Fusione del ghiaccio in Groenlandia e innalzamento del mare 400mila anni fa
La calotta glaciale che copre la Groenlandia si estende per 1,7 milioni di chilometri quadrati e, avendo uno spessore di due miglia, si può legittimamente supporre che il suo destino sia saldamente collegato al sistema climatico globale.
Negli ultimi 40 anni, la perdita di ghiaccio da questa calotta è aumentata di ben quattro volte e il suo flusso d’acqua contribuisce per un quarto all’innalzamento del livello globale dei mari.
Parte dell’aumento della fusione sulla superficie dello strato di ghiaccio è dovuta ad un riscaldamento dell’ambiente, ma il ruolo degli oceani nella perdita di ghiaccio rimane ancora poco chiaro e difficilmente quantificabile.
Un nuovo studio statunitense sostiene che un periodo di riscaldamento avvenuto oltre 400mila anni fa, alla fine del Pleistocene medio, spinse la calotta glaciale della Groenlandia oltre la sua soglia di stabilità, con una conseguente fusione quasi completa della parte Sud della Groenlandia e l’innalzamento di livello globale dei mari di 4-6 metri.
Lo studio è uno dei primi sulle modalità di risposta della grande calotta glaciale della Groenlandia alle temperature più calde del periodo esaminato, causate – si ritiene – dai cambiamenti dell’orbita terrestre intorno al Sole.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Nature.
“Il clima, 400mila anni fa, non era molto diverso da quello attuale, o almeno da quello che ci si attende per la fine del secolo” afferma Anders Carlson, docente alla Oregon State University e co-autore dello studio.
Esistono pochi modelli affidabili e pochi dati disponibili per documentare l’entità della perdita della calotta glaciale della Groenlandia durante il periodo noto come ‘stadio isotopico marino 11’. Così è stato infatti definito questo periodo caldo, eccezionalmente lungo, tra le ere glaciali, evidenziato dal rapporto tra gli isotopi O18/O16 dell’ossigeno, che provocò un aumento globale del livello marino di circa 6-13 metri rispetto all’attuale.
Tuttavia gli scienziati non sono certi che la causa di questo innalzamento del livello marino sia attribuibile esclusivamente alla fusione del ghiaccio groenlandese oppure vi abbia contribuito la fusione dei ghiacci antartici o altre cause ancora.
Per trovare una risposta a questi dubbi e stabilire almeno un punto fermo, i ricercatori hanno esaminato campioni di sedimenti raccolti al largo delle coste groenlandesi. Durante anni di ricerche è stato campionato il flusso di sedimenti glaciali dell’isola, scoprendo che diverse parti della Groenlandia hanno caratteristiche chimiche uniche per quei terreni.
Durante la presenza della calotta sulla superficie dell’isola e negli spostamenti del ghiaccio verso il mare, infatti, i sedimenti vengono raschiati via e inglobati nella massa ghiacciata per essere alla fine depositati nell’oceano.
“Ogni roccia ha la sua impronta e la sua storia tettonica, diversa l’una dall’altra” osserva Carlson. “I cambiamenti tra i terreni e le rocce ci permettono di datarli e conoscerne l’origine. I sedimenti si depositano solo se lo strato di ghiaccio è stato abbastanza consistente da poter erodere la roccia o il terreno sottostante. L’assenza di sedimenti nel ghiaccio suggerisce che il terreno è rimasto allo scoperto, senza ghiaccio. Quindi, non solo possiamo dire quanto ghiaccio copriva un determinato luogo, ma l’impronta isotopica, cioè il rapporto tra O18 e O16, può dirci dove il ghiaccio era presente e dove invece mancava, lasciando la roccia esposta”.
L’analisi dei ricercatori dimostra che 400mila anni fa il disgelo della Groenlandia meridionale avrebbe provocato un innalzamento di livello dei mari da 4 a 6 metri.
Altri studiosi propendono addirittura per un dislivello di ben 13 metri!
Nell’articolo su Nature i ricercatori paragonano gli eventi prodotti durante lo stadio isotopico marino 11 con un successivo periodo di riscaldamento, avvenuto 125mila anni fa, che comportò un innalzamento di livello del mare di 5-10 metri.
La loro analisi dei sedimenti in Groenlandia li porta ad affermare che la calotta groenlandese contribuì per non più di 2,5 metri. Secondo Carlson, l’Antartide fece la sua parte, contribuendo con una sostanziale differenza.
Questo studio mette comunque in risalto quanto sia importante in queste stime l’analisi dei sedimenti; e i ricercatori auspicano che analisi simili vengano ripetute in altri siti coevi.
Leonardo Debbia
30 giugno 2014