I neuroni specchio nella schizofrenia: compromessi i confini tra il sé e l’altro

neuroni-specchio-nella-schizofreniaOgni nuova scoperta, specie se di grande portata, conduce sempre ad una nuova considerazione delle vecchie conoscenze, si guardano cioè con occhi e strumenti diversi fenomeni conosciuti e interpretati per altre vie, integrando il vecchio e il nuovo, e aprendo la strada sì a nuove spiegazioni, ma anche a nuovi interrogativi.

Così sta accadendo anche per i neuroni specchio, una delle scoperte più importanti degli ultimi due decenni per le neuroscienze, tanto da portare Vilayanur S. Ramachandran, un importante neurologo indiano, ad affermare che i neuroni specchio saranno per la psicologia, ciò che il Dna è stato per la biologia.

I neuroni specchio sono un sistema di neuroni che si attiva nel cervello, e in particolare nella zona premotoria e nella corteccia parietale, nel momento in cui si compie una determinata azione motoria (ad esempio mangiare una mela) e anche, ed è questa la cosa estremamente interessante, quando qualcuno altro, di esterno a noi, compie la stessa azione – mangiare una mela.

I neuroni specchio sono perciò stati considerati il dispositivo cerebrale in grado di mediare tra noi e gli altri, provvedendo alla comprensione delle azioni altrui e avviando gli attuali studi sull’interazione e tra lo sviluppo della comprensione intersoggettiva tra gli individui.

Il gruppo di ricerca capeggiato da Antonio Gallese dell’Università di Parma, che già aveva scoperto i neuroni specchio nel 1991, ha cominciato una lunga fase di ricerca sul loro ruolo funzionale negli organismi che li presentano (alcuni tipi di uccelli, alcuni mammiferi, primati e uomo), cercando di indagare anche il loro ruolo in patologie psichiche, quali la schizofrenia e l’autismo.

Uno degli ultimi studi, pubblicato su Social Cognitive and Affective Neurosciences, ha fornito risultati proprio su tali questioni, andando a vagliare le risposte a compiti motori di individui affetti da schizofrenia.

I ricercatori hanno così provato che i soggetti schizofrenici hanno un’attivazione dei neuroni mirror (nome inglese per definire i neuroni specchio) differente rispetto a quella di soggetti che non presentano tale malattia: l’insula posteriore del telencefalo e la corteccia premotoria si attivano in maniera opposta in risposta all’osservazione di esperienze tattili nell’altro.

Il professor Gallese così commenta la scoperta: “la schizofrenia si caratterizza per un problema di confine del sé corporeo e qui forniamo una chiave di lettura, mettendo in evidenza le basi neurali del problema chiave: non essere in grado di tracciare confini netti fra il sé e l’altro”.

Massimo di Giannantonio, professore ordinario di Psichiatria presso la stessa Università, aggiunge: “Buber e Levinas ricordano che le relazioni con gli altri sono il fulcro del nostro esistere e se nella relazione ci troviamo ad essere incapaci di distinguere le nostre esperienze da quelle degli altri rischiamo il crollo psicotico. Minkowski chiamava ‘trouble générateur’ il disturbo originale generatore della psicosi ed in particolare, riferendosi alla disabilità socio-relazionale dei malati, ne rilevava innanzitutto la perdita del contatto vitale con la realtà’”.

Antonella Tramacere

È possibile ricordare meglio e vivere più felici con i funghi allucinogeni?

Taumazein era la parola usata nell’antica grecia per indicare lo stupore. Esperienza importantissima secondo alcuni pensatori, perchè proprio da essa prendeva vita la pulsione e la ricerca della  verità  che ha dato avvio alla filosofia, intesa in questo caso nella sua accezione orginale e letterale di amore per la conoscenza.

Il valore positivo dello stupore genuino nei confronti dei fenomeni della natura è stato spesso sostenuto, non solo nella culla della cività occidentale, ma anche in altre etnie (ad esempio i Maya, gli Inca, gli Aztechi, molte popolazioni asiatiche, gli sciamani tutti e alcune popolazioni dell’attuale Messico), per cui anche attraverso riti e assunzioni di sostanze psicoattive, si poteva raggiungere lo stato di benessere correlato all’intuizione di una verità superiore

Questa posizione sembra oggi ritornare alla ribalta con gli studi di un gruppo di ricercatori inglesi sugli effetti della psiloocibina, la sostanza psicoattiva presente nei funghi allucinogeni, appartenenti alla famiglia delle Strophariaceae.

