Trovati gli enzimi coinvolti nel processo di invecchiamento

Scritto da:
Maria Grazia Midossi
Durata:
1 minuto

Consumando meno calorie, si può rallentare l’invecchiamento e può essere ritardato lo sviluppo di malattie legate all’età come il cancro e il diabete di tipo 2. Quanto più viene ridotto l’apporto calorico, tanto maggiore sarà l’effetto. I ricercatori dell’Università di Göteborg hanno ora identificato uno degli enzimi chiave nel processo di invecchiamento. “Siamo in grado di dimostrare che la restrizione calorica rallenta l’invecchiamento, impedendo a un enzima, la perossiredossina, di essere inattivato. Questo enzima è estremamente importante nel contrastare i danni al nostro patrimonio genetico”, spiega Mikael Molin del Dipartimento di Biologia Cellulare e Molecolare. Riducendo gradualmente l’assunzione di zuccheri e proteine, senza ridurre vitamine e minerali, i ricercatori hanno già dimostrato che le scimmie possono vivere diversi anni più del previsto. Il metodo è stato testato anche su altri organismi, dai pesci ai topi, ai funghi, alle mosche e ai lieviti con esiti favorevoli. La restrizione calorica ha anche effetti positivi sulla nostra salute e ritarda lo sviluppo di malattie legate all’età. Nonostante questo, i ricercatori del settore hanno avuto difficoltà a spiegare esattamente perché la restrizione calorica produce questi effetti favorevoli. Utilizzando cellule di lievito come modello, il gruppo di ricerca presso l’Università di Göteborg è riuscito a identificare uno degli enzimi fondamentali. Essi sono in grado di dimostrare che l’attivazione della perossiredossina 1, Prx1, un enzima che scompone il perossido di idrogeno nocivo nelle cellule, è necessario per far sì che la restrizione calorica funzioni in modo efficace. È stato dimostrato che le perossiredossine  sono anche in grado di impedire alle proteine ​​di essere danneggiate e dall’aggregazione, un processo che è stato collegato a diversi disturbi legati all’età che interessano il sistema nervoso, come l’Alzheimer e il Parkinson. I ricercatori stanno  anche valutando se la stimolazione di Prx1 sia in grado di ridurre e ritardare i processi di tali malattie.