Le egagropile: perché anche il dio Poseidone gioca a biglie

Scritto da:
Andrea Bonifazi
Durata:
1 minuto

Palline pelose. Palline pelose ovunque.
Questo è lo spettacolo che spesso si staglia dinanzi a noi in spiaggia dopo una mareggiata. C’è chi ci gioca, c’è chi le ignora, c’è chi le considera un fastidio, c’è chi le osserva incuriosito…ma in quanti sanno di cosa si tratta realmente?

Nonostante i variopinti ed eterogenei nomi comuni con cui vengono frequentemente chiamate, da “polpette di mare” a “patate di mare”, possano far apparire quasi ridondante il più complesso nome scientifico, la loro corretta dicitura è “egagropile”.
D’altronde anche questo nome non è meno fantasioso di quelli utilizzati dal “grande pubblico”: deriva dal greco αἴγαγρος, “capra selvatica”, e πῖλος, “peli ammassati”…il motivo è abbastanza intuitivo, basta averne vista e maneggiata almeno una.

Egagropila spiaggiata (Ph. Andrea Bonifazi)
Egagropila spiaggiata (Ph. Andrea Bonifazi)

Questa simpatiche palline hanno un’origine vegetale, trattandosi di fibre di Posidonia oceanica, pianta marina dalle lunghe foglie endemica del Mar Mediterraneo, caratteristica del piano infralitorale.
Sì, si tratta proprio di una pianta, non di un’alga, come è consuetudine pensare: come le sue cugine terrestri, può riprodursi tramite fiori e frutti (questi ultimi simili a olive galleggianti), sebbene sia più frequente ed energicamente più conveniente una riproduzione vegetativa.
Alla base della formazione delle egagropile c’è una notevole complessità di processi fisici e biologici.
Infatti Ecologia Marina, Botanica, Zoologia Marina, Oceanografia Fisica e Geomorfologia sono solo alcune delle discipline scientifiche che possono essere implicate nella loro analisi, ma servirebbe quasi un intero corso di studi per poter comprendere adeguatamente cause e conseguenze della loro presenza sulla battigia.

Prateria di Posidonia oceanica (Ph. Alberto Romeo)
Prateria di Posidonia oceanica (Ph. Alberto Romeo)

I processi di formazione implicano necessariamente una serie di condizioni favorevoli: la prima è che, ovviamente, sia presente nelle vicinanze della costa una prateria di Posidonia. Crescendo, tale fanerogama perde le foglie, come la stragrande maggioranza delle piante, e il rizoma ne accumula i residui fibrosi. Questi ultimi, fragili e induriti, vengono erosi dalle correnti marine, che letteralmente li strappano dal fusto, sfibrandoli. Prese in carico dalle correnti e dall’eventuale risacca, dipendente anche dalla morfologia della spiaggia, le fibre vegetali vengono letteralmente appallottolate in un processo continuo: più c’è risacca, più aumentano di dimensioni (in taluni casi assumono anche morfologie più strane e allungate, quasi fusiformi).
Insomma, dei piccoli e naturalissimi gomitoli vegetali.

Accumuli di egagropile in spiaggia (Ph. Patrice78500)
Accumuli di egagropile in spiaggia (Ph. Patrice78500)

Molto spesso le troviamo in grandi quantitativi sulla spiaggia dopo una mareggiata in quanto l’elevato idrodinamismo ne velocizza il processo di formazione. Bisogna aggiungere che, seccandosi, diventano quasi impermeabili, quindi molto leggere, tanto da poter galleggiare per diverso tempo, venendo trasportate lontano dalla prateria di origine. Inoltre, accumulando anche un certo quantitativo di materia organica al loro interno, spesso sono “abitate” da piccoli invertebrati, come Isopodi, Anfipodi o Policheti.

Per rendere più intuitivo ed empirico questo trasversale processo, immaginate di strappare della fibra vegetale dal fusto di una palma e di arrotolarla con entrambe le mani: il risultato finale, dopo un po’ di tempo, sarà essenzialmente simile a quello che quotidianamente genera le egagropile.

Rizoma di Posidonia oceanica spiaggiato e le sue caratteristiche fibre vegetali (Ph. Tigerente)
Rizoma di Posidonia oceanica spiaggiato e le sue caratteristiche fibre vegetali (Ph. Tigerente)

Una serie di processi naturali, complessi e affascinanti, concorrono quindi alla loro formazione, permettendoci conseguentemente di ricostruire anche le condizioni idrodinamiche a cui è sottoposta una spiaggia e di dedurne la morfologia del fondale. Rappresentano un involontario emblema di come sia fondamentale saper “leggere” intuitivamente la Natura per poterne comprendere anche i più complicati processi.
Un sorta di piccolo laboratorio di Ecologia Marina concentrato in…una palla pelosa!

È bene aggiungere che spesso è possibile osservare in spiaggia anche grossi quantitativi di foglie e rizomi di Posidonia: questi spessi letti vegetali prendono il nome di banquettes e sono importanti da un punto di vista ecologico in quanto sono in grado di sostenere delle vere e proprie comunità costituite perlopiù da piccoli invertebrati marini e terrestri. Quello che spesso viene considerato “degrado” e “sporcizia” è in realtà basilare per la sopravvivenza di moltissime specie, a dimostrazione di come ciò che viene malamente interpretato da un punto di vista antropocentrico sia in realtà importantissimo se considerato in maniera più olistica.

Accumuli di foglie di Posidonia che originano le tipiche banquettes (Ph. Gerard Giraud)
Accumuli di foglie di Posidonia che originano le tipiche banquettes (Ph. Gerard Giraud)

Posidonia oceanica, una pianta che solo nel Mediterraneo abbiamo l’onore di poter ammirare, tanto fondamentale quando è in vita, quanto lo è quando è morta.
Un continuo cerchio della Vita che può essere emblematicamente rappresentato dalle nostre care e sferiche egagropile.

Andrea Bonifazi

Bibliografia

Kumar A. (2014). Origin and distribution of “Beach Balls” (Egagropili) of Brega, Libya, “Kedron Balls” of New Brunswick, Canada, and Carboniferous “Coal Balls”. Earth Science India, 7 (3): 1-12.

Suaria G., Aliani S. (2014). Floating debris in the Mediterranean Sea. Marine Pollution Bulletin, 86 (1-2): 494-504.