Cosa succede quando sogniamo?

Scritto da:
Florinda Saverino
Durata:
1 minuto

sognoUna delle più calzanti definizioni del sonno è quella data nel 1985 da Fagioli e Salzarulo che lo presentano come “uno stato dell’organismo caratterizzato da una ridotta reattività agli stimoli ambientali che comporta una sospensione dell’attività relazionale (rapporti con l’ambiente) e modificazioni dello stato di coscienza: esso si instaura autonomamente e periodicamente, si autolimita nel tempo ed è reversibile”.

Se ci troviamo in un ordinario stato di veglia il tracciato elettroencefalografico mostra un andamento vivace, rapido, con tanti picchi, a frequenza irregolare: questo stato si chiama desincronizzazione cerebrale. Man a mano che si passa dal rilassamento all’addormentamento, fino al sonno vero e proprio, si osserva che il tracciato dell’elettroencefalogramma si modifica gradualmente mostrando un andamento più lento: è lo stato di sincronizzazione cerebrale. Via via che procediamo dall’addormentamento al sonno passiamo da uno stato di desincronizzazione ad uno di sincronizzazione. Ma dopo circa 90 minuti dall’inizio dell’assopimento, dopo i cosiddetti stadi del sonno a onde lente, il cervello addormentato inizia a produrre una desincronizzazione cerebrale simile a quella della veglia: anche se il soggetto dorme profondamente l’intensità del tracciato elettroencefalografico indica un lavoro attivo da parte dei neuroni: questa è la fase del sonno dove compaiono i sogni. Durante questo stadio di sonno desincronizzato il corpo è come paralizzato e il nostro cervello, che è come cieco e sordo rispetto agli stimoli esterni, processa informazioni che provengono dal suo interno creando le scene oniriche.

Nei sogni le caratteristiche dell’esperienza cosciente diurna sono notevolmente alterate. In particolare, la coscienza onirica è totalmente svincolata dalla necessità di adattamento all’ambiente esterno reale ed è interamente governata dalle leggi dell’affettività, che prescindono dalle norme logiche e sociali; lo spazio e il tempo sono irreali, cioè il soggetto può essere contemporaneamente in due posti diversi, e insieme attore e spettatore della medesima scena. Un’altra caratteristica dell’esperienza cosciente onirica, nota fin dall’antichità, è costituita dal valore simbolico dei suoi contenuti; in proposito, Freud ha parlato di «simbolizzazione» onirica. Lo studio empirico dell’esperienza onirica, condotto con categorie psicologiche, può essere fatto risalire all’inizio del secolo scorso, quando risultò chiaro che le stimolazioni esogene sul corpo del soggetto dormiente svolgono un certo ruolo nella determinazione dei contenuti onirici, e che in questo processo le percezioni oniriche risultanti sono sempre di natura visiva e auditiva, anche se le stimolazioni interessano altri sensi. A seguito di tali scoperte Freud (nel 1900) pubblica L’interpretazione dei sogni, opera fondata sull’analisi rigorosa dei sogni dell’autore stesso.

Negli anni ’50, quando William Dement – oggi uno dei più famosi scienziati del sonno – formulò quest’ipotesi studiando il sonno dei gatti, la comunità scientifica pensò subito a un errore del giovane ricercatore. In realtà la scoperta segnò un punto di svolta nella ricerca oltre che del sonno, anche dell’attività onirica.

Ultimamente è stato prodotto un dispositivo in grado di capire che cosa stiamo sognando, con una discreta approssimazione, è stato messo a punto dai ricercatori dell’Università di Kyoto, in Giappone. Basato su una macchina per la risonanza magnetica funzionale (fMRI), un algoritmo e migliaia di immagini prese dal web, il modello sperimentale è riuscito a imparare abbastanza sui pattern di attivazione cerebrale di tre soggetti dormienti da indovinare, nel 60% dei casi, i contenuti dei loro sogni.

Florinda Saverino
21 gennaio 2014