Le Montagne Rocciose: originate da una placca oceanica prima sconosciuta

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Veduta delle Montagne Rocciose nello Stato di Alberta, Canada

Le catene montuose della Cordigliera del Nord America sono costituite da decine di blocchi crustali distinti. Un nuovo studio chiarisce le modalità dell’origine e individua una placca oceanica finora sconosciuta che avrebbe contribuito al loro consolidamento.

La vasta area ad elevata topografia che domina il tratto occidentale del Nord America è eccezionalmente ampia dal momento che si estende dalle coste pacifiche alle Montagne Rocciose, comprendendo gli altipiani racchiusi tra le due regioni.

In realtà questa catena montuosa non è una formazione unica ma è composta da decine di blocchi crustali di età e origini diverse che si sono saldati sul continente americano negli ultimi 200 milioni di anni.

“Come questi blocchi siano arrivati in Nord America è stato per lungo tempo un enigma”, dice la geofisica Karin Sigloch, della Ludwig-Maximilian Universitat di Monaco di Baviera (LMU), che ha esaminato a fondo la questione, in collaborazione con il geologo canadese Mitchell Mihaylinuk.

Schematizzazione dell’incontro della placca di Juan de Fuca con la placca nordamericana. E’ evidenziata l’immersione o subduzione della placca oceanica più densa sotto la più leggera placca continentale nordamericana
Schematizzazione dell’incontro della placca di Juan de Fuca con la placca nordamericana. E’ evidenziata l’immersione o subduzione della placca oceanica più densa sotto la più leggera placca continentale nordamericana.

Un modello importante per questo processo di accrescimento postula che una enorme placca oceanica – la placca chiamata Farallon – abbia agito come una sorta di nastro trasportatore che spazzò via verso Est i frammenti crustali che erano parte integrante del margine della placca americana, allorché la placca Farallon, più densa, scese in subduzione sotto la placca nordamericana.

Quella che oggi possiamo osservare è una modestissima placca, ribattezzata Juan de Fuca,

considerata una porzione residua dell’antica placca Farallon, subdotta nel Giurassico sotto la placca nordamericana. Di dimensioni relativamente piccole, è situata nell’Oceano Pacifico nordamericano tra la placca pacifica ad Ovest e la placca nordamericana ad Est. La subduzione non si è fermata e sta continuando da più di 30 milioni di anni. Le altre placche risultanti dalla frammentazione della placca Farallon sono quelle di Gorda e la Explorer, contigue con la Juan de Fuca, rispettivamente a nord e a sud.

Tuttavia lo scenario proposto è in contrasto con numerosi reperti geologici e non spiega perché lo stesso fenomeno non si osservi sulla costa occidentale del Sud America, un caso classico di subduzione della crosta oceanica sotto una placca continentale. La fonte precisa dei blocchi crustali stessi è rimasta enigmatica, anche se gli studi geologici suggeriscono che essi derivino da diversi gruppi di isole vulcaniche.

“Gli strati geologici nel Nord America sono stati molto deformati nel corso del tempo e sono estremamente difficili da interpretare, per cui questi risultati non hanno finora trovato un seguito adeguato”, afferma Sigloch.

Placche minori limitrofe alla grande placca nordamericana.

Sigloch e Mihaylinuk sono riusciti a mettere insieme il “loro” quadro completo del processo di accrescimento tenendo conto dei risultati geofisici ottenuti dalla tomografia sismica.

Questa tecnica permette di sondare la struttura geofisica dell’interno della Terra fino al mantello inferiore, analizzando le velocità di propagazione delle onde sismiche. Il metodo può ricostruire i resti di antiche placche tettoniche, anche a grandi profondità, e il fondale oceanico che andò in subduzione, che scomparve cioè dalla superficie e sprofondò nel mantello molto tempo addietro.

I nuovi studi ipotizzano che la placca Farallon fosse molto più piccola di quanto finora ritenuto e sia entrata in subduzione ad Ovest di quello che era allora il margine continentale del Nord America, dopo essere entrata in collisione con una placca oceanica rimasta finora sconosciuta.

Sigloch e Mihaylinuk sono stati in grado di localizzare in acque profonde le tracce di fossati che indicano i siti di subduzione delle placche oceaniche allorché queste si immersero nel mantello con una angolazione molto accentuata, scendendo in profondità quasi verticalmente.

Schematizzazione del modello di subduzione di crosta oceanica al di sotto di altra crosta oceanica
Schematizzazione del modello di subduzione di crosta oceanica al di sotto di altra crosta oceanica

“L’attività vulcanica, che di norma accompagna il processo di subduzione, avrà certamente generato una ingente quantità di nuovo materiale crustale che è poi emerso originando una serie di archi insulari lungo la linea dei fossati e che ha fornito il materiale per i blocchi crustali destinati alla formazione delle future Montagne Rocciose”, spiega Sigloch.

Si parla evidentemente della collisione tra due placche oceaniche, con tutto quello che comporta un evento del genere: formazione di archi insulari e vulcanesimo.

La prima a venire subdotta fu la placca oceanica rimasta finora sconosciuta, che può essere ancora individuata dai sismologi sotto l’attuale costa orientale del Nord America.

Solo allora il continente potè incontrare la placca Farallon.

Mentre questi eventi erano in corso, la placca americana stava avanzando costantemente verso Ovest, come testimoniato dall’alternanza della polarità magnetica del fondo marino nel Nord Atlantico.

Nel suo viaggio verso Ovest, il Nord America si sovrappose agli archi insulari, frantumandoli  uno dopo l’altro e quindi radunandoli e ricostituendoli per la formazione delle ampie montagne dell’Ovest.

Leonardo Debbia
15 maggio 2013