Il Dono di Astrid ed Emil Vodder, The Pregnancy Care

21 Luglio 2012 - di Francesco Alessandro Squillino

Evento esistenziale straordinario e meraviglioso la Gravidanza porta con sé a livello fisiologico e psichico una serie di inevitabili modificazioni transitorie in alcuni casi particolari anche più persistenti nel tempo della donna. Sottoporsi a linfodrenaggio durante i mesi consoni dell’attesa è di grande utilità  per mantenere elastici i tessuti e per prevenire la dilatazione dei capillari e la comparsa inoltre  di smagliature. I benefici del linfodrenaggio in gravidanza non si fermano qui e con poche sedute è possibile alleviare il mal di schiena dovuto all’aumento di volume della pancia ed il senso di  pesantezza alle gambe. Il massaggio inoltre dovrà essere evitato a livello della pancia, che potrà essere trattata solo in sicurezza dopo il parto per eliminare le stasi linfatiche e sgonfiare i tessuti. Anche chi soffre di disturbi ritentivi durante il periodo premestruale può ricorrere al linfodrenaggio per alleviare i gonfiori tipici dell’arrivo del ciclo. Sono sufficienti 3-4 sedute nei dieci giorni che precedono le mestruazioni per aumentare la diuresi ed eliminare l’accumulo dei liquidi. Questo tipo di massaggio offre notevoli benefici anche contro la cefalea da sindrome premestruale. Il sistema linfatico provvede alla circolazione della linfa, ovvero di quel liquido chiaro il cui compito è di portare via le sostanze di scarto prodotte dal nostro organismo. La linfa si sposta in senso centripeto, cioè dalla periferia verso il centro. Il centro verso cui converge il liquido linfatico si trova alla base del collo, in due punti simmetrici chiamati “terminus”, una sorta di cisterne da raccolta. Favorendo lo scorrimento della linfa, il linfodrenaggio consente alle ghiandole linfatiche di lavorare a pieno ritmo così da eliminare i liquidi accumulati nei tessuti e reimmettere linfa purificata nell’organismo. Una buona circolazione linfatica è altrettanto importante per la difesa immunitaria del corpo poiché la linfa contiene infatti i linfociti. Gambe pesanti, a“colonna”, cute pallida, sottile e desquamante, “cellulite” sono segni visibili rilevati dal Ginecologo o dallo specialista e dalla  paziente, spesso erroneamente percepiti come puro problema estetico. Di converso, un’anamnesi  attenta può confermare un’alterazione morfo-funzionale a carico del sistema linfatico come accade appunto in gravidanza per le modificate e contingenti  condizioni legate al percorso gravidico stesso. La prima funzione del sistema linfatico è quella di rimuovere dallo spazio interstiziale le grosse molecole proteiche e l’acqua e per consentire il turnover alle cellule del sistema linfatico. Un difetto della pervietà  o una congestione del sistema linfatico può dare origine ad una  linfopatia spesso invalidante dal punto di vista fisico e psicologico. Il linfedema, in particolare, produce un accumulo di linfa nello spazio interstiziale, che in un primo momento si localizza prevalentemente a livello sovra fasciale. L’insufficienza linfatica dal punto di vista fisiopatologico viene suddivisa in insufficienza di tipo dinamico e meccanico. •L’insufficienza dinamica o insufficienza ad alta portata è presente nel caso di un sistema linfatico integro, che deve far fronte ad un carico proteico superiore alle sue capacità di portata. L’insufficienza meccanica o insufficienza a bassa portata deriva da un danno primitivo o secondario e che esprime un carico proteico normale. Le macromolecole proteiche, presenti nella matrice interstiziale stimolano l’arrivo dei mastociti e dei granulociti neutrofili, istaurando un processo di granulazione aspecifico che nel tempo evolverà in fibrosi con relativo sovvertimento strutturale. A grandi linee i linfedemi vengono suddivisi in due gruppi. Linfedemi Primitivi, per dilatazione, stenosi o aplasia dei collettori linfatici. Linfedemi Secondari, per lesioni estrinseche da exeresi di linfonodi o danno sui vasi linfatici. La linfopatia può essere in gravidanza  a partire dal terzo mese una condizione percepita dalla donna come fastidiosa ed  invalidante sia dal punto di vista fisico funzionale che psicologico. Attualmente le tecniche più utilizzate nella diagnostica del linfedema degli arti inferiori sono rappresentate dalla Linfoscintigrafia e dall’ecografia. Altre tecniche supplementari sono Ecodoppler Venoso, la Microlinfangiografia, la TC, la RMN, la Flebografia, la Biopsia Linfonodale e la Linfografia, quest’ultima  per casi selezionati.1).Esami di primo livello diagnostico: ecografia dei tessuti molli ed ecodoppler. 2).Esami di secondo livello diagnostico: Linfoscintigrafia Radioisotopica, eventualmente la Microlinfoscintigrafia a Fluorescenza. 3.Esami di terzo livello diagnostico, Linfografia, la Flebografia, la TC, la RMN ed altri esami strumentali.

