Quanto cresce il livello degli oceani? La misura è ancora… in alto mare
- Leonardo Debbia
- 1 Dicembre 2012
- Ambiente, Ambiente & Natura
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E’ormai appurato e riconosciuto da tutti: il livello degli oceani si sta innalzando. Le cause di questo fenomeno sono molte, non tutte agiscono con modalità e ritmi uguali, non tutte sono condivise dalla Comunità scientifica internazionale, che si trova in disaccordo sulla effettiva entità del fenomeno.
I dati forniti dai satelliti dicono che l’innalzamento non è della stessa misura su tutto il globo terrestre, ma appare “disomogeneo”.
Due satelliti della NASA, in orbita dal 2003, chiamati Tom e Jerry come i personaggi dei famosi cartoni animati di Hanna e Barbera, hanno tracciato una mappa globale in cui vengono misurate le differenze di gravità su punti della Terra disposti in adeguata sequenza e distanti 180 miglia l’uno dall’altro.
I dati del progetto GRACE (acronimo di Gravity Recovery and Climate Experiment) della
NASA riferiti al periodo 2003-2009 davano un livello medio di innalzamento pari a 1 mm all’anno.
I risultati di questa indagine furono pubblicati sulla rivista scientifica Geophysical Research Letters.
L’innalzamento marino monitorato, però, non risultava, come già detto, “omogeneo”, di uguale misura ovunque. Alcune zone sono infatti più “sensibili” di altre, laddove l’oceano “cresce” maggiormente. L’Asia meridionale, la costa centro-occidentale dell’Africa e la costa sudamericana, in corrispondenza della foce del Rio delle Amazzoni sono solo alcune di queste.
Anche l’Agenzia Spaziale Europea, dopo uno studio di 18 anni, dal 1992 al 2010, concorda nel ritenere che l’innalzamento del livello marino non avvenga in modo uguale ovunque, ma subisca variazioni che vanno dai 3 mm annui sulle coste attorno alle Filippine fino ai 10 mm su quelle del Borneo, fornendo quindi una media un poco più alta delle osservazioni della NASA.
Il Mediterraneo, invece, secondo lo stesso studio europeo, si innalza più lentamente e in alcuni punti sarebbe addirittura in controtendenza, diminuendo di livello. E’ quanto accade, ad esempio, nello Ionio e sarebbe dovuto sia ad uno scarso apporto di acque atlantiche, il cui ingresso sarebbe ostacolato dalla soglia di Gibilterra, sia dalla condizione di bacino praticamente chiuso che favorisce l’evaporazione di una certa quantità d’acqua.
Nel 2007 l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), che non elabora i dati ma si limita a costruire modelli, aveva previsto un innalzamento degli oceani di 30-50 cm entro il 2100. Oggi, vista l’accelerazione del fenomeno, che pare sia del 60% più consistente di quanto ritenuto, e riveduti i modelli previsionali, gli scienziati dell’IPCC ritengono che questi valori siano da estendersi fino ad un metro e, qualora l’accelerazione permanesse, a superare questo valore nel prossimo secolo.
Lo sostiene Bill Hay, geologo dell’Università del Colorado, con una metafora che paragona il feedback dei ghiacci, il meccanismo cioè che si autoalimenta, ad una “pompa che porta acqua calda verso l’Artico”, per dirla, come lui, in parole povere.
L’innalzamento del livello dei mari pare però che non sia direttamente collegato con lo scioglimento del ghiaccio polare, come in genere si pensa. Se un iceberg si scioglie, l’acqua non aumenta di volume; possiamo verificarlo con un semplice esperimento: un cubetto di ghiaccio in un bicchiere d’acqua. Il ghiaccio è meno denso dell’acqua e occupa più volume. Quando il ghiaccio passa allo stato liquido le molecole vanno ad occupare meno spazio, per cui l’acqua nel bicchiere non aumenta.
Resta però il fatto che il livello dei mari su scala globale è in crescita, sia per il consistente e contemporaneo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia, dell’Artico e dei ghiacciai alpini e himalaiani, sia soprattutto per il riscaldamento degli oceani che provoca l’espansione delle masse d’acqua.
Ecco allora ritornare al punto focale, al fattore più importante, cioè il riscaldamento globale.
E’opportuno segnalare che tuttavia nel 2011 dai satelliti della NASA è stata registrata una diminuzione, se non addirittura un abbassamento di livello dei mari, contenuto mediamente in un solo centimetro.
Ricorrendo sempre ai dati del progetto GRACE, è stato pubblicato uno studio in cui si spiega che questo episodio è solo un effetto de La Nina che, dalla fine del 2010, ha spostato grandi masse d’acqua dall’Oceano Pacifico sui continenti, depositandoli particolarmente sull’Australia, il Sud-Est asiatico e il Sud-America.
I dati trasmessi dai due satelliti GRACE non sono stati comunque utilizzati esclusivamente in funzione dell’osservazione degli oceani. E’ stato anche rilevato che molte zone del pianeta risultano prosciugate per captazione di acqua ad opera di artefatti umani.
E questo introduce un altro fattore da tenere in considerazione: il fattore antropico, che non si limita alla sola captazione di acque ma interviene pesantemente con l’immissione, nei modi più svariati, di CO2 nell’atmosfera.
E qui il cerchio si chiude. La CO2 è il responsabile “principe” del riscaldamento globale, con l’ormai tanto discusso e descritto “effetto serra” che fa sì che le temperature medie del nostro pianeta siano in costante aumento.
Mentre stiamo scrivendo, a Doha, in Qatar, i rappresentanti di 119 Paesi sono riuniti nella annuale “Conferenza internazionale sul clima” e il contenimento nell’emissione di CO2 pare essere l’argomento più urgente all’ordine del giorno.
Anche perchè, se l’aumento di CO2 va ad aggiungersi ad altri fenomeni quali, uno per tutti, l’incremento della radiazione solare, si può meglio comprendere i differenti valori delle variazioni dei livelli degli oceani espressi dagli studiosi del clima, pur convenendo che il fenomeno è comunque un dato di fatto ormai acquisito.
Concludendo, di quanto effettivamente il mare possa crescere, non si è certi.
Del fatto che cresca, sicuramente sì.
Leonardo Debbia
1 dicembre 2012