La prima “TAC” della Terra ci spiega le origine e gli sviluppi del vulcanesimo

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto

I sismologi dell’Università della California, Berkeley, (UC) hanno eseguito per la prima volta in assoluto una scansione tridimensionale dell’interno della Terra. Per mezzo di questa tecnica è stato così possibile osservare i percorsi dei pennacchi di magma fuso che, risalendo nel mantello, vanno a collegarsi con gli hotspot in superficie della crosta, dove generano le catene di isole vulcaniche quali le Hawaii, Samoa e l’Islanda.

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Si è trattato, sostanzialmente, di una TAC (tomografia assiale computerizzata) dell’interno terrestre, mediante la quale è stata eseguita una simulazione al computer ad opera del National Energy Research Scientific Computig Center (NERCS), organo del Dipartimento dell’Energia presso il Lawrence Berkeley National Laboratory.

Mentre in campo medico le TAC impiegano i raggi X per sondare il corpo umano, gli studiosi della Terra se ne sono serviti per mappare i pennacchi del mantello, analizzando i percorsi delle onde sismiche propagatesi all’interno della Terra durante 273 forti terremoti che hanno scosso il pianeta negli ultimi 20 anni.

Precedenti tentativi di imaging dei pennacchi caldi del mantello avevano rilevato la presenza di sacche di roccia fusa nelle zone da cui avevano origine i pennacchi, ma non era chiaro se questi fossero direttamente connessi agli hotspot vulcanici di superficie e alle radici dei pennacchi al confine nucleo-mantello, 2900 chilometri sotto la superficie terrestre.

La nuova mappa ad alta risoluzione del mantello, eseguita seguendo i percorsi dei magmi fusi sotto la crosta terrestre e il nucleo di ferro del pianeta, non solo mostra i collegamenti con i numerosi hotspot sulla superficie terrestre, ma rivela anche che a 1000 chilometri circa al di sotto della superficie, tra i 600 e i 1000 chilometri, sono presenti dei pennacchi fino a cinque volte più ampi di quanto avessero ipotizzato i geofisici.

I pennacchi hanno probabilmente temperature stimate almeno 400°C più elevate della roccia circostante.

Barbara Romanowicz, docente di Scienze della Terra e Scienze Planetarie alla UC di Berkeley, autore senior dello studio, ha tuttavia osservato che le connessioni tra i pennacchi del mantello inferiore e i punti caldi vulcanici superficiali non sarebbero in realtà connessioni dirette, perché le estremità finali dei pennacchi, quando vengono a contatto con la roccia meno viscosa del mantello superiore e giungono in prossimità della superficie, appaiono ramificate e simili al delta di un fiume.

Le nuove immagini mostrano anche che le basi di questi pennacchi sono ancorate, al confine nucleo-mantello, a due enormi sacche di roccia calda, ciascuna di circa 5000 chilometri di diametro, che risultano più dense della roccia circostante.

Romanowicz ipotizza che queste due sacche, posizionate una direttamente di fronte all’altra e ancorate sotto l’Africa e l’Oceano Pacifico, siano rimaste stabili nella stessa posizione per 250 milioni di anni.

Schematizzazione dell’interno della Terra e degli strati concentrici disposti ‘a cipolla’ (da Wikipedia)
Schematizzazione dell’interno della Terra e degli strati concentrici disposti ‘a cipolla’ (da Wikipedia)

Lo studio, condotto in collaborazione con Scott W. French, assistente della Romanowicz alla UC Berkeley, è stato pubblicato sulla rivista Nature nel mese di settembre scorso.

L’interno della Terra ha confermato la sua disposizione a strati, come una cipolla.

Una crosta esterna solida comprende oceani e continenti, mentre al di sotto della crosta si trova uno spesso mantello di roccia molto calda ma solida, dello spessore di 2900 chilometri.

Sotto il mantello è presente il nucleo esterno, composto di ferro fuso e nichel, che racchiude a sua volta un nucleo più interno di ferro solido, che costituisce il cuore del pianeta.

Riscaldati dal calore del mantello, i magmi salgono e ridiscendono, analogamente ai moti convettivi che si possono osservare in una pentola d’acqua bollente, anche se nel mantello i moti convettivi scorrono molto, ma molto più lentamente.

Una trentina d’anni fa, i sismologi supponevano che solo occasionalmente i pennacchi caldi del mantello potessero raggiungere la superficie terrestre, dando origine a fenomeni eruttivi come i vulcani che, quando la crosta avesse ceduto, fessurandosi, avrebbero generato a loro volta catene di isole, come le Galapagos, Capo Verde e le Canarie.

Per creare una TAC ad alta risoluzione della Terra, Scott W. French ha usato simulazioni numeriche molto accurate dell’attraversamento del mantello da parte delle onde sismiche e ha confrontato le previsioni rilevate con il movimento reale del suolo misurato dai sensori disposti un po’ovunque nel mondo.

Precedenti tentativi degli studiosi spesso hanno limitato lo studio della fisica della propagazione delle onde, focalizzandosi principalmente sui tempi di arrivo di alcuni tipi di onde sismiche con differenti velocità di propagazione: le onde P (onde compressionali o longitudinali), in cui le particelle del mezzo attraversato vibrano sullo stesso piano della propagazione; e le onde S (onde trasversali), in cui le particelle vibrano perpendicolarmente alla direzione di propagazione.

French ha utilizzato simulazioni numeriche per calcolare tutte le componenti delle onde sismiche, comprese la dispersione e la diffrazione, ed ha ottimizzato ripetutamente il modello,  registrandone i dati.

Il calcolo finale ha richiesto 3 milioni di ore di lavoro su supercomputer NERSC, anche se il calcolo parallelo si è ridotto ad un paio di settimane.

Romanowicz spera di ottenere maggiori informazioni sull’interno della Terra concentrando l’indagine su aree specifiche, quali l’area al di sotto dell’Oceano Pacifico, o usando i nuovi dati.

 “Attualmente, la TAC è il metodo più efficace per le indagini, ma in futuro sarà usata in combinazione con misurazioni sempre più sensibili”, dichiarano i due ricercatori.

Leonardo Debbia