Aumento di CO2: Oceani più caldi, barriere coralline e specie a rischio

Scritto da:
Leonardo Debbia
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Barriera corallina. Milioni di anni fa esistevano grandi scogliere, un oceano poco ossigenato, acque di superficie tropicali calde e reti alimentari incapaci  di sostenere la macrofauna (squali, balene, uccelli marini e foche). Negli oceani, si potrebbe tornare a queste condizioni, se l’aumento dei gas serra continuerà con l’attuale accelerazione. (fonte: ScienceDaily)
Barriera corallina. Milioni di anni fa esistevano grandi scogliere, un oceano poco ossigenato, acque di superficie tropicali calde e reti alimentari incapaci di sostenere la macrofauna (squali, balene, uccelli marini e foche). Negli oceani, si potrebbe tornare a queste condizioni, se l’aumento dei gas serra continuerà con l’attuale accelerazione. (fonte: ScienceDaily)

L’aspetto degli oceani è destinato a cambiare drasticamente negli anni futuri, quando i gas serra che attualmente inquinano l’atmosfera del pianeta avranno alterato le reti alimentari marine, avvantaggiando alcune specie rispetto ad altre.

Il paleobiologo Richard Norris ed alcuni studiosi della Scripps Institution of  Oceanography presso l’Università della California, S. Diego (UC), parlano di quando la Terra, in passato, attraversò una fase di “grande serra”, con un oceano poco ossigenato, acque di superficie tropicali somiglianti ad una vasca da idromassaggio, con poche grandi scogliere e reti alimentari che sarebbero state incapaci di sostenere la moltitudine di squali, balene, uccelli marini e foche che affollano oggi i mari.

Ebbene, secondo gli scienziati statunitensi, gli aspetti di questo oceano-serra potrebbero ripresentarsi in un futuro neanche tanto lontano, se i gas serra continueranno ad aumentare con la crescita accelerata che hanno attualmente.

I ricercatori basano le loro previsioni su quanto si conosce del “mondo-serra” di 50 milioni di anni fa, quando i livelli di gas serra nell’atmosfera erano molto più alti dei livelli presenti nel corso della storia dell’umanità.

L’articolo di questa analisi compare in una edizione speciale della rivista Science dei primi del mese in corso con il titolo “Sistemi naturali nei cambiamenti climatici”.

Negli ultimi due milioni di anni le concentrazioni di CO2 dell’atmosfera non hanno mai superato le 280 ppm (parti per milione), ma l’industrializzazione, la deforestazione, l’agricoltura e le altre attività antropiche hanno rapidamente incrementato sia le concentrazioni di CO2 che degli altri gas responsabili dell’effetto serra che trattiene il calore nell’atmosfera.

Per diversi giorni dello scorso mese di maggio le concentrazioni di anidride carbonica hanno raggiunto, per la prima volta nella storia dell’umanità, le 400 ppm e questo traguardo potrebbe essere velocemente  superato nei prossimi decenni.

E’ stato calcolato che, al ritmo attuale di crescita, nel giro di 80 anni sulla Terra si potrebbero ricreare le condizioni dell’antico “mondo-serra”, dove i fossili indicano fosse presente una concentrazione di CO2 atmosferica pari a 800-1000 ppm.

Allora, le temperature oceaniche tropicali raggiunsero i 35°C e gli oceani polari i 12°C, questi ultimi pari alle temperature oceaniche delle correnti al largo della costa californiana, alla latitudine di S. Francisco. Le calotte polari non esistevano.

Gli scienziati hanno identificato una “assenza di barriere” negli oceani tra 42 e 57 milioni di anni fa, periodo in cui complesse barriere coralline scomparvero in massa e il fondale marino fu costituito solo da  piccoli accumuli granulosi di organismi cellulari, i foraminiferi.

“Le ‘foreste pluviali marine’ furono sostituite da ‘spianate di ghiaia’”, ha affermato Norris.

Questo ambiente fu anche caratterizzato da differenze sostanziali nelle catene alimentari marine, con gran parte degli ecosistemi oceanici tropicali e subtropicali mantenuti in vita dal microscopico picoplancton al posto delle diatomee, tipiche oggi degli ecosistemi altamente produttivi.

In effetti, i grandi animali marini – squali, tonni, balene, foche, e anche uccelli marini – cominciarono a proliferare soltanto quando le alghe crebbero a sufficienza per alimentare i grandi predatori nei freddi oceani degli ultimi periodi geologici.

“Le piccole alghe sottili del mondo-serra erano semplicemente troppo piccole per mantenere i grandi animali”, ha detto Norris. “E’ come se i leoni si cibassero di piccoli topi al posto delle antilopi. I leoni non possono certamente accontentarsi di piccoli spuntini”, ha commentato ironicamente.

“Nel mondo-serra sono accaduti eventi di riscaldamento rapido come quelli che ora si stanno prospettando per il futuro. Un evento ben studiato è quello conosciuto come il massimo termico Paleocene-Eocene o PETM, avvenuto 56 milioni di anni fa e che serve da modello per prevedere ciò che può accadere con le tendenze climatiche attuali.

Questo evento ebbe una durata di 200mila anni e riscaldò la Terra di 5-9°C, con il risultato di massicce migrazioni di animali e piante, nonchè spostamenti delle zone climatiche.

In particolare, nonostante il deterioramento degli ecosistemi terrestri, l’estinzione delle specie non ebbe esiti troppo devastanti. Fu, anzi, ben diversa da un’estinzione di massa, durante la rapida fase di riscaldamento dell’oceano profondo.

“Per molti aspetti, il riscaldamento durante il PETM fu più intenso di quello che è stato prospettato avverrà per i futuri cambiamenti climatici, e dovrebbe essere di qualche conforto sapere che, in quel periodo, le estinzioni furono per lo più limitate al mare profondo”, ha detto Norris. “Purtroppo però, il PETM ha mostrato anche che il dissesto ecologico può durare per decine di migliaia di anni”.

Tuttavia, Norris ha ammonito che se continueremo a basare l’economia sui combustibili fossili, sia pure per decenni, si amplierà l’instabilità climatica. Un brusco arresto nell’uso di combustibili fossili agli attuali livelli di consumo limiterebbe il futuro periodo di instabilità del clima a meno di 1000 anni prima che il clima torni alle norme pre-industriali.

Ma se l’uso di combustibili fossili manterrà il suo corso attuale fino alla fine di questo secolo, gli effetti climatici futuri assomiglieranno al PETM, con grandi cambiamenti climatici che dureranno 20mila anni o più; e una caratteristica “impronta digitale” umana rimarrà sul clima terrestre per 100 mila anni.

Leonardo Debbia
6 agosto 2013