Il global warming rimpicciolisce piante ed animali

Scritto da:
Elisabetta Carlin
Durata:
1 minuto

Piante ed animali in tutto il mondo stanno rispondendo all’innalzamento globale delle temperature attraverso un rimpicciolimento delle proprie dimensioni corporee.pecore scozzesi Questo è ciò che sostengono le ricerche svolte da Jennifer Sheridan dell’Università dell’Alabama e David Bickford della National University di Singapore (Nis). Tali cambiamenti  potrebbero avere un impatto importante anche sugli esseri umani che si cibano di questi organismi, sconvolgendo così l’intera catena alimentare e portando all’estinzione di alcune specie.

Dobbiamo considerare che negli ultimi 55 milioni di anni, alcuni organismi vegetali ed animali, si sono ridimensionati man mano che la Terra si riscaldava, con un aumento medio delle temperature dal 3 al 7%  mentre le precipitazioni diminuivano significativamente. La conseguenza di ciò è stata la perdita della biodiversità che è andata ad incidere sulle risorse alimentari. Si potrebbe pensare che questo sia un processo naturale ed inevitabile, invece a causa dei recenti cambiamenti climatici, tale fenomeno è più veloce rispetto al passato e impedisce a molti organismi di innescare le risposte più adeguate e rapide, necessarie alla loro sopravivenza.

Gli scienziati hanno analizzato le dimensioni medie della flora e della fauna, partendo dai resti fossili, ed hanno così rilevato che i frutti tendono a diminuire dal 3 al 17% per ogni grado Celsius in più. Invece invertebrati marini e salamandre riducono le proprie dimensioni corporee dallo 0,5 al 4% , mentre i pesci hanno perso fino al 22% delle dimensioni complessive. Proprio questa contrazione della taglia di crostacei e pesci, potrebbe influire negativamente sui regimi alimentari e sulla sussistenza economica di quasi un miliardo di persone che vivono soprattutto nelle aree più povere e rurali del mondo. Si prevede che le condizioni più calde e secche porteranno ad un aumento della siccità e alla riduzione delle dimensioni di alcune piante, mentre l’acidificazione degli oceani causerà gli stessi danni anche su alghe e plancton, che sono alla base della catena alimentare, generando scompensi molto gravi. A tal proposito, Bickford del Nis sottolinea che “la riduzione dei nutrienti, della disponibilità di cibo e di acqua avrà contrazioni negative sull’intero ecosistema”.

Un esempio evidente di questo fenomeno è la diminuzione della corporatura della pecora Soay (nella foto), una specie che vive nelle Highlands scozzesi e che è stata studiata per un quarto di secolo da un team di ricercatori dell’Imperial College di Londra. Queste pecore sono state pesate e misurate tra il 1985 ed il 2007, riscontrando una perdita di peso ed una considerevole diminuzione della taglia corporea fino al 5%. Ciò sarebbe stato causato proprio dagli inverni più caldi registrati nella regione, nella quale in passato sopravvivevano solo le pecore più grandi e in buone condizioni fisiche, che permettevano loro di superare i rigidi inverni. Adesso invece, a causa del cambiamento climatico in atto, le temperature sono più miti e consentono una copertura erbosa maggiore che viene distribuita in un intervallo di tempo più ampio. In questo modo anche le pecore di taglia piccola riescono a sopravvivere e a riprodursi con successo.

Da questo esempio possiamo dedurre che, l’innalzamento globale delle temperature modifica i parametri con cui abbiamo studiato e cercato di comprendere il mondo naturale fino ad ora, costringendoci quindi a ridefinirne alcuni. Tra questi c’è uno dei principi fondanti della zoologia, ovvero la regola eco-geografica di Bergman, secondo la quale, nell’ambito di una stessa specie, la massa corporea è direttamente proporzionale alla latitudine ed è inversamente proporzionale alla temperatura. Ciò significa semplicemente che gli animali più grandi hanno un rapporto superficie/volume minore rispetto a quelli di taglia più piccola, quindi riescono a disperdere il calore più lentamente e sono adattati a climi più temperati, mentre gli animali di piccole dimensioni sopravvivono meglio in climi più caldi e secchi, grazie proprio alla loro capacità di disperdere il calore più velocemente (ciò non è sempre valido, si pensi ad esempio all’elefante africano, un animale di grosse dimensioni che riesce comunque a disperdere il calore corporeo grazie alla modificazione evolutiva delle enormi orecchie, molto vascolarizzate).

Secondo Sheridan e Bickford, la riduzione delle dimensioni corporee sarà più evidente nelle aree in cui l’innalzamento delle temperature provocherà una diminuzione delle precipitazioni e quindi un aumento della siccità. Tutto ciò si andrà ad aggiungere alle modifiche del territorio che hanno ridotto drasticamente gli habitat naturali in cui piante,animali e uomini dovranno combattere e trovare strategie per sopravvivere. Dunque, oggi più che mai, è importante studiare tali fenomeni per poterli prevedere e prepararci ai cambiamenti che subiremo, per essere in grado di mitigarne i possibili e drammatici effetti nel futuro.

Elisabetta Carlin