I raggi cosmici

Scritto da:
Redazione
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Sono sicuro che se chiedo a qualcuno di voi cosa fa un astronomo, prima o poi verrà fuori che osserva il cielo al telescopio. Che non è sbagliato: in realtà ora sono pochi gli astrofisici che osservano direttamente, la maggior parte riceve dati dai grandi osservatori direttamente in ufficio e si “limita” ad analizzarli, ma comunque l’idea è sensata. Se includiamo in “telescopio” qualunque oggetto che ci permetta di osservare il cielo in una qualunque banda dello spettro elettromagnetico, dal radio al gamma, si può certamente dire che il 99,9% degli astronomi sì, osserva con un telescopio.  Eppure, c’è una nuova frontiera dell’astrofisica che si sta per raggiungere: infatti dallo spazio non ci arriva solo luce, ma anche particelle. Le stesse di cui siamo fatti: protoni principalmente, ma anche elettroni e neutroni. Chi ce li manda? Be’ molti il nostro stesso sole: il cosiddetto “vento solare” è fatto da particelle cariche spinte dalla magnetosfera del sole fino a noi (e nei periodi di grande attività solare possono causare problemi alle comunicazioni). Ma queste sono particelle di “bassa energia”, ossia di “bassa velocità” (indicativamente sempre approssimabile con la velocità della luce, comunque!). Ci arrivano però dei raggi cosmici di energia ben più alta, e il sole non ne è la fonte: alcune di queste particelle arrivano ad energia di Exa-elettronVolt. Cosa vuol dire? Exa è “il seguito” di Mega, Giga, Tera… dopo viene Peta e quindi Exa che vuol dire 10 alla 18 o, se preferite, un miliardo di miliardi. ElettronVolt (eV) è l’unità di misura dell’energia più usata dai fisici delle particelle. E’ tanto o poco un Exa-elettronvolt? Be’ un eV è 10^-19 Joule quindi diciamo che 10 EeV sono circa un Joule. Un Joule può essere, mettiamo, l’energia di una pallina da tennis… ma tutta racchiusa in una singola particella, ad esempio in un singolo protone! Per capirsi: il famoso LHC l’acceleratore di particelle del CERN arriva ad accelerare protoni “solo” fino ad un TeV (Tera elettronVolt) quindi un milione di volte di meno energetiche. E queste particelle… da dove vengono? Bella domanda. La risposta più sensata è, per adesso: “non si sa, ma ci sono ottimi sospetti”. Questi ottimi sospetti sono le cosiddette galassie attive (in inglese “AGN: Active Galactic Nuclei”) ossia quelle galassie il cui buco nero centrale (presente, oramai si sa per quasi certo, in ogni galassia) sta assorbendo materia a grande velocità. La materia che spiraleggia intorno a questo buco nero ad altissima velocità genera forti campi magnetici e a volte ci sono fenomeni di eiezione di materiale ad altissima velocità che portano alla formazione di lobi spesso più grandi della galassia stessa: in questi lobi, dove ci sono campi magnetici su vastissima scala, si potrebbero accelerare i protoni fino alle energie elevatissime che osserviamo. Quindi la prima sospettata è la galassia attiva più vicina a noi: Centaurus A e in effetti ci sono ottime evidenze di correlazione dei raggi cosmici con questa galassia. Sarà effettivamente lei ad accelerare molti dei raggi cosmici di energia estrema (in inglese UHECR: ultra-high energy cosmic rays)? Secondo i risultati della mia tesi di laurea triennale, è probabile. Ma come possiamo vedere questi raggi cosmici di energia estrema? Difficile, anche perché, sulla terra, ne arriva uno per km^2 per secolo! Però facciamo una cosa furba: usiamo l’atmosfera stessa come rivelatore. Infatti, quando un raggio cosmico di quest’energia arriva sulla terra impatta con i nuclei dell’alta atmosfera, creando varie particelle che a loro volta impattano con altri nuclei creando particelle fino ad avere uno sciame (in inglese “shower”) di miliardi di particelle secondarie che si spandono su km e km di fronte. Andando a cercare questi sciami e studiandoli possiamo risalire al raggio cosmico originario: è quello che fa l’Osservatorio Pierre Auger in Argentina. L’osservatorio è composto da 1600 taniche d’acqua disposte su di un’area di 3000 km quadrati (più o meno la provincia di Milano) nella pampa ai piedi dell’Aconcagua a distanza di 1,5km l’una dall’altra su di una griglia triangolare. Queste taniche osservano le particelle secondarie e permettono di ricostruire lo sciame. L’osservatorio ha anche poi a disposizione dei telescopi ad ultravioletti che riescono ad osservare la debole luce di fluorescenza emanata dalle molecole di azoto dell’aria quando vengono attraversate dallo sciame di particelle. Questi due metodi sono quindi totalmente indipendenti e permettono di calibrarsi a vicenda diminuendo molto gli errori sulle misure. Allo stato attuale l’Osservatorio Pierre Auger è totalmente operativo dal 2007 e ha già osservato quasi un centinaio di raggi cosmici di energia superiore a 50 EeV ricostruendone la direzione di arrivo con un errore di circa 1°.