Le cellule staminali neurali arginano i danni della radioterapia
- Maria Grazia Midossi
- 16 Luglio 2011
- Ricerca & Scienza
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Uno studio condotto dalla University of California – Irvine, suggerisce che le cellule staminali neurali riescono ad aiutare le persone a ritrovare le capacità di apprendimento perse a causa della radioterapia usata per curare i tumori cerebrali. La ricerca, effettuata su topi, ha scoperto che le cellule staminali trapiantate due giorni dopo l’irradiazione hanno ripristinato la funzione cognitiva che è stata valutata nell’arco di quattro mesi, viceversa i topi irradiati che non avevano ricevuto il trapianto non hanno mostrato alcun miglioramento cognitivo.
L’oncologo Charles Limoli, uno degli esperti di terapia radiante della University of California ha affermato che questi risultati forniscono prove concrete che queste cellule possano essere utilizzate per sopperire ai danni delle radiazioni sul tessuto sano del cervello.
La radioterapia per i tumori cerebrali viene utilizzata solo quando è ben tollerata dal tessuto sano del cervello. Alcuni pazienti che vengono sottoposti a forti dosi di radiazioni subiscono la perdita di memoria e di vari gradi di apprendimento e questo influisce negativamente sulla loro qualità di vita. Il dott. Limoli ha sottolineato come il danno cognitivo sia tutt’altro che lieve arrivando ad un calo di tre punti di QI per anno nel caso di malati di cancro pediatrici.
L’indagine condotta dal dott. Limoli e dai suoi colleghi ha potuto dimostrare che di circa 100.000 cellule staminali trapiantate sui ratti, circa il 15 per cento si sono trasformate in nuovi neuroni, mentre il 45 per cento sono diventate astrociti e oligodendrociti, ossia cellule che supportano i neuroni cerebrali.
“Questa ricerca suggerisce”, ha concluso il dott. Limoli “che le terapie con le cellule staminali possano essere attuate per fornire sollievo ai pazienti affetti da disturbi cognitivi causati dai trattamenti per il cancro. E anche se rimane molto lavoro da fare riguardo alla sicurezza di tale approccio, il procedimento potrebbe essere applicato in un futuro prossimo ai malati di glioblastoma multiforme, una forma particolarmente aggressiva e letale di cancro al cervello.”