alessandro Squillino