Il trattamento del linfedema degli arti è prevalentemente conservativo, le metodiche chirurgiche vengono riservate a casi selezionati in stadi clinici avanzati. Il trattamento conservativo si divide in farmacologico e fisico-compressivo. La farmacoterapia prevede l’utilizzo dei benzopironi, quale la cumarina che agisce direttamene sulle fasi della flogosi, in particolar modo sui macrofagi; se usata di continuo accelera la degradazione proteica e attiva l’assorbimento extra linfatico. Mentre gli antibiotici sono usati in corso di complicanze infettive linfangiti, i benzopironi sono utilizzati in tutte le fasi del linfedema, sia esso di natura primitiva che secondaria. Prodotti a base di cumarina  come il Fleboteb Gel, ad esempio) vengono impiegati per via topica in associazione ai trattamenti fisici. Il trattamento fisico-compressivo comprende varie metodiche: il Drenaggio Linfatico Manuale (DLM), la Compressione, la Pressoterapia (PT), la Declivoterapia e la Termoterapia. Il trattamento fisico non deve indicare un’unica terapia, tra le tante, ma deve prevedere l’associazione di queste, combinate in funzione dello stadio evolutivo e della strategia del momento. La terapia fisica combinata viene suddivisa in due fasi:.•la prima fase – drenaggio linfatico manuale, elettro mio stimolazione, bendaggio, esercizio fisico e trattamento cutaneo è rivolta alla riduzione del carico linfatico interstiziale, con conseguente diminuzione volumetrica dell’arto e la seconda fase con  uso quotidiano della calza elastica, esercizio, biostimolazione cutanea e trattamento topico di mantenimento con criobendaggi stabilizza ed eventualmente migliora il risultato gradualmente conseguito. Drenaggio linfatico manuale DLM Si configura come tecnica di massoterapia specialistica, secondo il metodo a suo tempo delineato da  Vodder, Földi e Leduc. Occorre sottolineare che i classici massaggi non producono l’effetto drenante desiderato, anzi si corre il rischio di un doloroso schiacciamento dei capillari con conseguente ematoma. La tecnica prevede manualità mirate alla morfologia delle diverse regioni corporee. Il principio fondamentale della DLM è una prima fase di compressione-trazione, seguita da una seconda fase di depressione. La fase di compressione deve realizzarsi più lentamente rispetto a quella di depressione. Per drenare efficacemente occorrono spinte lunghe e lente, facendole seguire da una pausa che permette il rilassamento e il riempimento dei vasi linfatici, i quali si contraggono in media al ritmo di 12-15 volte al minuto. Ogni manovra viene direzionata nel senso del drenaggio fisiologico, o stimolando il flusso attraverso le vie collaterali e le anastomosi linfatiche. Prima di iniziare il massaggio drenante, è buona norma stimolare con movimenti a cerchi fissi le stazioni e le vie linfatiche superiori (collo, con preparazione dell’angolo succlavio-giugulare e dei linfonodi sovra claveari)  per poi passare all’addome con preparazione dei linfonodi inguinali e iliaci. Nella pratica, il massaggio Vodder  include 5 manovre, o movimenti: a cerchi fissi, di pompaggio, combinati, erogatori e rotatori. Il trattamento Vodder dell’arto inferiore rappresenta l’applicazione ambulatoriale più frequente. Il linfedema all’arto superiore si verifica nel 15-20% delle donne mastectomizzate. Per il trattamento chirurgico del linfedema degli arti, attualmente vengono utilizzate molte tecniche, riassumibili in tre tipologie d’intervento: interventi di tipo fisiologico anastomosi linfatico-venose, linfatico-venoso-linfatiche e trapianti di linfatici autologhi che prevedono il ripristino del normale flusso