Onda Lunga, Report e l’utilizzo del cellulare.
- Redazione
- 1 Dicembre 2011
- Salute, Salute & Medicina
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La sera di domenica 27 novembre a Report è andata in onda la puntata: “L’Onda Lunga”. La prima parte della trasmissione era incentrata sulla correlazione tra forme tumorali ed uso del cellulare.
Sabrina Giannini ha intervistato diverse personalità del mondo della ricerca, delle telecomunicazioni e soprattutto delle istituzioni nazionali ed internazionali.
Il quadro che ne è venuto fuori apre finalmente qualche spiraglio nella grande confusione creata ad hoc sui rischi per la salute relativi all’esposizione ai campi elettromagnetici. Finalmente il dubbio si è insinuato nel pensiero dei 3,5 milioni di telespettatori che hanno seguito la puntata. Partiamo da un aspetto: i campi elettromagnetici non si sentono, non puzzano e non si vedono. La loro impercettibilità li rende ancora più “fastidiosi”.
Come sempre i media tradizionali, ed in particolare la TV, riescono a raggiungere in maniera rapida ed efficace una platea molto ampia. Alcune di queste informazioni avrebbero richiesto maggiore attenzione da parte delle istituzioni italiane già nel maggio 2011 quando lo IARC, Ente Internazionale per la ricerca sul Cancro che fa capo all’OMS, classificò i campi elettromagnetici a radio frequenza (microonde, wifi, cellulari, cordless, etc…) come potenzialmente cancerogeni (Classe 2B). Ma già nel 2002 aveva classificato come potenzialmente cancerogeni i campi magnetici a bassa frequenza (ELF), e quindi quelli prodotti da elettrodotti, cabine elettriche, etc…
Nello stesso periodo in cui lo IARC comunicava la classificazione suddetta, il Consiglio d’Europa con la Risoluzione 1815, indicava chiaramente la necessità di evitare l’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza, soprattutto per i giovanissimi:
http://assembly.coe.int/Documents/AdoptedText/ta11/eRES1815.htm
Dato estremamente rilevante è rappresentato dalla sentenza n. 614 del 10 dicembre 2009, in cui la Corte di Appello di Brescia, Sezione Lavoro, ha riconosciuto la correlazione causa-effetto di un “neurinoma del galgio di Gasser” insorto nel 2002 in un soggetto maschio utilizzatore di telefoni mobili per motivi professionali. Come ricordato da Report, si tratta della prima sentenza di condanna che afferma una stretta correlazione tra uso del cellulare e tumori.
L’effetto post-puntata si è abbattuto come un tornado sulla nostra percezione del problema. Il giorno dopo il Consiglio Superiore di Sanità è uscita con il seguente parere:
Il Consiglio superiore di sanità ha affrontato la questione dei rischi potenziali di uno smodato uso di telefoni cellulari nella seduta del 15 novembre. In linea con gli studi dell’Agenzia internazionale della ricerca sul cancro (IARC) e in accordo con l’Istituto superiore di sanità, il Consiglio superiore rileva che non è stato finora dimostrato alcun rapporto di causalità tra l’esposizione a radio frequenze e le patologie tumorali. Tuttavia le conoscenze scientifiche oggi non consentono di escludere l’esistenza di causalità quando si fa un uso molto intenso del telefono cellulare. Va quindi applicato, soprattutto per quanto riguarda i bambini, il principio di precauzione, che significa anche l’educazione ad un utilizzo non indiscriminato, ma appropriato, quindi limitato alle situazioni di vera necessità, del telefono cellulare. Il Ministero della Salute avvierà una campagna di informazione sulla base delle ultime relazioni degli organismi tecnico-scientifici per sensibilizzare proprio a tale uso appropriato.
Il Ministero della Salute ha inoltre annunciato l’intenzione di avviare una campagna informativa per sensibilizzare la popolazione sui potenziali rischi per la salute dei cittadini al fine di minimizzare l’esposizione in attesa di riscontri scientifici più accurati.
La domanda è: ma serviva un servizio di Report per far uscire un comunicato stampa che dava indicazioni precise soprattutto per la difesa della salute dei più piccoli?
Un interessante episodio segnalato durante la trasmissione arriva dalla scorsa estate quando l’allora Ministro Brunetta, incentivava l’utilizzo di computer e smart phone nelle aule scolastiche regalando il kit di installazione di antenne wireless alle scuole che ne facessero semplice richiesta: in circa 8000 hanno aderito! E’ seguita una breve critica in quanto l’Europa, sei mesi prima, si era espressa mediante una campagna informativa atta a minimizzare l’ esposizione non necessaria ai campi elettromagnetici.
Il problema non è solo quanto emette il singolo dispositivo, ma cosa possiamo fare per ridurre la nostra esposizione a questi campi.
Report ha concluso il servizio sottolineando alcune buona pratiche nell’utilizzo delle fonti di rischio:
- non usare il cordless, ma prediligere il telefono via cavo;
- usare sempre l’auricolare a filo quando si parla con il cellulare;
- mantenere il cellulare non attaccato al corpo.
Ci sono anche altri atteggiamenti da adottare su questo tema ( http://polab.it/srl/wp-content/uploads/2010/12/pieghevole-uso-cellulare-da-scaricare-.pdf ), ma basterebbero questi semplici gesti quotidiani per abbattere in maniera significativa la nostra esposizione ai campi elettromagnetici a radio frequenza, sia a casa che a lavoro. E anche in quest’ultimo bisogna mantenere alta l’attenzione. Dal 2012 entreranno in vigore i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici per la Sicurezza dei lavoratori (TU 81/2008). Quanti in questi anni di sospensione dei suddetti limiti si sono ritrovati immersi in campi potenzialmente dannosi? Pensiamo per un attimo ai metal-detector, ai sistemi antitaccheggio, ai sistemi di sicurezza senza fili, ai cordless degli uffici e cosi via.
Tutti, approcciando per la prima volta una problematica così poco conosciuta e chiara, possono cadere facilmente in due comuni errori: allarmismo o indifferenza. La cosa che bisogna tenere a mente sono i due principi sottolineati anche in sede Europea:
- il principio di precauzione e la recente mozione di evolverlo in quello di prevenzione;
- il principio ALARA (As Low As Reasonably Achievable, l’esposizione deve essere mantenuta al livello ragionevolmente più basso possibile).
Sottovalutare un problema di cui non si conoscono ancora a pieno gli effetti a lungo termine sarebbe un atteggiamento irresponsabile da parte di tutti: enti, amministrazioni, organismi internazionali, lavoratori e aziende. Anche questo argomento rientra nelle discussioni sulla qualità dell’ambiente in cui viviamo e sulla tutela della salute del cittadino.
Alessandro Valenza