Melme policefale usate come chip informatici

Scritto da:
Daniel Iversen
Durata:
1 minuto

I computer del futuro potrebbero presto diventare viscosi e melmosi, un po’ diversi insomma dei dispositivi al silicio che abbiamo oggi.

Sulla rivista Materials Today alcuni ricercatori europei rivelano i dettagli di unità logiche create usando muffe melmose viventi (le cosidette “melme policefale”), che potrebbero agire come mattoni per costruire sensori e dispositivi informatici.

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Questo sistema di circuiti logici che sfruttano reti fatti di tubi interconnessi di melme policefaliche con lo scopo di elaborare informazioni, è stato sviluppato da Andrew Adamatzky (University of the West of England, Bristol, UK) [1] e da Theresa Schubert (Bauhaus-University Weimar, Germany).

E’ sicuramente più semplice trovare tali organismi, in questo caso della specie Physarum polycephalum , in qualche luogo buio e umido, piuttosto che in un laboratorio di informatica.

Nel suo stadio vegetativo (o “plasmodio”) questa muffa estende nel suo ambiente una rete di tubicini che assorbono i nutrienti, tramite i quali l’organismo può anche reagire alla luce e alle mutate condizioni ambientali che innescano il rilascio delle spore riproduttive.

In alcuni lavori precedenti la squadra aveva dimostrato che tale rete di tubi può trasportare diverse tinture colorate. Con l’utilizzo di nutrienti come fiocchi d’avena, e stimoli repellenti, come la luce o il calore, gli scienziati sono riusciti a dirigere e controllare la crescita dei tubi, facendo formare alla melma una struttura a rete molto particolare.

Hanno poi dimostrato come questo sistema possa mescolare due coloranti per creare un terzo colore che fungerebbe da “output”.

Implementando delle nanoparticelle nei coloranti e usando piccole perline fluorescenti, il team è riuscito a usare la rete formato da questo organismo come un piccolo laboratorio posto su di una sorta di dispositivo a chip biologico. Questo potrebbe rappresentare un nuovo modo di costruire dispositivi microfluidici per l’elaborazione di campioni ambientali o medici su scala molto ridotta, per test e diagnosi.

Reti molto più ampie potrebbero essere in grado di elaborare nanoparticelle ed eseguire sofisticate operazioni di logica booleana del tipo usato dai circuiti informatici. Il team ha finora dimostrato che la rete di melma policefala è in grado di effettuare operazioni booleane in XOR oppure NOR.

La concatenazione delle matrici di porte logiche di questo tipo potrebbe permettere ai computer melmosi di effettuare operazioni di calcolo binario.

“Le porte in melma policefala non sono elettroniche, sono semplici e poco costose. Inoltre possono esser realizzate più porte contemporaneamente nelle zone di fusione dei tubi protoplasmatici”, concude Asamatzky e Schubert.

Stiamo entrando nell’era dei computer biologici ? L’editore di “Materials Today”, Stewart Bland, crede che “anche se i materiali dell’elettronica più tradizionali sono qui per restare, ricerche come queste ci aiutano a sconfinare un po’ nella scienza dei materiali, della biologia e informatica, e ciò rappresenta un prospettiva eccitante per il futuro.”

La ricerca è stata effettuata in un quadro del Progetto FP7 EU “Physarum Chip” (Computing Unconventiona Programl).

[1] http://arxiv.org/pdf/1403.4795.pdf

Daniel Iversen
1 aprile 2014