linfatico; interventi di tipo resettivo che si limitano alla demolizione di ampie aree di tessuto cutaneo, sottocutaneo e fasciale; interventi di tipo misto con modalità chirurgica che ha riferimento nella metodica di Thompson. La terapia include norme igienico-comportamentali di tipo preventivo, ad esempio: modulare gli specifici esercizi fisici non in maniera agonistica, evitare la permanenza prolungata in posizione seduta e in stazione eretta, proteggersi dall’irradiazione e dalle fonti di calore, non indossare calze con elastici, ne calzature troppo costrittive con tacchi, evitare i sandali e le calzature aperte, avere cura dell’igiene dei piedi, evitare le punture d’insetti, le lesioni cutanee da animali domestici, mantenere gli arti in scarico, muovendoli quando possibile, durante i viaggi in treno, auto o aereo. Per una terapia mirata preventiva e curativa, tuttavia, occorre far riferimento alla corretta classificazione del quadro clinico: edema molle, edema duro-elastico, edema duro, di fatto, indirizzano nella scelta dello specifico trattamento. Il trattamento fisico a livello ambulatoriale. Insieme alla presso terapia, il drenaggio linfatico manuale (DLM) e l’Elettromiostimolazione sono i trattamenti fisici maggiormente impiegati a livello ambulatoriale. Elettromiostimolazione E una terapia di sostegno, che sfrutta la contrazione – distensione delle piccole e grandi fasce muscolari. In genere, la stimolazione elettrica neuromuscolare è regolata dalle forme d’onda della corrente, dalle modalità applicative e dai parametri fisici, quali intensità, ampiezza, durata e frequenza dell’impulso. La contrazione e distensione delle fasce muscolari, se condotta in senso disto prossimale, può contribuire a potenziare dall’interno dell’arto la fase di compressione degli spazi interstiziali. Si impiega una corrente diretta, unidirezionale, con disposizione bipolare di  almeno 6-8 elettrodi, partendo dalla Lejarts sino alla zona inguinale. In tal modo si concentra il flusso delle cariche in zone ristrette, sempre orientandole verso la stazione inguinale. La frequenza dell’impulso deve essere bassa e la sua durata persistente, a cui far seguire un tempo di pausa di 4-5 secondi. Si può attivare una prima fase di preparazione dell’arto, mediante l’applicazione di micro correnti (MENS), le cui intensità sono sotto sensoriali, oppure sensoriali ma tali da far contrarre il muscolo. Secondo alcuni Autori, oltre a ridurre il dolore e a aumentare la produzione di ATP, le MENS diminuirebbero la permeabilità vascolare e la velocità di migrazione di particelle cariche nei canali linfatici; in breve un’azione diretta sulla linfostasi. Un ideale percorso di terapia fisica combinata, a questo punto, potrebbe essere così declinato: 20 minuti di DLM, a cui far seguire 20 minuti di stimolazione elettrica neuro muscolare e, infine, 20 minuti di terapia elasto-compressivo Il Principio del Linfodrenaggio secondo Vodder comprende le manovre di “richiamo e “riassorbimento” -progressione a settori anche in gravidanza con le opportune cautele del caso e differenti da persona a persona. La tecnica si basa sulle quattro manovre base del linfodrenaggio e integrazione di esse con alcune manovre di massaggio tradizionale ad effetto sedativo-drenante .lo sfioramento, la vibrazione e l’impastamento sempre secondo le regole del Metodo Vodder regole applicative per ottenere un massaggio emolinfatico ottimale. Linfodrenaggio Vodder o Massaggio Emolinfatico, si ispira integralmente al metodo originale elaborato dal dott. Vodder, metodo ormai conosciuto e praticato in tutto il mondo da circa 70 anni per il trattamento scientifico