Salamandre e tritoni

La salamandra pezzata (Salamandra salamandra), così detta per le sue vistose macchie gialle su una colorazione nera, è un anfibio dell’ordine degli Urodeli. E’ presente in Italia come S. s. salamandra sull’arco alpino e S. s. gigliolii lungo tutto l’Appennino e nelle Alpi Marittime dove l’areale di distribuzione dei due taxa si sovrappone. Difficilmente la si incontra nelle zone di pianura.
Frequenta per lo più ambienti boschivi a latifoglie tipici degli orizzonti submontano e montano inferiore (castagneto e faggeta), dove è facilmente osservabile nei pressi dei corsi d’acqua.
Ha la pelle liscia e lucente, cosparsa di piccole ghiandole secernenti un muco che ricopre l’animale, che ha una funzione battericida (protegge la pelle dalle infezioni), riduce la disidratazione e ha un gusto repellente per gli eventuali predatori. Possiede una lunga coda. Continue reading

Celacanto: un fossile vivente

La lettura dell’interessante articolo dedicato alle cernie (vedi) mi ha ricordato un altro gigante degli oceani, molto simile nell’aspetto alle cernie, ma molto diverso per storia evolutiva e nelle abitudini di vita: il celacanto (Latimeria chalumnae).
Questo pesce osseo appartiene alla classe dei Sarcopterigi, i cui unici rappresentanti viventi restano appunto il celacanto e i Dipnoi, dei curiosi pesci polmonati, che vivono a latitudini australi. Gli altri rappresentanti di questa classe sono tutti estinti, ma sono molto importanti evolutivamente, perché proprio da questo gruppo si diversificò la linea che avrebbe portato alla nascita degli Anfibi e quindi di tutti i vertebrati superiori. In realtà fino al 1938, anno in cui venne riconosciuto sul banco di un pescatore in Sudafrica, si pensava che anche il celacanto fosse estinto. Da allora divenne il “fossile vivente” per antonomasia. Si stima che esistano ancora poche migliaia di esemplari di questa specie, distribuiti nell’Oceano Indiano. Il gruppo ha origine addirittura nel Devoniano e sembra che sia rimasto sostanzialmente invariato dalla crisi di fine Cretaceo ad oggi, crisi che probabilmente è riuscito a superare grazie al suo stile di vita in acque profonde. Continue reading

La teoria delle scogliere coralline di Darwin

Nel 2009 ci sono state le celebrazioni per i 150 anni dalla pubblicazione de “L’origine delle specie” di Charles Darwin, un libro che segnò una rivoluzione nella storia del pensiero scientifico e che rese al suo autore una fama mondiale. La grandezza di questa opera ha offuscato il ricordo di altri importanti lavori del grande naturalista inglese, tanto che pochi ricordano il fondamentale contributo che Darwin ha dato in altre branche delle scienze naturali: la sua letteratura è tanto vasta quanto diversificata e, oltre all’evoluzionismo in senso stretto, tratta anche di geologia, zoologia e botanica.
Le sue opere “minori” più importanti sono: gli originali studi sulla sistematica dei Cirripedi, un variegato e molto specializzato gruppo di Crostacei sessili (“Monografie dei Lepadidi e dei Balanidi”); trattati sulla fisiologia delle piante, in particolare sulle orchidee (“I vari espedienti mediante i quali le orchidee vengono impollinate dagli insetti”); analisi dei comportamenti degli animali superiori (“L’espressione dell’emozioni nell’uomo e negli animali”); l’elaborazione di importanti sistemi geologici (“La struttura e la distribuzione delle barriere coralline”). Tutte le opere di Darwin sono riconducibili a un unico metodo di lavoro, che fa di lui il primo grande naturalista moderno: questo metodo scientifico era basato su modelli e tecniche ipotetico-deduttive. Osservare-Riflettere-Ipotizzare-Confutare: questi sono i cardini della sua filosofia e ciò che lo rende straordinariamente moderno, perché la scienza non progredisce accumulando prove a favore di un’ipotesi, ma cercando al contrario di dimostrarne la falsità, proprio ciò che Darwin cerca di fare minuziosamente in tutti i suoi lavori. Continue reading