In studio un nuovo acceleratore di particelle su microchip

accelleratore-chipI ricercatori hanno usato un laser in un chip di vetro nanostrutturato, con dimensioni inferiori a quelle di un chicco di riso, per accelerare gli elettroni a una velocità 10 volte superiore alla tecnologia convenzionale.

La realizzazione è stata riportata sulla rivista Nature ed è stata eseguita da un team di scienziati dell’US Departement of SLAC National Accelerator Laboratory e della Stanford University, i quali hanno dichiarato che c’è ancora molta strada da fare prima che questa tecnologia possa raggiungere un livello di praticità tale da essere impiegata nella realtà, ma in questo modo si potrebbero ridurre notevolmente le dimensioni e i costi dei futuri acceleratori di particelle ad alta energia per esplorare il mondo delle particelle e delle forze fondamentali.

L’acceleratore su un chip potrebbe abbinare la potenza di accelerazione di un normale acceleratore lineare SLAC, con una lunghezza di 2 miglia (più di 3 chilometri), in soli 100 metri e fornire un milione di impulsi in più al secondo con un gradiente di accelerazione – ossia la quantità di energia acquisita per lunghezza – pari a 300 milioni di elettronvolt per metro, vale a dire circa 10 volte l’accelerazione fornita dalla corrente generata dall’acceleratore lineare SLAC.

L’esperimento.
L’accelerazione delle particelle avviene normalmente in due fasi:
prima gli elettroni vengono sparati alla velocità (quasi) della luce, poi per ogni accelerazione aggiuntiva aumenta la loro energia ma non più la loro velocità.
Con la tecnica dell’acceleratore su un chip, gli elettroni vengono accelerati prima alla velocità della luce, e successivamente vengono concentrati in un piccolo canale all’interno del chip di vetro di silice fusa, dalla lunghezza di solo mezzo millimetro, che contiene strutture interne appositamente create.
Una luce laser infrarossa puntata sul modello genera campi elettrici che interagiscono con gli elettroni all’interno del canale e ne aumenta l’energia.

L’obiettivo del professor Robert Stanford Byer, ricercatore principale in questo studio, è quello di arrivare a un miliardo di elettronvolt per metro, e con un solo esperimento  è stato già raggiunto un terzo del risultato finale.
Questa tecnologia potrebbe portare un importante contributo agli acceleratori compatti e ai dispositivi a raggi X usati per la scansione sicura nelle terapie mediche e nella ricerca nel campo della biologia e delle scienze dei materiali.

Maria Grazia Tecchia
4 ottobre 2013