Diabete: un nuovo vaccino a base di DNA

dnaSecondo uno studio effettuato da un gruppo di ricercatori californiani guidati da  Lawrence Steinman, esperto della School of Medicine dell’Università di Stanford, chi soffre di diabete di tipo 1 avrebbe una nuova alternativa alle iniezioni giornaliere di insulina.

Si tratta di un vaccino a base di DNA che, secondo i primi esperimenti clinici, è risultato decisamente migliore sia nel produrre insulina che nel contrastare la risposta immunitaria. È quest’ultima, infatti, che permette di sviluppare il diabete, andando a distruggere le cellule del pancreas.

Sono stati circa 80 i pazienti che si sono sottoposti a questa ricerca: sono stati divisi in piccoli gruppi di 4 persone, e per 3 mesi, hanno ricevuto dosi diverse di vaccino. A circa 5 e 15 settimane dall’inizio delle dosi, e a 6, 9, 12, 18 e 24 mesi dall’inizio dell’intero programma, si sono sottoposti ad un’analisi del sangue. Dai risultati degli esiti, è stato dimostrato come il vaccino riesca ad attivare un segnale infiammatorio che agisce contro quegli elementi immunitari che aggrediscono le cellule pancreatiche, portando al diabete di tipo 1.

Come si legge sulla rivista scientifica Science Translational Medicine, su cui è stata pubblicata la ricerca: “Il vaccino  spegne una risposta immunitaria, piuttosto che accendere risposte immunitarie specifiche come puntano a fare i vaccini tradizionali contro, ad esempio, l’influenza o la polio”.

Se questa nuova terapia dovesse essere autorizzata dalle autorità sanitarie, potrebbe essere il primo vaccino a base di DNA a ricevere l’approvazione.

Isabel Novo List
28 giugno 2013

Arc, la proteina della memoria

arcSecondo uno studio condotto da un’equipe di ricercatori americani dell’Università della California, la perdita della memoria a lungo termine e le malattie ad essa connesse, tra cui l’Alzheimer e l’autismo, sembrano essere associata alla carenza della proteina Arc (Activity-regulated cytoskeletal). Questa era già nota per essere in qualche modo in relazione con i processi mnemonici, ma non si sapeva come. Ora, finalmente, lo si sa.

In base ad alcuni studi condotti sui topi, è stato dimostrato come quelli affetti da deficit di produzione di Arc, il giorno successivo all’apprendimento di un determinato comportamento, non erano più in grado di ripeterlo, in quanto non lo ricordavano. Da questa analisi, gli scienziati sono riusciti ad individuare il collegamento tra i neuroni che vengono attivati durante il processo della memoria e questa proteina, che a quanto pare è in grado di gestire l’intero processo ed è quindi fondamentale averne a sufficienza all’interno dell’organismo.

Inoltre, i ricercatori sono convinti che l’Arc sia in grado di influenzare anche alcune patologie genetiche tra cui la sindrome di Martin-Bell e quella dell’X fragile, che portano spesso all’autismo o alla disabilità mentale. Anche la demenza senile potrebbe giovare di qualche nuovo trattamento, visto che molti anziani tendono a dimenticare non solo i ricordi, ma anche cosa devono fare o chi sono le persone che li circondano.

Steve Finnebaker, coordinatore della ricerca, come si legge sulla rivista  Nature Neuroscience, ha infatti dichiarato: “È possibile che il cattivo funzionamento del processo omeostatico, quello che sottende alla stabilità delle funzioni, possa contribuire a instaurare il deficit di memoria e di apprendimento tipico del morbo di Alzheimer”.

Isabel Novo List
12 giugno 2013

31 maggio: si celebra la Giornata Mondiale Senza Tabacco

tabaccoSecondo i dati raccolti dall’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ndr), ogni anno le vittime del tabacco ammontano a oltre 6 milioni, e sono in particolare giovani, che vedono nelle sigarette uno strumento per emulare gli adulti, per trasgredire e per sentirsi grandi.

Proprio per questo l’organizzazione stessa ha deciso di celebrare, domani, la  Giornata Mondiale Senza Tabacco, sperando che l’iniziativa possa convincere la maggior parte dei fumatori a smettere non solo per un giorno, ma per sempre.

24 ore senza fumare: questo quanto dovrebbe verificarsi domani, portando tutti coloro che sono dipendenti dalle bionde a riflettere sulle conseguenze che queste sono in grado di provocare. Le sigarette, infatti, sono la causa di quasi 30 diverse malattie, tra cui diverse forme di tumori,  cardiopatie, vasculopatie e broncopneumatopie croniche.