dell’edema, in quanto permette di agire sulla circolazione emolinfatica ovvero tanto su quella linfatica che su quella sanguigna, attraverso la normalizzazione della microcircolazione  attraverso una ripresa della ritmicità delle contrazioni della muscolatura intrinseca dei vasi linfatici e un’accelerazione dei processi di filtrazione-riassorbimento negli interstizi del tessuto connettivo. Pratica non violenta e non invasiva rappresenta un modo di lavorare che va oltre l’automatismo e nel contatto terapeuta-paziente occorre osservazione, ascolto, percezione delle sensazioni, il che permette di dare interiorità al gesto terapeutico che diviene  comunicazione Il drenaggio linfatico manuale (Metodo Vodder), malgrado la sua diffusa divulgazione, è ancora oggi più conosciuto nel settore dell’estetica che in quello della medicina, e pertanto viene per lo più associato alla cellulite e alle cure dimagranti. In realtà, il suo campo di applicazione è assai più esteso, poiché può essere applicato per la risoluzione dell’edema in svariate patologie linfo edematose: in flebologia, angiologia, nei decorsi post-operatori e post-traumatici, in odontoiatria, in medicina estetica e in gravidanza. I molteplici effetti del Metodo Vodder, non ancora bene utilizzati, hanno un raggio di azione molto più ampio di quanto comunemente si pensi Per esempio, quando è effettuato globalmente, grazie alla peculiarità delle sue manovre, diventa un massaggio antistress di notevolissima efficacia, in quanto produce una distensione della muscolatura scheletrica e viscerale e della psiche, attraverso la normalizzazione del sistema nervoso. Inoltre, attraverso il massaggio dei linfonodi, potenzia le difese immunitarie proprie dell’organismo aumentando la resistenza contro le infezioni e permettendo, in tal modo, di prevenire numerose patologie. Con il termine linfodrenaggio ci si riferisce a tutto un insieme di tecniche manuali (anche se attualmente, come vedremo più avanti, è possibile ricorrere anche a macchinari più o meno sofisticati) che permettono il drenaggio della linfa* all’interno dei vasi linfatici. Il linfodrenaggio viene utilizzato principalmente nel trattamento degli edemi; questi ultimi sono spesso provocati dall’accumulo eccessivo di liquido interstiziale; le cause di tale accumulo possono essere le più svariate e non sempre, come vedremo, il linfodrenaggio può essere utilizzato. Molti considerano il linfodrenaggio come una specie di massaggio, ma, secondo i suoi sostenitori, il linfodrenaggio si distingue dal massaggio in quanto i suoi effetti verrebbero esplicati a livello di cute e sottocute senza interessare le fasce muscolari. Il linfodrenaggio ha origini antichissime, ma per quanto riguarda la medicina occidentale, il primo a gettarne le basi fu un chirurgo austriaco vissuto a cavallo tra i secoli XIX e XX, Alexander Winiwarter; la sua tecnica era basata su tre procedure: massaggio leggero con direzione da prossimale a distale compressione elevazione delle estremità al fine di favorire il deflusso linfatico. La metodica di Winiwarter non ebbe particolari riscontri, ma diversi anni più tardi gli studi del chirurgo austriaco furono ripresi e approfonditi da un dottore in filosofia, Emil Vodder e da allora il linfodrenaggio ha conosciuto costanti notorietà e diffusione. Il linfodrenaggio viene praticato attraverso delle specie di “carezze” effettuate in modo da non recare danno alle strutture dei capillari sanguigni e linfatici. Per effettuare correttamente determinate manovre è ovviamente necessaria una notevole conoscenza dell’anatomia dell’apparato linfatico e di come siano dislocate le varie