L’Expo 2015 e la Carta di Milano

Si sono già spese spese tante parole a proposito dell’Expo di Milano, sia a favore che contro. È però un dato di fatto che rispetto alle carte iniziali, molti progetti che hanno valso la vittoria di Milano su Smirne, sono sfumati. Il progetto Vie d’acqua prevedeva percorsi ciclabili immersi nel verde lungo le sponde dei famosi Navigli milanesi, fino a collegarli al sito espositivo. Le riqualifiche non sono state fatte, i nuovi canali sono stati bloccati dalla cittadinanza milanese dal momento che prevedevano lo stravolgimento di diversi aree verdi metropolitane, nonché un grande esborso di denaro pubblico che meglio poteva essere investito per mettere in sicurezza idrogeologica i fiumi Seveso e Lambro. L’unico risultato è stato la riqualifica della Darsena, simbolo storico della grandezza artistica e commerciale di Milano.

La linea 4 della metropolitana, promessa per l’inizio di Expo, che doveva servire proprio quella zona, non è ancora ultimata. Inoltre sono noti gli scandali economici, i ritardi dei cantieri e i mancati collaudi di sicurezza di alcuni padiglioni. Fortuna che la pubblicità di Expo ci domandava: “Noi siamo pronti. E tu?”

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Ad ogni modo, il titolo di Expo Milano 2015 è: ‘Nutrire il pianeta. Energia per la vita’. Il sito espositivo è stato allestito direttamente dai Paesi partecipanti secondo il loro gusto in base a questo tema. Per realizzare i padiglioni, sono state chiamate in causa le tecnologie, le innovazioni, la cultura e le tradizioni legate al settore alimentazione e cibo. Analizzando il punto di vista di una persona normale che, attraverso riviste, televisione e social network viene informato delle tematiche proposte all’Expo, difficilmente si è imbattuto in tematiche di sostenibilità, ambiente e sviluppo sostenibile. Eppure dovrebbero essere argomenti cardine, per il tema che si sono prefissati!

Dalle immagini di queste prime settimane di apertura, si nota soprattutto una overdose di tecnologia e un eccessivo utilizzo di materiali plastici. Manca una matrice verde che invece dovrebbe permeare l’intero sito espositivo, il cui simbolo è un albero di legno e acciaio che meraviglia gli spettatori con giochi d’acqua, effetti pirotecnici e luci artificiali. Negli ultimi anni si parla tanto di pareti vegetali e verde urbano; Milano si vanta del suo recente capolavoro, il Bosco Verticale in città dell’architetto Stefano Boeri, ma non sfrutta l’innovazione sul sito di Expo che avrebbe invece dovuto amplificare il concetto di armonia tra uomo e ambiente. Dallo skyline il verde è impercettibile, seppur presente su diversi padiglioni.

L’esposizione universale è però, senza dubbio, un momento di incontro e di scambio culturale tra diverse culture, spesso anche in guerra tra loro. È quindi anche un momento di raccoglimento quasi spirituale dal quale possono nascere nuovi sentimenti, idee e progetti per il futuro del nostro pianeta. Inerente al tema del cibo, della sana alimentazione e dei problemi legati alla malnutrizione, è stata stipulata la Carta di Milano (www.protocollodimilano.it). Questo documento sarà l’eredità culturale di Expo Milano, ed è la prima volta che accade nella storia delle Esposizioni Universali. Una sorta di protocollo di Kyoto per il cibo, firmato da chiunque voglia sottoscriverlo. In ottobre, poco prima della chiusura dei cancelli di Expo, la Carta di Milano verrà consegnato a Ban Ki Moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite. Questo documento si propone di combattere gli sprechi alimentari, la fame e l’obesità con misure concrete.

Tante belle parole, tanti ottimi propositi. Profondo e di impatto il fine ultimo: sconfiggere la fame nel mondo entro il 2030. Sono solo 15 anni per risolvere un problema mondiale che è andato, di anno in anno, sempre più intensificandosi. Però, un volta letto il documento, e magari dopo averlo sottoscritto, nasce la speranza di potercela fare! Ma da dove partire? Oltre a indicare cosa fare, purtroppo, non si fa nessun riferimento a come agire davvero! I pochi metodi suggeriti, sono poco più di raccomandazioni che conosciamo da una vita: non far andare a male il cibo, riciclare e fare la raccolta differenziata, non sprecare risorse… Consigli utili e che devono essere sempre ribaditi, ma non certo nuovi o maggiormente incisivi. Sembra quasi di leggere una letterina di un bambino che, in occasione della festa della mamma, le presenta un bigliettino di questo genere:

Cara mamma, con questo biglietto per la tua festa, mi impegno a fare le seguenti cose:

– dopo ogni pasto, prometto di mangiare un frutto, perché le vitamine fanno bene;

– non ti chiederò di prepararmi le verdure, ma se me le troverò nel piatto, storcendo il naso, proverò a mangiarne il più possibile;

– se mi preparerai una merendina sana da portare a scuola, prometto che non la butterò, anzi cercherò di apprezzarla, però fallo al massimo un paio di volte a settimana, perché le merendine confezionate mi piacciono un sacco;

– se vuoi puoi iscrivermi a un corso sportivo: ci andrò ma non aspettarti che mi faccia anche prendere dall’entusiasmo.