I consumatori dei funghetti magici, abituali o meno, informati o meno dei segreti svelati da testi cult sull’argomento, come Le porte della percezione di Aldous Huxley, lo hanno sempre saputo e sostenuto: la psilocibina è in grado di portare ad uno stato di soddisfazione di sè, di felicità e apprezzamento per il mondo circostante e di consapevolezza del proprio ruolo all’interno della natura, tali da lasciare un segno positivo per il resto dell’esistenza.

Certo il rischio di bad trip, letteralmente di viaggio cattivo, paranoico e spaventoso è sempre in agguato, ma i consumatori di funghetti o del corrispondente sintetico Lsd, non se ne sono mai preoccupati, affermando che in tutto c’è un possibile risvolto negativo o un pericolo, l’importante è non averne timore e non esagerarne le conseguenze.

Comunque, gli autori dello studio si sono concentrati sugli effetti ansiolitici e antidepressivi della psilocibina, che hanno confermato una disattivazione di centri nervosi deputati al controllo del Default Mode Network, il dispositivo di connessione tra diverse aree cerebrali che si occupa di dirci chi siamo e che tipo di approccio abbiamo alla realtà, per capirci, quali sono i nostri valori, le ambizioni, il modo di provare emozioni, etc.

Non è però solo sugli effetti antidepressivi di tale sostanza che i ricercatori hanno indagato, anche perchè gli studi in questo senso sono ormai confermati da diverse equipe di studiosi, sebbene a causa dei pregiudizi legati all’approccio proibizionista ed economicamente ambiguo (per ciò che riguarda gli interessi delle multinazionali farmaceutiche) dei governi europei, le terapie contenenti i principi dei funghi allucinogeni non siano disponibili ai pazienti affetti da disturbi depressivi.

La novità sembra riguardare il fatto che la psilocibina abbia un effetto opposto a quello che si pensava in precendenza, cioè invece di aumentare l’attività cerebrale, la riduce, aiutando lo storaggio delle informazioni e avendo quindi positivi riscontri sulle attività mnemoniche del cervello.

Che i funghi allucinogeni siano un possibile ausilo per la memoria sembra proprio un fatto sconcertante, forse anche per gli hippie che di queste piante ne hanno sempre cantato le lodi, ma i ricercatori dell’Imperial College di Londra non hanno dubbi e anzi, il coordinatore dello studio David Nutt ha affermato “quando si ottiene esattamente l’opposto di quello che si prevedeva, sai che è un risultato giusto, perché non c’è parzialità”.

Molti scienziati nutrono diversi dubbi su quest’ultimo punto e certamente ci sarà modo di verificarne la plausibilità.

Quello che però vogliono sottlineare i ricercatori di questo studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences e sul British Journal of Psychiatry, è che l’elevata capacità terapeutica della psilocibina potrebbe essere efficacemente utilizzata per, seguendo la suggestiva metafora di Nutt, aprire la porta davanti al paziente e fargli comprendere che non c’è soltanto un modo di essere.

Antonella Tramacere

Concordia: come si sta affrontando il rischio di disastro ambientale

Concordia e distratro ambientale, possibili danni da parte del petrolio ecosistemi in pericolo
Costa Crociere Concordia: rischio di disastro ambientale da parte di 2 mila e 400 tonnellate di carburante.

C’è un lato positivo in tutte le cose e questo vale anche per le tragedie peggiori, anche per quelle in cui sono coinvolti feriti, dispersi e morti e in cui, non meno importante, si attenta alla salute dell’ambiente naturale.

L’altro lato della medaglia si può scorgere quindi anche nel caso della Costa Crociere Concordia, che come ormai tutti sanno si è imbattuta più di dieci giorni fa su un scoglio in prossimità della costa toscana.

Sì, perché oltre alla inefficienza di qualcuno che, ad ascoltarlo nelle registrazioni intercettate, tutto rammenta tranne che un uomo che rispetta il codice d’onore della marina; oltre alle inutili morti di una ventina di passeggeri; oltre alla sofferenza di parenti e persone incredule e arrabbiate; oltre infine al rischio di disastro ambientale che minaccia i nostri mari con 2 mila e 400 tonnellate di carburante, un lato positivo si può trovare nell’attenzione e nella premura maggiore delle autorità nell’imporre un maggior rispetto di semplici regole per la salvaguardia, non solo delle persone, ma anche degli ecosistemi marini.

Dovevamo attendere una tragedia di queste dimensioni per comprendere quanto sia importante il rispetto di regole e regolamenti? Sicuramente no, ma assistere ad alcune scene, immedesimarsi nel dolore di qualcuno, temere che sarebbe potuto succedere anche a noi o temere un mare nero di petrolio, è un insegnamento memorabile. O almeno, ci consoliamo sperando questo.

