Disturbi mentali: alla base una correlazione genetica

Scritto da:
Krizia Ribotta
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disturbi-mentali-dnaInsieme ad un’equipe di ricercatori di 19 Paesi, facenti tutti parte del Psychiatric genomics consortium, Jordan Smoller – medico del Massachusetts General Hospital – ha condotto uno studio genetico sui problemi mentali, scoprendo interessanti correlazioni tra 5 disturbi che, apparentemente, sembrano non avere niente in comune.

Il deficit di attenzione e l’iperattività, l’autismo, il disturbo bipolare, i disturbi depressivi gravi e la schizofrenia, queste le malattie mentali, sebbene siano diverse tra loro, sembrano legati da un filo conduttore comune. Così risulta dall’analisi effettuata su 61.000 persone di origine europee, di cui 33.332 affette da una di queste patologie e 27.888  sane: il genoma analizzato dagli studiosi ha rivelato come quattro regioni del codice genetico variano in base a questi cinque disturbi.

In particolare, in due geni che hanno il compito di regolare il trasferimento di calcio da un neurone all’altro, i medici sono stati in grado di rilevare alcune anomalie, che spiegherebbero come le cellule celebrali siano in contatto tra loro. Questo potrebbe spiegare come questo cambiamento, nell’ambito di una funzione celebrale, potrebbe diventare un vero e proprio marcatore per le cinque malattie che, perlomeno sino ad oggi, sembrano non averne.

“Questa analisi fornisce la prima prova sull’intero genoma che gli stessi fattori di rischio genetico sono in comune tra malattie psichiatriche sia a esordio in età pediatrica sia in età adulta; malattie che attualmente nella pratica clinica sono trattate come distinte categorie di disturbi” ha spiegato Smoller alla rivista The Lancet, sulla quale è stato pubblicato questo maxi-lavoro.

E i suoi colleghi aggiungono: “Questi disturbi che abbiamo sempre considerati come distinti potrebbero non avere dei confini così netti. Se vogliamo davvero diagnosticare e curare efficacemente le persone, dobbiamo arrivare a conoscenze molto più raffinate”.

Studi approfonditi e nuovi geni identificati potranno aiutare nel processo di prevenzione e di cura mediante farmaci specifici e localizzati che agiranno in prima linea nella risoluzione dei deficit correlati.

Krizia Ribotta
5 marzo 2013