Perciò, mamma, ti faccio tanti auguri con questo biglietto di buoni propositi e promesse e ti giuro che diventerò un adulto sano e forte entro il 2030!

Al di là della satira, nella Carta di Milano mancano riferimenti a molti temi importanti e che sono di centrale importanza nella distribuzione mondiale di cibo sano. Colture estensive, allevamenti intensivi, OGM, utilizzo di fitofarmaci, esaurimento delle risorse ittiche, bonifica del territorio, percezione del prezzo dei prodotti alimentari. Non ci sono riferimenti a nuovi strumenti di controllo, ad obblighi e divieti da imporre alle imprese sulla gestione ambientale e sociale. Ponendosi degli obbiettivi così grandi a così breve termine, possibile che non ci sia nessuna presa di posizione ferma e decisa, per esempio, contro lo sfruttamento del territorio per le colture estensive e gli allevamenti intensivi, magari dichiarandoli illegali? Perché non si chiede alle multinazionali di rivedere la loro posizione nei confronti degli OGM? È troppo chiedere ai governi di imporre regole ferree sulle condizioni di pesca, sulle etichettature del cibo, sull’abolizione di certi fitofarmaci? Non è forse arrivato il momento di chiedere con forza severe penali a chi inquina consapevolmente il territorio?

Molti possono obiettare che una imposizione di questo genere sia una azione dittatoriale ed eticamente sbagliata, perché le scelte di marketing e strategia aziendale devono essere libere. Si continua a far prevalere il sistema economico sui sistemi sociali e ambientali? Inoltre, già il protocollo di Kyoto imponeva regolamenti e limiti ai governi e alle imprese nel rispetto dell’ambiente, ma con carattere volontario. Gli obblighi venivano imposti dopo che i governi avessero deciso di firmare il protocollo. Anche la Carta di Milano è un documento di sottoscrizione volontaria e, al momento, non ancora riferita ai governi, ma solo come richieste da parte dei cittadini. Poteva perciò adottare toni più severi e autoritari, per rimarcare l’importanza delle tematiche e il dovere di non perdere tempo ulteriore.

Si potrebbe anche pensare che per una esposizione universale siano comunque obbiettivi troppo esigenti, si tratta comunque di una semplice e tradizionale fiera internazionale con tematica il cibo. Obiettivamente però, sta tutto nel titolo della manifestazione: era sufficiente chiamarla, per esempio, “Sapori del mondo. Culture a confronto” e in pochi avrebbero avuto da obiettare su prezzi, sprechi e sponsor. Sarebbe stato uno scenario prevedibile. Ma con un titolo altisonante come “Nutrire il pianeta. Energia per la vita” e diversi anni a disposizione di preparazione, era auspicabile mirare ad obbiettivi più concreti, più audaci.

La Carta di Milano rappresenterà, quindi, un documento internazionale che parte dal basso, dai popoli, per essere trasmesso alle alte sfere, quali sono le Nazioni Unite. Finito Expo, l’ONU discuterà i Sustainable Delevopment Goals, gli obiettivi di sviluppo sostenibile, da dove dovrebbero uscire davvero dei nuovi indici ed indicatori di priorità mondiale per un benessere economico, sociale e ambientale, mentre a fine anno si terrà la 21esima Conferenza delle Parti a Parigi per discutere, come ogni anno (nel silenzio mediatico), le problematiche sempre più incalzanti dei cambiamenti climatici, criticità connesse in modo inscindibile all’alimentazione e alla produzione di cibo. Sarà probabilmente una delle ultime occasioni politiche per raggiungere accordi decisivi e importanti per ottenere dei risultati futuri sostenibili, prima che sia davvero tardi. Da questo prossimo incontro si spera ne uscirà un vero protocollo sulla produzione alimentare, come fu il protocollo di Kyoto per l’ambiente. Ma ci sarà bisogno di decisioni e parole forti, non belle ed eleganti.

Massimo Gigliotti
17 giugno 2015