strutture all’interno del corpo. Uno dei principi chiave del linfodrenaggio è quello che i movimenti non debbano essere mai fatti dalla periferia verso il centro perché ciò potrebbe danneggiare la struttura trattata. Le manovre che vengono effettuate tendono a smuovere la linfa spingendola verso gli sbocchi naturali. Sostanzialmente le fasi sono tre: appoggio, spinta e rilassamento. Il ritmo dei movimenti è caratterizzato da una certa lentezza. Linfodrenaggio manuale: la scuola Vodder e la scuola Leduc Il linfodrenaggio manuale viene eseguito secondo i dettami di diverse scuole; le più note sono la scuola Vodder e la scuola Leduc. La prima, probabilmente la più nota, nacque nella prima metà del XX secolo (fu presentata per la prima volta in pubblico nel 1936, a Parigi); nacque grazie a Emil Vodder. Questi, un dottore in filosofia, era nato a Copenaghen il 1896 e si era trasferito in Francia e svolgeva attività di fisioterapista nella città di Cannes. Il suo metodo, che aveva creato in collaborazione con la moglie Estrid, fu accolto entusiasticamente in campo estetico, ma il fatto che Vodder non appartenesse alla classe medica (aveva dovuto interrompere gli studi in seguito a problemi di salute) gli alienò l’approvazione in campo medico. La scuola Leduc nasce qualche tempo dopo; le due scuole si basano essenzialmente sugli stessi principi, la differenza sostanziale sta nella tipologia dei movimenti. La tecnica di Vodder è caratterizzata da alcuni gesti particolari:■movimenti a cerchi fermi ■movimenti a pompaggio (il cosiddetto “tocco a pompa”) ■movimenti erogatori ■movimenti rotatori. I movimenti rotatori vengono eseguiti appoggiando le dita piatte sulla cute del soggetto, poi si inizia a spingere disegnando cerchi fermi sulla medesima zona oppure allargandosi a spirale. La direzione della pressione dipende dal deflusso linfatico. Nei movimenti a pompaggio il palmo delle mani è rivolto verso il basso, le dita si muovono facendo compiere alla cute spostamenti in senso ovale. Le dita sono ben tese e i polpastrelli non vengono utilizzati. Nei movimenti erogatori si esegue un movimento a forma di spirale attraverso la rotazione del polso. I movimenti rotatori vengono eseguiti alzando e abbassando il posso; si appoggia la mano sulla cute e si ruota disegnando una spirale; questi movimenti vengono eseguiti durante la fase pressoria. Il linfodrenaggio secondo Leduc è basato su un numero minore di manovre e i protocolli sono diversi a seconda del tipo di disturbo che viene trattato. Il bendaggio degli arti colpiti da edema è parte integrante del trattamento; questo bendaggio non deve essere di tipo compressivo e deve essere applicato partendo dalla periferia e muovendosi verso il centro. Le manovre principali della scuola Leduc sono due: la manovra di richiamo e quella di riassorbimento. La prima manovra viene applicata sui collettori di evacuazione che si trovano a valle della zona che deve essere drenata; scopo principale di questa manovra è quello di svuotare i collettori. La seconda manovra viene eseguita sulle zone infiltrate e ha lo scopo di far penetrare i liquidi nei vasi linfatici superficiali; questi poi trasportano la linfa in direzione dei collettori; scopo di questa manovra è quello di facilitare la rimozione delle proteine. Nell’esecuzione del linfodrenaggio dovrebbero essere osservati tre principi basilari.■ Il trattamento deve iniziare dalla zona prossimale; questa deve essere infatti svuotata prima di quella distale per permettere che i liquidi di quest’ultima trovino posto nel momento in cui fluiranno. ■Dopo il trattamento, la cute trattata non deve presentare arrossamenti di alcun genere. ■Il linfodrenaggio non deve essere causa di dolore.