Scioglimento dei ghiacci: il collegamento fra mari e interno terrestre
- Leonardo Debbia
- 28 Maggio 2013
- Ambiente, Ambiente & Natura
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Per decenni gli scienziati hanno utilizzato l’osservazione dell’andamento di antiche linee di costa per prevedere la stabilità delle più grandi calotte di ghiaccio che ricoprono oggi la Groenlandia e l’Antartide.
Ad esempio, i segni di una linea costiera lasciati in posizione elevata sull’attuale livello del mare e databili a tre milioni di anni fa, quando la Terra stava attraversando un periodo caldo, sono stati ritenuti la prova di un antico innalzamento del livello marino compatibile con una fusione della calotta di ghiaccio dell’epoca.
Questa ipotesi ha portato molti scienziati a concludere che se grandi calotte di ghiaccio si sono scongelate nel passato, la stessa cosa potrebbe verificarsi anche oggi, considerato il progressivo riscaldamento della Terra.
Ora, però, uno studio innovativo va contrastando questa linea di pensiero.
Utilizzando la costa orientale degli Stati Uniti come laboratorio, un gruppo di ricerca, guidato dal professor David Rowley, del Dipartimento di Scienze Geofisiche della Chicago University, ha scoperto che le correnti calde del mantello terrestre hanno sospinto per milioni di anni segmenti di antiche linee di costa, facendole apparire oggi più elevate di quanto lo siano state in realtà milioni di anni fa.
“I risultati ottenuti suggeriscono che i calcoli fatti dagli scienziati sui collegamenti tra l’altezza delle antiche linee di costa e il volume del ghiaccio erano sbagliati e che forse le calotte di ghiaccio del passato erano più stabili di quanto finora ritenuto”, afferma Rowley. “Il nostro studio dimostra agli studiosi che non si possono più ignorare gli effetti delle dinamiche interne della Terra quando si fanno ricostruzioni di antichi livelli marini e delle passate estensioni delle masse di ghiaccio”.
Lo studio, pubblicato a metà maggio sulla rivista on line Science, è frutto della collaborazione tra gli scienziati Alessandro Forte, dell’Université du Québec di Montreal, Jerry Mitrovica, di Harvard, e il ricercatore Rob Moucha, di Syracuse.
“Questo studio è il risultato di anni di lavoro e di stretta collaborazione tra i ricercatori del programma del CIFAR “Earth System Evolution”, spiega Rowley. “A questo studio ognuno di noi ha contribuito per i vari settori con la propria esperienza personale: Rob e Alex hanno lavorato alle simulazioni sulle dinamiche del mantello terrestre; Jerry ha provveduto a calcolare quanta massa ghiacciata coprisse la superficie terrestre ed io, per parte mia, ho messo a punto le conoscenze acquisite sulla geologia del paesaggio che stavamo osservando. Questo lavoro non sarebbe stato possibile se non fosse esistito il CIFAR”.
Il CIFAR (acronimo di Canadian Institute for Advanced Research) è un Istituto di ricerca multidisciplinare privato “no profit” fondato nel 1982, che coinvolge 400 ricercatori e riceve fondi, sia privati (da donazioni, corporazioni, singoli individui) che pubblici (dal Governo Canadese, dalle Province di Alberta, British Columbia e Ontario).
Il team ha studiato le coste dalla Virginia alla Florida, dove è visibile un’antica scarpata situata decine di metri sopra l’attuale livello del mare. Fino ad oggi molti gruppi di ricerca avevano esaminato questo litorale e avevano concluso che circa tre milioni di anni fa, nel corso di un periodo caldo, la Groenlandia, l’Antartide occidentale e una porzione di calotta di ghiaccio dell’Antartide orientale dovettero fondersi, provocando un innalzamento di 35 metri del livello del mare.
Ma le nuove scoperte di Rowley e del suo team mostrano che queste calotte di ghiaccio, in particolare la East Antarctic Ice Sheet (la più grande al mondo), dovevano essere probabilmente più stabili di quanto si pensasse.
Per eseguire la ricerca, il team si è avvalso di simulazioni al computer per ricostruire le correnti del mantello e i movimenti della tettonica a placche verificatisi nel corso del tempo.
E’ stato così osservato quale era stato il probabile andamento dell’antica linea di costa nel corso di milioni di anni, confrontando e abbinando i risultati ottenuti con le osservazioni fatte sul terreno dai geologi durante la mappatura delle antiche coste.
Il prossimo passo sarà cercare di fare ricostruzioni accurate in altre località un po’ovunque nel mondo.
“Il lavoro svolto è importante perché mette in risalto come nessuna ricostruzione delle antiche masse di ghiaccio possa prescindere dalla dinamica dell’interno della Terra”, spiega Rowley. “Questo studio è anche un punto di incontro tra due discipline delle Scienze della Terra che raramente si incrociano: la dinamica del mantello e l’andamento del clima sul lungo termine. Si tratta di un nuovo metodo di lavoro che cambia il modo di indagare sul clima passato e ci consente di fare previsioni su quello che ci aspetta per il futuro”.
Leonardo Debbia
28 maggio 2013