Ecco dunque l’emergenza di insistere sull’abbandono definitivo di questo vizio, e in prima fila, insieme all’OMS, si schiera anche la  LILT, la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori. Nel nostro Paese i morti per il troppo fumo sono circa 83 mila all’anno, ed è per questo che il tabagismo deve essere fermato una volta per tutte non solo tramite campagne di mobilitazione e sensibilizzazione, ma anche e soprattutto con una corretta ed esaustiva informazione sui danni che il tabacco è in grado di provocare.

Proprio in occasione della giornata di domani, la LILT lancia un appello a tutti i rappresentanti delle Istituzioni nazionali e locali, ai Sindaci, ai presidenti dei Parchi Nazionali e Regionali, affinché appoggino un’iniziativa speciale volta a proteggere la salute dei cittadini e a salvaguardare l’ambiente. Si tratta di vietare il fumo nelle più importanti aree verdi cittadine e nazionali, in modo che chiunque voglia andare al parco o ai giardini possa respirare aria pulita in totale libertà.

Isabel Novo List
30 maggio 2013

Obesità: un batterio potrebbe combatterla

obesitàGrazie ad uno studio condotto da un gruppo di ricercatori delle Università di Helsinki, Wageningen e Lovanio (rispettivamente in Finlandia, Paesi Bassi e Belgio), è stato scoperto il batterio in grado di contrastare e combattere i problemi metabolici legati all’obesità.

Si tratta dell’Akkermansia muciniphilia, vive nell’intestino, all’interno dello strato di muco che lo riveste, e la sua funzione è quella di degradare le mucine, le glicoproteina present nei secreti mucosi del tratto respiratorio e gastro-intestinale.

Dalla analisi effettuate dall’equipe è emerso che questo batterio è presente sia nell’uomo che nei topi in quantità inversamente proporzionali al loro peso. Più il peso è basso, più l’ Akkermansia muciniphilia è abbondante, com’è stato confermato dai test effettuati sul ratti obesi o affetti dal diabete del tipo 2.

La somministrazione di un trattamento a base di questo batterio agli animali in sovrappeso non solo contrasta la riduzione dello strato di muco, ma aumenta anche i livelli intestinali degli endocannabinoidi, le molecole che controllano l’infiammazione, la sensibilità all’insulina e il metabolismo dei grassi e dell’energia. Con questo procedimento, infatti, è possibile contrastare i disturbi metabolici indotti da un’alimentazione ricca di grassi.

Inoltre, una dieta ricca di prebiotici, ovvero quelle sostanze che stimolano la crescita dei cosiddetti “batteri amici della salute”, aiuta a normalizzare i livelli del batterio, ed è proprio per questo che, secondo gli scienziati, questi risultati forniscono la base di partenza per lo sviluppo di un trattamento che utilizzi questo colonizzatore del muco umano per la prevenzione o il trattamento dell’obesità e dei disturbi metabolici ad essa associati”.

Isabel Novo List
17 maggio 2013

Alopecia: la nuova cura utilizza il sangue del paziente

calvizieNuova cura contro l’alopecia, la malattia autoimmune che porta alla calvizie. Il merito va ad un gruppo di ricercatori italiani guidati da Fabio Rinaldi, dermatologo presso l’International Hair Research Foundation (IHRF) di Milano, con la collaborazione dell’Università di Brescia e dell’Hebrew University Medical Center di Gerusalemme.

Si tratta di iniezioni di plasma arricchito con piastrine, tecnica che usa il sangue prelevato dal paziente. Per questo, lo studio, pubblicato sul British Journal of Dermatology, è stato immediatamente ribattezzato “cura del vampiro”.

La tecnica, già utilizzata in odontoiatria, nella cura di elcere croniche e in alcune procedure cosmetiche mirate al ringiovanimento della pelle del volto, è stata sperimentata su 45 pazienti affetti da alopecia areata. Il plasma, una volta prelevato direttamente da ciascun paziente, è poi stato iniettato con le piastrine, in metà della testa. Questo perché, come ha spiegato Rinaldi: “Si voleva dimostrare che i capelli ricrescono solo lì dove iniettiamo il plasma”.

I trattamenti, 3 totali, sono stati fatti a distanza di un mese l’uno dall’altro, e per un anno intero il team di studiosi ha tenuto sotto controllo questi volontari, monitorandone la ricrescita dei capelli e la loro degenerazione. Il risultato ottenuto ha chiaramente dimostrato come questa nuova tecnica è decisamente meglio di quella del placebo e del triamcinolone acetonide, un cortisonico utilizzato nel trattamento di diversi alla pelle, in quanto vi è un maggior aumento della ricrescita dei capelli e una riduzione  della degenerazione del capello.

