La persistente siccità che colpirà l’Europa entro la fine del secolo

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto

Mentre l’Europa è colpita da una tempesta dopo l’altra, una nuova ricerca ci presenta l’altra faccia della medaglia.

Entro la fine di questo secolo, l’Europa si troverà a dover affrontare siccità che dovrebbero essere più frequenti e intense, a causa dei cambiamenti climatici in atto e all’aumento dei consumi idrici.

Letto asciutto di un fiume nel nord dell’Inghilterra                                                 (credit: Catherine Moody)
Letto asciutto di un fiume nel nord dell’Inghilterra
(credit: Catherine Moody)

Questi sono i risultati cui sono giunti gli studiosi del Centro della Commissione europea di ricerca (CCR) e dell’Università di Kassel, in Germania, pubblicati su Hydrology and Earth System Sciences, la rivista della European Geosciences Union (EGU).

“La nostra ricerca dimostra che molti bacini fluviali, in particolare nelle regioni meridionali d’Europa, sono destinati ad avere un approvvigionamento idrico ridotto a causa dei cambiamenti climatici”, afferma Giovanni Forzieri, ricercatore nella gestione del rischio climatico presso il CCR e autore principale dello studio. “Una crescente domanda d’acqua a seguito di una popolazione in crescita e un uso intensivo di acqua per l’irrigazione e l’industria determineranno una riduzione ancora più marcata dei livelli dei fiumi”.

La siccità è una grave catastrofe naturale che implica impatti di notevole entità sulla società, l’ambiente e l’economia.

Nella sola Europa, durante gli ultimi tre decenni, il costo della siccità è ammontato a oltre 300 miliardi di Euro.

Con questo studio i ricercatori hanno inteso scoprire se e dove, in Europa, l’aumento delle temperature e il consumo intensivo di acqua avrebbero potuto aggravare e allungare la durata dei periodi di siccità in futuro.

E’ stato quindi analizzato il clima e i modelli idrologici sotto diversi scenari.

“Gli scenari da noi studiati sono descrizioni di possibili evoluzioni entro il 2100 della nostra società, usate per quantificare le future emissioni di gas a effetto serra e il consumo di acqua in diversi settori”, spiega Luc Feyen, idrologo presso il CCR e co-autore della ricerca.

I modelli climatici e di utilizzo dell’acqua traducono poi le concentrazioni di gas a effetto serra e fabbisogni d’acqua in proiezioni sul clima e sul consumo d’acqua in futuro.

Gli scienziati hanno impostato queste condizioni in un modello idrologico, che riproduce la distribuzione dei flussi d’acqua sulla Terra.

Utilizzando questo modello fino al 2100 per tutti i bacini idrografici d’Europa è stato valutato come le condizioni di siccità possano cambiare in grandezza e gravità per tutto il 21° secolo.

La ricerca ha mostrato che le regioni meridionali saranno le più colpite. I livelli dei corsi d’acqua e dei fiumi subiranno abbassamenti fino al 40 per cento e i periodi di carenza d’acqua potranno arrivare fino all’80 per cento a causa dei cambiamenti climatici soltanto per quanto riguarda penisola Iberica, Sud della Francia, Italia e Balcani.

Le temperature, che diverranno più elevate, previste in aumento fino a 3,4 °C entro il 2100, non avranno solo l’effetto di incrementare l’evaporazione da suolo, alberi e corsi d’acqua, ma porteranno a più frequenti e prolungati periodo di siccità, riducendo l’approvvigionamento idrico.

Il riscaldamento che riguarderà l’Europa potrebbe essere anche più intenso, specie nelle regioni meridionali.

“Nella Penisola Iberica, ad esempio, la temperatura media estiva dovrebbe salire di 5°C entro la fine di questo secolo”, afferma Feyen.

Al riscaldamento climatico potrebbe aggiungersi l’uso intensivo di acqua che aggraverebbe ulteriormente la siccità del 10-30 per cento, con la sola eccezione della parte nord-orientale (Scandinavia e Russia).

“I risultati di questa ricerca sottolineano l’urgenza di una gestione sostenibile delle risorse idriche in grado di adattarsi a questi potenziali cambiamenti nel sistema idrologico per ridurre al minimo gli impatti socio-economici e ambientali negativi”, conclude Forzieri.

Leonardo Debbia
18 gennaio 2013