* La linfa è un liquido costituito essenzialmente da acqua, grassi, proteine, elettroliti, linfociti ecc. che circola nel sistema linfatico, una complessa rete costituita da vasi linfatici e tessuto linfatico. Le funzioni del sistema linfatico sono variegate; esso riporta in circolo le proteine e i liquidi che vengono filtrati dai capillari sanguigni, trasferisce i lipidi assorbiti a livello di intestino tenue nella circolazione sistemica e cattura ed elimina i microrganismi patogeni estranei all’organismo attraverso la produzione e la trasformazione delle cellule che hanno il compito di neutralizzare tali microrganismi patogeni. Cenni Bibliografici. Per quanto i meccanismi del sistema linfatico non fossero completamente noti, gli antichi greci già conoscevano una parte del sistema linfatico. Si devono attendere secoli prima che uno scienziato italiano, Gaspare Aselli, facesse più chiarezza; egli mise infatti in evidenza il sistema dei vasi linfatici presente nell’intestino di un cane. Anni più tardi fu il danese Thomas Bartholin a realizzare una descrizione dell’anatomia  del sistema linfatico. Il drenaggio linfatico manuale – o più semplicemente linfodrenaggio – rappresenta, soprattutto tra le donne, una delle tecniche di massaggio oggi più in voga in tutto il mondo. Ideato nel 1932 dal medico e biologo danese, Emile Vodder, il linfodrenaggio svolge diverse funzioni benefiche: prima fra tutte quella di aiutare a contrastare e prevenire la formazione di edemi e gonfiori in qualunque parte del corpo. E’ lo stesso Vodder a classificare gli edemi in tre diverse categorie tutte trattabili anche se con opportune precauzioni. Gli edemi patologici ad esempio – cioè quelli conseguenti a qualche malattia, come l’insufficienza cardiaca o renale cronica – non vanno mai trattati durante la fase acuta e necessitano sempre e comunque di un certificato medico .Diverso è il discorso per gli edemi idiopatici e per quelli non patologici. I primi sono quelli di cui non si conosce con certezza la causa. Talvolta provocati dal caldo, dallo stress, dalla stanchezza. I secondi sono quelli tipici, ad esempio, dal ciclo mestruale, della cellulite, della pillola (estrogeni) o ancora della gravidanza. In quest’ultimo caso occorre evitare i massaggi durante i primi, e più delicati, tre mesi di gestazione. Dopo il terzo mese, invece, il linfodrenaggio diventa il massaggio più indicato. Efficace infatti nello stimolare la circolazione linfatica e quindi nel contrastare l’accumulo di liquidi, questa tecnica è per sua natura lenta, delicata e superficiale, a differenza di altri massaggi più profondi che potrebbero, ad esempio, provocare un’eccessiva dilatazione dei capillari già fragili della donna .Va osservato che non di rado la gravida si trova a fare i conti con edemi diffusi in tutto il corpo; e che per trattarli correttamente tutti insieme occorrerebbero circa 5 ore. Un tempo troppo lungo sia per la donna che per l’operatore. Ecco perché, generalmente, si preferisce lavorare singolarmente una parte alla volta per circa un’ora. Magari separando gli arti inferiori da quelli superiori. Non a caso il linfodrenaggio è comunemente definito un “massaggio settoriale”. Dopo un mese di sedute (un paio alla settimana) avremo comunque lavorato efficacemente tutto il corpo. Essenziale, prima di ogni trattamento, è l’esecuzione delle cosiddette “manovre di scarico del collo”. Una serie di pompaggi (così vengono definite le manovre tipiche del linfodrenaggio) necessarie per liberare il cosiddetto Terminus: un punto di fondamentale importanza situato