Beviamo latte da 7500 anni
- Leonardo Debbia
- 2 Dicembre 2013
- Alimentazione, Salute, Salute & Medicina
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Durante l’ultima éra glaciale il latte era essenzialmente una tossina per gli adulti perché, a differenza dei bambini, questi non potevano produrre l’enzima lattasi, necessario per digerire il lattosio, il principale zucchero del latte.
Undicimila anni fa, in Medio Oriente, con l’avvento dell’agricoltura, le popolazioni di cacciatori-raccoglitori furono gradualmente sostituite da altre, dedite all’agricoltura, che sapevano anche allevare il bestiame e che riuscirono a ridurre il lattosio nei prodotti caseari a livelli tollerabili dalla fermentazione del latte per fare il formaggio e lo yogurt.
Diverse migliaia di anni più tardi, una mutazione genetica si diffuse in Europa, dando la capacità agli esseri umani antichi di produrre lattasi – e quindi poter bere il latte – per tutta la vita.
E’ la conclusione di uno studio pubblicato dalla rivista Nature.
L’adattamento evolutivo fu importantissimo, perché dette origine ad una nuova fonte di alimentazione che poteva sostituire le eventuali carestie e gli scarsi raccolti.
Si trattò di una vera e propria rivoluzione, che in Europa consentì alle popolazioni di agricoltori di sostituirsi alle popolazioni di cacciatori-raccoglitori, vissute su quei territori per millenni.
“L’ondata si diffuse rapidamente nel Nord Europa”, spiega Mark Thomas, genetista delle popolazioni presso l’University College di Londra, co-autore dello studio. “L’impronta lasciata fu notevole perché l’Europa è oggi l’area in cui, a differenza di altre regioni della Terra, la maggior parte delle persone tollera il latte”.
Quasi tutti i bambini, nel mondo, posseggono un enzima, la lattasi, indispensabile per scindere il lattosio presente nel latte materno. Questo enzima, nell’adulto, cessa però la sua funzione.
Dell’intera popolazione umana, dopo il settimo-ottavo anno di vita, solo il 35 per cento mantiene la capacità di digerire il latte.
E la maggior parte delle persone che hanno la capacità di digerire il latte hanno antenati in Europa, dove il tratto sembra essere legato ad un singolo nucleotide.
In Europa, una mutazione che ha originato l’allele LP (Lactase Persistance), è comparsa in tempi relativamente recenti, circa 7500 anni fa, nelle pianure ungheresi.
Il vantaggio selettivo offerto è stato di enorme portata.
Per studiare la storia di questa interazione, Thomas ha collaborato con Joachim Burger, paleogenetico presso l’Università Johannes Gutenberg di Magonza, Germania e Matthew Collins, bioarcheologo dell’Università di York, Regno unito. Il progetto è stato chiamato LeCHE (Lactase Persistance in the early Cultural History of Europe).
Mediante studi collegati di biologia molecolare, archeologia e chimica delle ceramiche antiche, si cercava anche di rispondere ad un quesito fondamentale: gli europei discendono da una popolazione indigena di cacciatori-raccoglitori o da agricoltori immigrati dal Medio Oriente? Siamo, in altri termini, frutto dell’evoluzione o di una semplice sostituzione?
Alcune prove vengono dalle ossa di animali trovate nei siti archeologici.
I modelli di crescita non dicono se la transizione neolitica in Europa avvenne per l’evoluzione o la sostituzione, ma le ossa dei bovini offrono importanti indizi.
Se i bovini erano allevati principalmente per la produzione di latte, i vitelli dovevano essere macellati entro il loro primo anno di vita affinchè le madri potessero essere munte e poter quindi avere latte a disposizione.
Il bestiame allevato per la macellazione veniva invece ucciso da adulto.
In precedenza era stato trovato che bovini allevati in siti neolitici europei erano legati a vacche provenienti dal Medio Oriente piuttosto che a bovini indigeni. Questo indicava che gli immigrati portavano con sé il loro bestiame, piuttosto che addomesticarli sul posto.
Anche il DNA umano dei siti dell’Europa centrale indica che gli agricoltori neolitici venivano da altre regioni.
Nel loro insieme, questi dati indicano che i primi agricoltori in Europa non furono cacciatori-raccoglitori mesolitici divenuti agricoltori, ma gente venuta da fuori, dice Burger.
Questo suggerisce l’ipotesi che sia stato il bisogno di latte a spingere verso la domesticazione.
Inoltre, con analisi chimiche sono state scoperte tracce di grassi del latte su dei cocci rinvenuti in siti anatolici di 8500 anni fa, molto prima che comparisse la mutazione per la persistenza al lattosio.
Le stesse analisi hanno chiarito anche il mistero sorto attorno ad un reperto insolito rinvenuto in Polonia, un frammento di un recipiente di terracotta con piccoli fori circolari. La scoperta di acidi grassi sui cocci ha rivelato la sua funzione di filtro per la cagliata del siero, un antico strumento per la caseificazione, quindi.
Tirando le somme, tutti gli indizi disegnano un nuovo scenario.
All’incirca 10mila anni fa, alcune popolazioni anatoliche scoprirono – forse casualmente – il sistema di conservazione dei latticini, a minor contenuto di lattosio e quindi maggiormente tollerati e, nelle migrazioni verso Nord, ne esportarono l’uso, prima in Grecia, quindi nell’Europa centrale, soppiantando gradualmente le popolazioni indigene di cacciatori-raccoglitori.
Circa 7500 anni fa fece la sua comparsa l’allele LP che fornì un enorme vantaggio selettivo ai portatori.
Infatti, con l’estendersi della migrazione, l’allele venne esportato anche in Scandinavia e nelle Isole britanniche, dove oggi si registra la più alta tollerabilità al lattosio.
Leonardo Debbia