La longevità è scritta nei telomeri dei cromosomi: lo dice il Talete di Stefano Benni
- Antonella Tramacere
- 21 Gennaio 2012
- News, News & Eventi
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Talete Fuschini, ruvido personaggio del romanzo Elianto di Stefano Benni, parlava a dei medici intorno alla divinità e alla vita umana e affermava: “Io credo che la morte di una persona non dipenda da una malattia o morbo che dir si voglia. Le malattie sono, diciamo così, dei trucchi con cui il Supremo Manovratore dissimula il vecchio meccanismo della vita e della morte, e cioè il Bonus Vitale Individuale. Se mi consentite, esimi paracolleghi, vi esporrò la “teoria del bonus” abbozzata da Cornelis Noon nella sua Terza Fase Manicomiale e da me sviluppata e perfezionata. Codesta teoria sostiene che a ogni essere vivente prima della nascita viene assegnato un bonus di attività vitali, che lo accompagnerà nel suo cammino terreno.”
(Tratto da Elianto, di Stefano Benni)
In sostanza, il Talete di Benni sostiene che Dio ha un disegno per tutti gli uomini e lo cela, lo tiene ben nascosto, perché all’uomo comune sarebbe insopportabile il pensiero che il suo destino sia già scritto. Dio ha già deciso per ogni uomo quante sigarette possano essere fumate, quante volte si sia destinati a fare l’amore, quanti bicchieri di vino si berranno e quante volte si possa dire “insomma”. Uno muore quando fuma la sua ultima sigaretta concessa dal buon Dio e tutti gli altri dicono: ecco! è morto perché fumava.
E quando uno dei medici del romanzo rispondeva: “allora non ha alcun senso curare le malattie?” Talete rimbeccava “certo che ce l’ha! Il senso è la solidarietà e servirà ad ogni uomo a condurre una vita buona”
Anche attraverso questo estratto del suo romanzo, questa sorta di parabola, Stefano Benni all’Auditorium Parco della Musica ha condotto ieri, 19 Gennaio, il suo reading musicale, forse ignaro, o forse no, del fatto che in questi giorni è stata pubblicata una notizia, relativa alla longevità, da un gruppo di ricercatori del College of Medical, Veterinary and Life Sciences dell’Università di Glasgow e dal College of Life and Environmental Sciences dell’Università di Exeter.
I risultati di questi studi sembrano testimoniare una forte correlazione tra la lunghezza dei telomeri dei cromosomi (le unità di cui sono composte le sequenze di Dna degli esseri viventi) e la lunghezza della vita dell’individuo che ne è portatore. La misurazione delle parti terminali dei cromosomi, i telomeri appunto, sembra infatti rivelarsi un fattore altamente predittivo dell’aspettativa di vita dell’organismo e il loro logoramento procede in concomitanza con la progressiva degradazione del corpo organico. Gli esperimenti, serviti a corroborare ricerche precedenti e non conclusive (il problema era infatti quello di trovare dei metodi che facilitassero l’osservazione del patrimonio genetico di individui per tutto il corso della loro vita) sono stati condotti su 99 esemplari di diamante mandarino, uccelli appartenenti alla famiglia degli Estrildidi, che vivono al massimo nove anni: già nei 25 giorni successivi alla nascita gli uccelli con i telomeri più lunghi si dimostravano in seguito vivere di più.
Una riflessione per concludere, considerando che abbiamo introdotto la notizia con la storia di Benni: potrebbe sembrare che Dio abbia davvero fissato la lunghezza della nostra vita nei nostri geni e che il nostro destino sia già scritto.
Dna e Dio, però, non coincidono, come invece vorrebbero i fautori di un approccio sostanzialmente riduzionista e genocentrico alla vita.
La vita è ancora nelle nostre mani, almeno in buona parte, in quanto il logoramento dei telomeri e in generale del nostro corpo dipende anche dall’ambiente e da come ogni individuo lo affronta.
Antonella Tramacere