Plastic Buster: il laboratorio salva Mediterraneo

8 Agosto 2013 - di Giuliano Centonza

plastic-busterIl 5 luglio a Certosa di Pontignano (Siena), nella giornata conclusiva della conferenza internazionale First Siena Solutions Conference Sustainable Development for the Mediterranean Region, è stato presentato dai ricercatori dell’ Università di Siena coordinati dalla professoressa Maria Cristina Fossi, un progetto dal nome “Plastic Buster” con la finalità di monitorare la salute del Mare Nostrum e salvaguardarlo dall’inquinamento derivante dalla dispersione della plastica. L’ evento dedicato alla sostenibilità è stato promosso nell’ambito della rete ONU Sustainable Development Solutions Network.

Quanti di noi sono attratti dalla dolcezza delle tartarughe marine, o affascinati dagli squali e dal loro mondo degli abissi? Per non parlare delle balene e dei loro miti?
Bè, è proprio osservando la salute di queste specie che ci si è resi conto di quanto il Mare Nostrum (battezzato così dai Romani) sia invaso da sostanze tossiche come le plastiche.
Queste specie, definite “spazzine”, sono importantissime per l’ecologia degli habitat marini data la loro tipica alimentazione. Si cibano infatti di tutto ciò che viene lasciato in mare, da carcasse di pesci morti alla immondizia che, grazie all’inciviltà dell’uomo, purtroppo, invade tali ambienti.
Non a caso, il dato allarmante che ha fatto scoccare la scintilla negli scienziati è stata la scoperta di circa 140 frammenti (in media) di vari tipi di plastica nell’intestino delle tartarughe.

Così, sfruttando proprio le conoscenze su questi animali e sulle loro abitudini alimentari, si è cercato di analizzare cosa mangiassero e soprattutto in quali zone.
Nasce così il progetto dei ricercatori della Università di Siena che consiste nel monitorare queste specie definite sentinella, appunto perché son quelle che ingeriscono la maggior parte dei rifiuti, e studiare anche le zone di maggiore inquinamento da plastica per trovare poi una soluzione a tal fenomeno.
Ecco quindi la soluzione: “Plastic Buster”: laboratorio galleggiante eco sostenibile, plurispecialistico ed internazionale. Visto l’ampio bacino solcato dal mezzo e la divergente lingua che accomunerà le varie coste ogni specialista parlerà, oltre all’inglese, una delle lingue autoctone delle regioni d’approdo.

Solcherà il Mediterraneo dalla Toscana fino a Gibilterra, poi verso la Tunisia, l’Egitto, la Grecia e, dopo tre mesi di navigazione, risalendo l’Adriatico approderà a Venezia.
Lungo tutto il percorso  “acchiapperà” e mapperà la presenza e la distribuzione delle macro e microplastiche riversate nel Mediterraneo, con le loro conseguenze nefaste sull’ambiente marino e sulla salute della sua fauna. Verranno utilizzate a tal scopo sofisticate analisi eco tossicologiche per verificare i danni sull’ecosistema marino ma più nello specifico verranno eseguite delle autopsie, non dannose per gli animali, grazie a nuovissime tecnologie come ecografie 3D a colori, per monitorare lo stato di salute delle specie in questione che sono più soggette a questo tipo di inquinamento.

Il primo riscontro che caratterizzerà la fase iniziale sarà senz’altro un’analisi dettagliata dei tipi di plastiche, una rimozione delle stesse con relative possibilità di studio in nuove metodologie e tempi di intervento in maniera specifica e dettagliata per tutto ciò che inquina il nostro mare.

Tra le varie soluzioni, prime fra tutte sembra essere – per le zone più inquinate – quella di immettere specifici tipi di plastiche biodegradabili negli ambienti marini più inquinati. Questo permetterà uno sviluppo più celere di organismi e batteri deputati alla degradazione dei rifiuti con relativi vantaggi sulla diminuzione degli stessi.

Una volta raccolti ed archiviati tutti i dati raccolti saranno sottoposti ad analisi specifica con relative modalità di soluzione o intervento, sarà quindi necessario un summit fra tutti i paesi del Mediterraneo per affrontare il problema e capire come ridurlo tramite politiche di sensibilizzazione,  utilizzando migliori impianti di smaltimento, incentivando l’uso di plastiche e sostanze biodegradabili ed impegnandosi ulteriormente nel processo di sorveglianza con relativa ripercussione sulle pene, più drastiche o scoraggianti nei confronti di chi risulta poco attento o del tutto disinteressato alla tutela delle proprie acque.

Stando alle dichiarazioni rilasciate ogni paese si sente pronto nel mettere in atto interventi, anche drastici, per evitare bagni in mari “di plastica” senza più fauna o flora ad arricchirlo e consentirne la sua sopravvivenza.

Giuliano Centonza
8 agosto 2013