Inquinamento da mercurio nell’Artico. E’ il ghiaccio che si scioglie.

Scritto da:
Leonardo Debbia
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inquinamento mercurio ghiaccio scioglieLa NASA, a mezzo dell’Agenzia Reuters, ha comunicato che uno studio appena concluso ha mostrato come la significativa diminuzione del ghiaccio artico degli ultimi dieci anni abbia accelerato una reazione chimica che porta alla formazione di mercurio tossico.

E’ stato osservato che lo spesso strato di ghiaccio artico, assottigliandosi, è divenuto più ricco in sale, rilasciando nell’atmosfera una certa quantità di bromo, presente nell’acqua di mare sotto forma di sali (bromuri).

Lo studio è stato condotto da un team di scienziati provenienti da Stati Uniti, Canada, Germania e Gran Bretagna, guidati da Son Nghiem, ricercatore NASA del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena.

Gli studiosi affermano che l’interazione tra bromo, luce solare e basse temperature innesca una reazione chimica che è stata definita “esplosione di bromo”.  Il bromo rilasciato rimuove l’ozono dalla troposfera, il livello più basso dell’atmosfera. Dalla reazione con l’ozono, si formano infatti un elevato numero di molecole di monossido di bromo che reagiscono poi con il mercurio gassoso presente nell’atmosfera. La conseguenza è duplice: diminuzione dei livelli di ozono e liberazione di un inquinante altamente tossico che va a ricadere sulla superficie terrestre e nell’acqua, contaminando anche i pesci. Queste alte concentrazioni di bromo nell’atmosfera erano state scoperte una ventina d’anni fa sull’Artico canadese, ma non se ne conoscevano le cause.

Nel 2008 gli scienziati associarono l’accrescimento di bromo atmosferico alla riduzione di mercurio e ozono. Il mercurio rilasciato nell’atmosfera in fase gassosa è di per sé innocuo, ma potenzialmente nocivo. Infatti, in presenza di bromo e sotto l’azione della luce solare, si ossida e si trasforma in monossido di mercurio, altamente inquinante e pericoloso per gli animali, uomo compreso. I suoi depositi danneggiano sistema nervoso centrale, cuore e apparato immunitario. Laura Sherman, del Department of Earth and Environmental Science dell’Università del Michigan, aveva già studiato il fenomento e nel febbraio del 2010 aveva pubblicato le proprie conclusioni sulla rivista Nature Geoscience.

“Gli esperimenti – aveva affermato la studiosa – hanno dimostrato che una porzione piuttosto significativa del mercurio depositato sulla neve ritorna nell’atmosfera e questo processo è anche una “impronta” che può aiutarci per studiarne l’andamento nel tempo”. Queste conclusioni sono state confermate dal team di Son Nghiem, che ha riferito i risultati ottenuti sul Journal of Geophysical Research-Atmospheres utilizzando i dati provenienti da 6 satelliti della NASA, della European Space Agency e della Canadian Space Agency. “Si pone molta attenzione al ritiro dei ghiacci estivi per sfruttare adeguatamente le risorse dell’Artico e per migliorare le rotte commerciali marittime” – dice Son Nghiem – “Ma il cambiamento della composizione del ghiaccio ha anche un impatto sull’ambiente”.

Verificato che le esplosioni di bromo erano avvenute negli strati inferiori dell’atmosfera, ne è stata collegata l’origine con l’aumento della salinità della superficie del mare in seguito alla fusione del ghiaccio.
“Cambiando le condizioni nell’Artico, con lo scioglimento dei ghiacci e l’aumento della salinità, le esplosioni di bromo potrebbero aumentare in futuro” – avverte Son Nghiem.
Lo scienziato sta ora conducendo una campagna titolata BROMEX (Bromine, Ozone and Mercury) che coinvolge 20 organizzazioni internazionali, con lo scopo di sensibilizzare comunità scientifica e opinione pubblica sulla questione, nonchè offrire nuove prospettive sulle esplosioni di bromo e sul loro impatto ambientale.

Leonardo Debbia