a livello della fossetta sovra claveare. Qui infatti è collocata un’importante stazione linfonodale; il punto d’arrivo di tutta la circolazione linfatica. Eseguire lo scarico, liberare il Terminus, significa prevenire un eventuale sovraccarico a questo livello e il conseguente rischio di gonfiore ai lati del collo, difficoltà a deglutire e sensazione di soffocamento. Le manovre di scarico durano circa 20 minuti. Importante anche ricordare che – nel caso venga trattato l’addome di una gravida – andranno evitate le manovre più profonde, come quelle utilizzate altrimenti per favorire la peristalsi intestinale ad esempio in caso di stipsi. La stessa precauzione andrà osservata in caso di ciclo mestruale specie se abbondante e doloroso, di cisti ovariche e per almeno 6 mesi dopo un taglio cesareo. L’eventuale presenza di tubercolosi, di infezioni acute con linfonodi ingrossati e dolenti e quella di tumori maligni, rappresenta infine controindicazione assoluta all’utilizzo del linfodrenaggio, in qualunque soggetto. Il Linfodrenaggio è un trattamento armonioso eccezionalmente rilassante e piacevole, favorisce l’eliminazione della linfa stagnante nei tessuti ricca di scorie e tossine, stimola l’ossigenazione ed il ricambio cellulare cutaneo rendendo la pelle più liscia, luminosa, elastica e ringiovanita. A volte il corpo denuncia uno stato di pesantezza che si manifesta principalmente agli arti inferiori (gambe pesanti, edematose, stanche) ma anche a livello dei glutei, delle braccia, della schiena e del viso con flaccidità e gonfiore diffuso. Gli effetti decongestionanti e anti edema di questa tecnica ne fanno il rimedio per eccellenza alla ritenzione idrica, al dolore da stasi circolatoria e alla fatica muscolare. Una vera e propria terapia per il ripristino del normale funzionamento circolatorio della linfa. Infine il linfodrenaggio al viso viene consigliato a coloro che soffrono di gonfiori e borsiti nella zona perioculare, l’effetto detossinante rende il viso pulito e luminoso. Il trattamento viene eseguito con olio vegetale. E’ quindi un massaggio locale che viene praticato sui linfonodi con l’obiettivo di drenare la linfa e di favorire la circolazione nei tessuti. Attivare la circolazione linfatica é importante per eliminare il ristagno di sostanze di scarto o di germi nocivi. Il linfodrenaggio si pratica con movimenti circolari e a spirale delle dita. I movimenti sono lenti, ritmici e inducono al rilassamento totale. Prima di iniziare il trattamento locale occorre lavorare sul collo, dove hanno sede i terminus, le due cisterne dove confluisce  tutta la linfa proveniente dalle zone periferiche del corpo. Dal collo, il massaggio si sposta su nuca e sulle tempie. Il massaggio sull’addome è particolarmente indicato a chi soffre di gonfiori e stitichezza. Le mani lavorano sulla linfa e sui linfonodi inguinali, spostando meccanicamente le feci e dando così la possibilità al colon di contrarsi. Il linfodrenaggio non trascura nessuna zona del corpo, anche se si sofferma maggiormente sulle parti che gravitano verso il basso, dove di solito si accumula la massa ristagnante di liquido. Per il trattamento delle gambe, il massaggio comincia dai linfonodi dell’inguine per poi proseguire fino al piede. Il drenaggio linfatico offre benefici anche sulla zona dorsale e lombare: rilassando la muscolatura liscia, contribuisce a ridurre il mal di schiena. Un ciclo di drenaggio linfatico manuale comprende dieci sedute di un’ora ciascuna. E’ importante affidarsi a mani esperte perché altrimenti il massaggio può risultare non solo inutile ma addirittura dannoso.

Dott.FKT Francesco Alessandro Squillino