Mantello terrestre. Ciò che scende, poi risale. E le placche fanno la loro parte
A seguito di un approfondimento sui modelli di convezione del mantello terrestre, uno scienziato dell’Università di Leicester ha studiato e proposto una nuova teoria che pone sotto una nuova luce i processi geochimici e petrologici che avvengono nel mantello in relazione alla dinamica attiva della crosta.
I risultati raggiunti suggeriscono che il mantello non sarebbe costituito da un unico involucro di materiale con una fluidità omogenea, come finora ritenuto, ma sarebbe invece suddiviso in due spessi strati concentrici o domini, ben distinti uno dall’altro, ciascuno con caratteristiche proprie, propria fluidità, senza alcuna possibilità di miscelazione.
La ricerca, guidata dal dr Tiffany Barry, del Dipartimento di Geologia dell’Università di Leicester, Inghilterra, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nature e parte dal presupposto che il materiale del mantello superiore scenda verso le parti più interne del mantello nelle zone di subduzione, laddove una placca tettonica si immerge sotto un’altra placca.
Secondo Barry, la placca discendente del materiale agisce come una sorta di sipario, impedendo che il materiale del mantello superiore giunga fino alle estreme profondità del mantello stesso e si mescoli in tutto il globo. Si manterrebbe così un dominio inferiore, separato da uno superiore, con cui non avrebbe possibilità di mescolarsi.
“Uno dei modi in cui il nostro pianeta può considerarsi unico è l’avere placche mobili sulla sua superficie, che si muovono sia nello spazio che nel tempo, una particolarità che è stata definita ‘tettonica delle placche’ e che, almeno finora, non è stata mai osservata su altri pianeti”, afferma Barry. “Nessun altro pianeta conosciuto mostra le prove di un processo analogo.
Come e perché sia iniziato il movimento delle placche, non si è ancora ben capito, ma il punto è che questo processo è stato essenziale per la produzione della crosta e degli oceani della superficie terrestre per come la conosciamo oggi.
Quello che non è stato ulteriormente compreso è quale influenza abbiano le placche tettoniche sui processi interni della Terra.
“Abbiamo scoperto che quando il materiale del mantello raggiunge la base del mantello stesso, al confine con il nucleo esterno, non si espande dappertutto attorno al nucleo, avvolgendolo, ma torna invece indietro verso lo stesso emisfero del globo da dove è disceso”, aggiunge Barry.
“Noi abbiamo modellato questo movimento convettivo verso l’alto e abbiamo scoperto che può persistere anche per milioni di anni.
“Sulla base dei movimenti delle placche nel passato e di prove geochimiche, ipotizziamo che questo processo convettivo nel mantello avrebbe potuto iniziare almeno 550 milioni di anni fa e, potenzialmente, fin dall’inizio dello scorrimento delle placche in superficie”.
I ricercatori hanno combinato modelli al computer in 3D con le migliori ricostruzioni disponibili dei movimenti delle placche terrestri negli ultimi 200 milioni di anni, tracciando quindi i percorsi di particelle matematiche collocate ad hoc a diverse profondità del mantello modellato.
Per mezzo di questi modelli è stata cercata la regione dove il mantello si muove liberamente durante i movimenti delle placche sulla superficie terrestre.
Una volta seguiti i percorsi delle particelle nei modelli, il team si è occupato quindi degli isotopi chimici provenienti dai bacini oceanici del passato, che costituiscono un’ottima analogia con la composizione del mantello superiore della stessa età.
Con questi dati, i ricercatori sono stati così in grado di verificare se i vecchi bacini oceanici, non più esistenti, mantenevano o cambiavano la composizione dei bacini che progressivamente andavano formandosi nel tempo e nella stessa regione del globo.
“Ho pensato a questa ricerca per quasi vent’anni”, dichiara Barry. “Mi pare un sogno aver realizzato un modello convincente, in grado di spiegare le differenze chimiche nella crosta oceanica dei fondali.
“Questo nuovo studio chiarisce la comprensione di come è suddivisa e cosa avviene nella parte interna della Terra e, per la prima volta, spiega le osservazioni fatte alla fine degli anni ‘80”.
Leonardo Debbia