Il parere di esperti, come fisici, scienziati ambientali, biologi, in queste occasioni è maggiormente richiesto ed ascoltato: la comunità scientifica preme in direzione di nuove leggi che tutelino e salvaguardino le coste italiane e il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini sembra accogliere la proposta e proporre in Parlamento nuove normative sul traffico marittimo.

Un punto importante e ancora irrisolto rimane però quello del rischio ambientale. Le condizioni climatiche potrebbero cambiare e le procedure di prelievo del carburante potrebbero andare incontro a imprevisti, in quanto tra l’altro non si ha ancora un’idea precisa sull’effettiva utilizzabilità del tappo per prelevare il composto dalla nave oppure sulla possibilità di fare un foro nella lamiera.

L’impresa olandese Smith inizierà le procedure di prelievo entro sabato e dobbiamo veramente pregare che vada tutto bene, perché il carburante presente all’interno della Concordia è del tipo Ifo 380: la sigla si riferisce alla viscosità del composto, che ha la densità del miele ed è particolarmente pericoloso per l’ecosistema marino. Esso si deposita pesantemente sui fondali e ne distrugge la potenzialità riproduttiva avendo inoltre tempi di degradazione molto più lunghi di altri tipi di petroli.

Per questo il Cnr, all’interno di un progetto europeo avviato già nel 2009 e chiamato ARGOMARINE (Automatic Oil Spill Recognition and Geopositioning integrated in a Marine Information System) che normalmente si occupa del monitoraggio del traffico marittimo e del suo impatto sui mari e sulle coste, oltre a formulare proposte per meglio gestire il via vai quotidiano di mezzi ingombranti e inquinanti, ha avviato un laboratorio di studio straordinario, come ausilio ai lavori di recupero del carburante. Argomarine ha effettuato una simulazione virtuale che prevede che tutto il liquido debba fuoriuscire dalla nave, sfruttando moto ondoso e vento, ad una velocità di 0,014 m3/s, nel corso di due giorni.

Il margine di errore della simulazione è del 15%, non proprio bassissimo.

Antonella Tramacere

La longevità è scritta nei telomeri dei cromosomi: lo dice il Talete di Stefano Benni

Longevità è scritta nei telomeri dei cromosi
Festival delle Scienze 2012.

Talete  Fuschini, ruvido personaggio del romanzo Elianto di Stefano Benni, parlava a dei medici intorno alla divinità e alla vita umana e affermava: “Io credo che la morte di una persona non dipenda da una malattia o morbo che dir si voglia. Le malattie sono, diciamo così, dei trucchi con cui il Supremo Manovratore dissimula il vecchio meccanismo della vita e della morte, e cioè il Bonus Vitale Individuale. Se mi consentite, esimi paracolleghi, vi esporrò la “teoria del bonus” abbozzata da Cornelis Noon nella sua Terza Fase Manicomiale e da me sviluppata e perfezionata. Codesta teoria sostiene che a ogni essere vivente prima della nascita viene assegnato un bonus di attività vitali, che lo accompagnerà nel suo cammino terreno.”

(Tratto da Elianto, di Stefano Benni)

In sostanza, il Talete di Benni sostiene che Dio ha un disegno per tutti gli uomini e lo cela, lo tiene ben nascosto, perché all’uomo comune sarebbe insopportabile il pensiero che il suo destino sia già scritto. Dio ha già deciso per ogni uomo quante sigarette possano essere fumate, quante volte si sia destinati a fare l’amore, quanti bicchieri di vino si berranno e quante volte si possa dire “insomma”. Uno muore quando fuma la sua ultima sigaretta concessa dal buon Dio e tutti gli altri dicono: ecco! è morto perché fumava.
E quando uno dei medici del romanzo rispondeva: “allora non ha alcun senso curare le malattie?” Talete rimbeccava “certo che ce l’ha! Il senso è la solidarietà e servirà ad ogni uomo a condurre una vita buona”

Anche attraverso questo estratto del suo romanzo, questa sorta di parabola, Stefano Benni all’Auditorium Parco della Musica ha condotto ieri, 19 Gennaio, il suo reading musicale, forse ignaro, o forse no, del fatto che in questi giorni è stata pubblicata una notizia, relativa alla longevità, da un gruppo di ricercatori del College of Medical, Veterinary and Life Sciences dell’Università di Glasgow e dal College of Life and Environmental Sciences dell’Università di Exeter.

