Sclerosi multipla: nuovo trattamento “inganna” il sistema immunitario
Sconfiggere la sclerosi multipla ingannando il sistema immunitario, è questo l’obiettivo che si pongono i ricercatori della Northwestern’s Feinberg School negli Stati Uniti, del University Hospital di Zurigo e del University Medical Center Hamburg-Eppendorf in Germania.
La sclerosi multipla è una delle malattie autoimmunitarie e più precisamente è causata dal fatto che il sistema immunitario del paziente riconosca come fattore esterno e nocivo, la MIELINA, che è la proteina che circonda i neuroni responsabile della trasmissione del segnale, distruggendola.
Secondo lo studio pubblicato su pubblicato su Science Translational Medicine, sarebbe possibile tramite alcuni trattamenti delle cellule immunitarie del paziente, far si che la mielina non venga più riconosciuta come antigene ma come agente non estraneo.
Stephen Miller, Roland Martin e Mireia Sospedra, co-responsabili dello studio, hanno proposto una strategia totalmente diversa dalle cure fin ora studiate e usate: indurre le cellule immunitarie “impazzite” a tollerare la mielina.
Questo nuovo processo consiste nell’ esporre il sistema immunitario alla mielina, presentata da cellule preparate in laboratorio, in modo che impari a riconoscerla come elemento non estraneo.
Secondo questo nuovo protocollo vengono prelevate le cellule mononucleate del sangue periferico (Pbmc), ossia linfociti, monociti e macrofagi, vengono processate in vitro, attaccando sulla loro superficie dei peptidi della mielina considerati gli epitopi più immunogenetici della sclerosi multipla.
Queste cellule vengono poi re – iniettate nel paziente e il loro compito diventa realmente attivo quando raggiungono la milza. Qui vengono fagocitate dalla cellule dendritiche (che riconoscono quei peptidi inseriti); questo fenomeno permette la produzione di fattori necessari per bloccare le reazioni autoimmuni come ad esempio l’ interleuchina 10.
L’aspetto da sottolineare è che questa tecnica non agisce bloccando tutto il sistema immunitario mettendo a rischio di infezioni il paziente ma agisce attivamente solo su questo particolare obiettivo.
Lo studio è stato già testato su 9 pazienti i quali, durante i mesi successivi in cui son stati tenuti sotto controllo, non hanno mostrato peggioramenti o avuto recidive della malattia e le loro abilità cognitive sono rimaste stabili. Ma non finisce qui perché nei pazienti a cui è stata somministrata una dose più elevata di cellule immunitarie modificate si è osservata una riduzione di reattività alla mielina, riduzione di cellule immunitarie T “impazzite” e aumento di quelle che controllano i fenomeni della tolleranza. Tutto ciò senza intaccare il normale funzionamento del sistema immunitario.
Tuttavia i ricercatori alzano ancora l’asticella affermando che l’obiettivo è quello di intervenire nelle fasi iniziali della Sm, prima che il danno mielinico sia troppo esteso e difficile da riparare”.
Se tale obiettivo dovesse essere raggiunto potremmo applicare tali terapie a tante altre malattie autoimmuni come diabete di tipo I, asma e allergie.
Giuliano Centonza
14 giugno 2013