Come sottolineato da Rinaldi, infatti: “Questo studio pilota suggerisce che il plasma arricchito di piastrine potrebbe essere un’opzione per un trattamento efficace dell’alopecia areata. Il cortisone è efficace nel 30% circa dei casi e dà diversi effetti collaterali, questo trattamento ha un successo del 64% circa”. 

Inoltre, vi è anche un vantaggio sia di prezzo che di tempistiche: un trattamento completo, che prevede una terapia di 5-6 mesi, può costare tra i 1.500 e i 2.000 euro, e ogni seduta non richiede più di 40-45 minuti l’una.

Isabel Novo List
9 maggio 2013

Malattie sessuali: al primo posto l’infezione da Chlamydia trachomatis

Chlamydia trachomatis
Inclusioni di Chlamydia trachomatis in coltura cellulare (color marrone) – Wikimedia

L’infezione da Chlamydia trachomatis (Ct), un batterio che si trasmette sessualmente alle donne, è al primo posto nell’elenco delle malattie che si possono prendere non facendo sesso sicuro.

La maggior parte del target colpito ha tra i 15 e i 25 anni, età in cui i giovani pensano a tutt’altro che ad ad avere rapporti protetti, e proprio per questo è fondamentale iniziare una campagna di sensibilizzazione per introdurre in modo approfondito la questione delle Malattie Sessualmente Trasmesse.

Come infatti sostenuto da Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, al giorno d’oggi questo è un argomento di cui si deve poter parlare tranquillamente, perché sono davvero poche le persone che conoscono le malattie infettive causate da batteri, virus, funghi o parassiti.

Ogni anno ci sono 54 milioni di nuovi casi, e l’allarme arriva dalla Gran Bretagna, in cui un recente studio ha dimostrato come siano sempre di più le donne le più vulnerabili all’infezione da Ct rispetto agli uomini. Questo perché la malattia nella donna è molto spesso asintomatica e perché l’apparato genitale femminile è più esteso di quello maschile.

L’infezione può facilmente trasformarsi in un problema serio nel momento in cui a donna inizia a pensare di avere un figlio: tra le complicanze da Ct, infatti, ci sono anche la malattia infiammatoria pelvica (Mip) e, purtroppo, l’infertilità.

Per quanto riguarda l’Italia, dai risultati raccolti sulle infezioni sessualmente trasmesse (Ist), che sono emersi durante alcuni laboratori di microbiologia, sembra che la Ct costituisca il 2,3% delle malattie sessuali contratte. Il 36%, ovvero più di un terzo, è costituito da donne che non presentavano sintomi genito-urinari al momento del prelievo del campione, percentuale che sale fino al 56% tra le donne in stato di gravidanza.

Isabel Novo List
26 aprile 2013

L’estratto di mela per combattere il cancro al colon

meleIl cancro al colon, la seconda causa di morte per le donne e la terza per gli uomini di tutto il mondo, è un cancro talmente resistente che non può essere curato con i tradizionali farmaci chemio.

Ma niente paura: dalla Cina arriva una notizia a dir poco piacevole, quasi una sorpresa di Pasqua, viste le festività di questi giorni.

I ricercatori cinesi dell’Università Jiaotong di Xi’an, situata nell’omonima antica capitale del Paese, hanno condotto un interessante studio sulle mele come rimedio naturale per sconfiggere quello che sembra uno dei tumori più gravi da sconfiggere. La mela, infatti, non solo è il frutto più consumato in molti Paesi, ma è risultato un ottimo alleato per combattere altri tipi di tumori, tra cui, ad esempio, quello ovarico, quello al seno, quello al fegato e quello ai polmoni.

In particolare, l’equipe ha preso in considerazione gli oligosaccaridi, osservando come questi, oltre ad essere privi di effetti collaterali, sono riusciti ad uccidere un numero di cellule tumorali maggiori rispetto all’azione dei fermaci chemio.

Gli oligosaccaridi, sperimentati su alcune cellule di cancro al colon in vitro, sono riusciti a distruggerne fino al 46%, in base ovviamente alla concentrazione usata: ad esempio, con soli 0,9 microgrammi per mL, dopo 36 ore il 17,6% è stato completamente distrutto. Una percentuale alta, se si considera che, 1,3 microgrammi per mL di farmaci chemio sono riusciti a distruggere solo il 10,9% delle cellule.

Isabel Novo List
2 aprile 2013