Cure sanitarie in Italia: la mappa delle disparità

Scritto da:
Elisa Scaringi
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Gli italiani spendono di più dei loro cugini europei per prestazioni sanitarie, divisi su un territorio che non risponde equamente ai bisogni di salute dei propri cittadini. E uno su quattro lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie dovute sia a motivi economici che alle liste d’attesa. Questa la sintesi fotografata dall’Osservatorio civico sul federalismo in sanità realizzato da Cittadinanzattiva.

Università Campus Bio-Medico di Roma

Rispetto alla media OCSE del 2,8%, la spesa sostenuta privatamente dagli italiani nell’anno 2015 per le prestazioni sanitarie è del 3,2%, con forti differenze tra il nord e il sud del paese. In Valle D’Aosta, infatti, la spesa è di 781,2 euro, contro i 267,9 euro della Sicilia. Parlando invece della spesa sanitaria pubblica pro capite, relativa al 2013, la situazione si ribalta. Se la Provincia Autonoma di Trento spende 2.315,27 euro, la Campania si ferma a 1.776,85 euro.

Alcune Regioni, ancora troppo poche, hanno saputo interpretare il federalismo sanitario come strumento per rispondere alle esigenze dei cittadini”, spiega Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. “La sfida per il futuro del federalismo sanitario e del Servizio Sanitario Nazionale è portare le Regioni più critiche ai livelli delle più virtuose e proiettarle tutte verso il miglioramento dei servizi per i cittadini. È evidente la necessità di aggiornare gli indicatori di monitoraggio; ottimizzare i flussi informativi esistenti; garantire terzietà al monitoraggio LEA introducendo il punto di vista dei cittadini e prevedendo la partecipazione di rappresentanti di cittadini nella Commissione nazionale LEA. La riforma costituzionale in corso in ambito sanitario, qualora fosse confermata, renderebbe più forte il livello centrale, e irrobustirebbe contemporaneamente quello delle regioni, attribuendo loro non solo l’organizzazione dei servizi, ma anche la programmazione sanitaria. Affidare però la soluzione di tutti i problemi alla sola approvazione di una legge, seppur di rango costituzionale, è illusorio. E il Rapporto lo dimostra chiaramente: troppe norme approvate e sbandierate negli anni come soluzioni sono rimaste solo sulla carta o utilizzate per far quadrare i conti”.

Degli oltre 26mila italiani che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, uno su quattro ha lamentato difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie: per il 58% si è trattato di liste di attesa troppo lunghe, mentre per il 31% il ticket è risultato troppo oneroso. A rinunciare sono soprattutto i cittadini del Sud (11,2%), seguiti da quelli del Centro (7,4%) e dal Nord (4,1%). Questo perché tempi d’attesa e ticket sono molto più bassi nel Nord d’Italia. Per una visita cardiologica con EGC nel Nord Ovest l’attesa è di 42,8 giorni, contro gli 88 del Centro; per una riabilitazione motoria nel Nord Est si aspettano 13 giorni, mentre al Sud aumentano a 69. Per quanto riguarda i ticket, sulle stesse 16 prestazioni, nel Nord Est 10 hanno un costo molto basso, mentre al Sud per la metà i prezzi risultano i più elevati.

Anche sul fronte prevenzione le differenze regionali sono molte. Sulla base del monitoraggio realizzato dal Ministero della Salute nel 2013, su 16 regioni, 8 risultano inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia). Per quanto riguarda invece i nuovi farmaci per la cura dell’epatite C, se nel Lazio sono 11 i centri prescrittori per una media di 533.677 persone, in Piemonte il rapporto è 10 centri per 443.680 cittadini. Disparità anche per i centri di procreazione medicalmente assistita: se al Centro e al Sud la prevalenza è del privato (rispettivamente 68% e 58%), nel Nord Est la percentuale si equivale, mentre nel Nord Ovest la prevalenza è dell’offerta pubblica.

È ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze.” Continua Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. “Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un’offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi. L’Irpef diminuisca proporzionalmente al diminuire del debito, sino a tornare, al momento dell’equilibrio, ai livelli precedenti al Piano di Rientro”.

Elisa Scarlingi