Importante calo di organismi sui fondali oceanici nel prossimo secolo
- Leonardo Debbia
- 6 Gennaio 2014
- Ambiente & Natura
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Un nuovo studio, condotto dal National Oceanography Centre, quantifica le future perdite di vita marina, utilizzando modelli climatici molto avanzati.
I risultati, pubblicati sulla rivista scientifica Global Change Biology, mostrano che anche gli ecosistemi di acque profonde più remote non sono affatto al sicuro dall’effetto dei cambiamenti climatici.
Un team internazionale di scienziati ha previsto che il fondo marino, attualmente pullulante di vita animale e vegetale, entro il prossimo secolo potrà subire diminuzioni fino al 38 per cento nel Nord Atlantico, mentre si aggirerà ‘soltanto’ su poco più del cinque per cento su scala globale.
Questo calo riguarderà anche gli organismi di superficie e il risultato generale si ripercuoterà inevitabilmente anche sui benefici che l’Umanità trae dal mare; uno per tutti, l’attività della pesca e l’industria ittica.
I cambiamenti nelle comunità marine dei fondali sono attesi anche se gli organismi vivono mediamente a 4000 metri sotto la superficie dell’oceano, dato che la loro fonte diretta di cibo, i resti della vita marina di superficie che vanno a depositarsi sul fondo diminuiranno a causa della scarsa disponibilità di nutrienti che si prevede.
Le forniture di nutrienti subiranno, infatti, i forti impatti climatici, quali il rallentamento della circolazione oceanica globale, la maggiore separazione tra le masse d’acqua – noto come ‘stratificazione’- e i climi che diventeranno più miti e piovosi.
“Ci aspettavamo variazioni negative in tutto il mondo ma la portata dei cambiamenti del Nord Atlantico ci hanno lasciati sconcertati” afferma Daniel Jones, ricercatore del National Oceanography Centre. “Globalmente, si parla di perdite di vita marina per un peso superiore a tutti gli abitanti del pianeta messi insieme”.
Non ovunque i cambiamenti avranno gli stessi effetti devastanti, ma la maggior parte delle aree sperimenteranno questo problema. Oltre l’80 per cento degli habitat-chiave individuati – barriere coralline, montagne e canyon sottomarini – subiranno perdite di biomasssa totale.
L’analisi prevede anche che gli animali marini avranno tendenzialmente minori dimensioni.
Animali più piccoli tendono ad usare l’energia in modo meno efficiente, incidendo così sui fondali di pesca e aggravando gli effetti dei cali complessivi del cibo disponibile.
Leonardo Debbia
6 gennaio 2013