I risultati di questi studi sembrano testimoniare una forte correlazione tra la lunghezza dei telomeri dei cromosomi (le unità di cui sono composte le sequenze di Dna degli esseri viventi) e la lunghezza della vita dell’individuo che ne è portatore. La misurazione delle parti terminali dei cromosomi, i telomeri appunto, sembra infatti rivelarsi un fattore altamente predittivo dell’aspettativa di vita dell’organismo e il loro logoramento procede in concomitanza con la progressiva degradazione del corpo organico. Gli esperimenti, serviti a corroborare ricerche precedenti e non conclusive (il problema era infatti quello di trovare dei metodi che facilitassero l’osservazione del patrimonio genetico di individui per tutto il corso della loro vita) sono stati condotti su 99 esemplari di diamante mandarino, uccelli appartenenti alla famiglia degli Estrildidi, che vivono al massimo nove anni: già nei 25 giorni successivi alla nascita gli uccelli con i telomeri più lunghi si dimostravano in seguito vivere di più.

Una riflessione per concludere, considerando che abbiamo introdotto la notizia con la storia di Benni: potrebbe sembrare che Dio abbia davvero fissato la lunghezza della nostra vita nei nostri geni e che il nostro destino sia già scritto.
Dna e Dio, però, non coincidono, come invece vorrebbero i fautori di un approccio sostanzialmente riduzionista e genocentrico alla vita.
La vita è ancora nelle nostre mani, almeno in buona parte, in quanto il logoramento dei telomeri e in generale del nostro corpo dipende anche dall’ambiente e da come ogni individuo lo affronta.

Antonella Tramacere

Festival delle Scienze 2012: Il tempo con Vetturi, Benni e Markosian

Festival delle scienze 2012: Il tempo
Si terrà a Roma il 19 ed il 20 gennaio il Festival delle Scienze 2012.

Ogni cosa a suo tempo o meglio, in questo caso, ogni cosa ha il suo tempo.

Così è anche per le scienze naturali, perché se per la matematica il tempo è un concetto rischioso e controverso (una contraddizione in termini se si guarda ai famosi paradossi di Zenone per i quali il Pelide Achille, il piè veloce, è stato superato in corsa da una tartaruga), per la fisica è una vera e propria grandezza, oggetto di studi, di rompicapo e affascinanti esperimenti. Almeno in apparenza, è la biologia ad avere con il tempo un rapporto più rilassato, considerandolo come condizione dello sviluppo, dell’evoluzione e come principio perenne di cambiamento.

A questo concetto pluri-significante e, come dire, multi verso, è dedicato il Festival delle Scienze 2012 di Roma all’Auditorium Parco della Musica, che si svolgerà tra il 19 e il 20 Gennaio, nelle sale Sinopoli e Petrassi. Il programma offre una serie di appuntamenti mirati proprio a far emergere i molteplici sensi di tale concetto, da quelli delle scienze classiche alle tecnologie contemporanee, dalla musica, alle arti figurative, alle installazioni video.

Stefano Benni, il celebre scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano, terrà ad esempio un reading musicale toccando il segreto del saggio cinese, due tragedie con orologio, il tempo variabile delle lettere d’amore, accompagnati dal jazzistico e “instabile” pianoforte di Umberto Petrin.

Le Lectio Magistralis di Jean Pierre Luminet, fisico di professione, e di Ned Markosian, metafisico di professione, illustreranno il tempo esponendo i risultati dei più grandi nomi della ricerca nazionale e internazionale. Il primo introdurrà i tempi delle fisiche, meccanica e relativistica, classica e quantistica, mettendo in luce i paradossi logici che impediscono la riunificazione dei diversi paradigmi, cioè dei diversi modi di concepire il tempo e la realtà che ci circonda; il secondo invece si diletterà con la spiegazione dei viaggi temporali alla Ritorno al futuro, esponendone i più recenti tentativi di soluzione e le reali caratteristiche di questa pratica, che sembra ormai essere una  possibilità realizzabile. Al dibattito saranno presenti soggetti sopravvissuti al trasferimento spazio-temporale nel futuro, pronti e lucidi a raccontare la loro esperienza agli spettatori della Sala Petrassi.

Con lo Startometro e le Installazioni Audio Video poi, il festival offrirà opere in grado di interagire con gli spettatori, coinvolgendoli nello spettacolo e permettendo loro di meglio comprendere i misteri di questa sorta di divinità invisibile all’interno della quale siamo tutti più o meno consapevolmente immersi.

Antonella Tramacere