Favignana, Isole Egadi. 10mila anni fa ci si arrivava a piedi
Resti scheletrici in una grotta dell’isola di Favignana rivelano che gli esseri umani moderni si insediarono in Sicilia e nelle isole limitrofe intorno all’ultimo periodo glaciale e, pur vivendo in diretto contatto con il Mediterraneo, si nutrirono molto poco di pesce e alimenti marini in genere.
La ricerca è stata pubblicata alla fine del mese scorso sulla rivista PLos ONE da Marcello Mannino e colleghi, del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, Germania.
Da queste analisi si può risalire al momento in cui l’uomo moderno ha raggiunto queste isole.
“Il popolamento definitivo della Sicilia da parte di esseri umani moderni si verificò circa all’apice dell’Era glaciale, tra i 26500 e i 19000 anni fa” – afferma Mannino – “allorchè il livello del mare si era talmente abbassato da consentire, grazie ad un ponte naturale emerso tra le isole e la Sicilia, l’accesso ad eventuali gruppi umani e animali che intendessero migrare da una parte all’altra o comunque effettuare spostamenti semplicemente camminando all’asciutto”.
L’analisi genetica delle ossa scoperte nelle grotte delle isole Egadi fornisce alcuni dati sul DNA mitocondriale disponibile dei primi umani della regione mediterranea, un passo fondamentale nelle analisi delle prove riguardanti gli ascendenti delle attuali popolazioni dell’arcipelago delle Egadi e dell’estremità occidentale della Sicilia.
L’intervallo di tempo indicato da Mannino non è, comunque, un’ Era glaciale in senso stretto.
La durata di un’Era è un lungo lasso di tempo, in cui si formano superfici ghiacciate di enormi estensioni, che comprende delle fasi alterne, con temperature che scendono notevolmente, intervallate da fasi interglaciali a temperatura più mite.
In questo caso, è più corretto parlare di “ultimo periodo glaciale”, la fase che durò dai 110mila ai 9600 anni fa, con un massimo di estensione glaciale all’incirca verso i 18mila anni.
La parte finale di questa fase (17000 – 9500 a.C.) corrisponde al periodo preistorico del Paleolitico superiore che, attraverso l’industria magdaleniana, vedeva il diffondersi dell’arte rupestre nell’area mediterranea, dalla Dordogna, in Francia, alla regione Cantabrica, in Spagna, alla Puglia (Grotta Romanelli).
La Grotta del Genovese a Levanzo (10mila a.C.) custodisce splendidi esempi di queste prime espressioni artistiche nei graffiti raffiguranti scene di vita quotidiana, riti propiziatori per la caccia, prede catturate.
Gli autori hanno analizzato la composizione chimica dei resti umani ed hanno scoperto che questi primi coloni mantennero il loro stile di vita di cacciatori-raccoglitori, basando il loro approvvigionamento di carne più sulla fauna terrestre che sullo sfruttamento delle risorse marine che avevano – è il caso di dirlo – a portata di mano.
Secondo lo studio infatti, pur vivendo nelle isole in un periodo interglaciale, in cui l’aumento di livello del mare divenne abbastanza rapido da poter subire modifiche addirittura nel corso di una singola vita umana, questi primi coloni sembrano aver fatto un uso alquanto limitato delle risorse marine a loro disposizione.
Gli autori concludono: “Questi risultati hanno implicazioni importanti per lo studio del ruolo del pesce nella dieta dei cacciatori-raccoglitori del Mediterraneo”.
Leonardo Debbia
23 dicembre 2012