Liberato un cucciolo di gorilla rapito dai bracconieri in Congo

22 Ottobre 2011 - di Elisabetta Carlin

Grazie ad una delicata operazione sotto copertura, le guardie del Parco Virunga sono riuscite a trarre in salvo il cucciolo di un anno e mezzo e ad arrestare 3 bracconieri, che detenevano il piccolo dentro uno zaino.baby gorilla Era chiuso dentro un sacco, teso e spaventato, stringendosi le braccia intorno al corpo per ricordare ancora una volta la stretta materna che gli dava sicurezza e lo proteggeva dai pericoli del mondo esterno. Ma il piccolo Shamavu – come è stato ribattezzato in onore del suo salvatore, la guardia forestale Christian Shamavu, del Virunga Gorilla Park in Congo – conserva negli occhi  il ricordo indelebile della morte di sua madre e degli altri componenti del nucleo familiare, uccisi dai bracconieri,  poiché essendo animali sociali hanno tentato di difendere il piccolo fino alla morte.  La guardia Christian Shamavu racconta che questo è già il quarto gorilla strappato dalle mani insanguinate del mercato nero dall’inizio del 2011: “Abbiamo salvato cuccioli che avevano ferite da arma da fuoco, polmonite, o tagli profondi provocati dalle corde con cui erano legati”.

I cuccioli così giovani, come Shamavu, dipendono totalmente dalla madre e passano il loro tempo aggrappati alla sua schiena. In seguito alla separazione  subiscono un forte trauma. Ecco perché per lui sarà difficile abituarsi alla sua mancanza e il bisogno del contatto fisico materno sarà un tormento  costante. I veterinari del parco Virunga sostengono che sia molto improbabile una veloce reintroduzione  in natura del piccolo gorilla, poiché i giovani, strappati precocemente alla madre, raramente sopravvivono.

I gorilla di montagna sono strettamente protetti in Congo, poiché sono tra le specie più vulnerabili ed è severamente vietato ucciderli o rapirli: la pena è di 10 anni di prigione e questa si inasprisce se per rapire il piccolo viene uccisa la madre o altri gorilla. Il problema più grande è riuscire a dimostrare queste uccisioni. I compratori sono zoo e privati collezionisti senza scrupoli e, purtroppo fin’ora, i ranger non sono riusciti ad arrestare neanche un compratore.  Le guardie sono quotidianamente impegnate per la salvaguardia di questi animali, con pattuglie anti-bracconaggio che disinnescano trappole, compiono rischiose azioni sotto copertura, cercano di sensibilizzare le comunità locali e subiscono attacchi dei bracconieri, spesso rimettendoci la vita, come è successo quest’anno ad 11 guardie del Parco Virunga.

La foresta incontaminata in cui la famosa primatologa Dian Fossey compiva i suoi studi sulle ultime popolazioni di gorilla di montagna e in cui è stata uccisa dai bracconieri nel 1985, è diventata oggi un campo di battaglia nel quale, a causa dell’assenza di concreti aiuti governativi, i ranger si trovano da soli a dover combattere contro bracconieri, banditi e anche contro la milizia dei ribelli ruandesi hutu, la FDLR (Forces démocratiques pour la libération du Ruanda, responsabile del genocidio del Ruanda nel 1994) . La FDLR infatti da anni sfrutta la fitta foresta delle montagne Virunga per alimentare il traffico di carbonella e per la coltivazione della marijuana: la carbonella viene prodotta tagliando illegalmente gli alberi del parco e facendo bruciare lentamente la legna per sei giorni in un forno artigianale ricoperto di terriccio. Il prodotto finale viene poi rivenduto sul mercato nero o scambiato con armi e proiettili. Una volta venduta la carbonella, la FDRL disbosca l’area e pianta la  marijuana, che verrà poi raccolta, trattata chimicamente e rivenduta o barattata con armi, proiettili ed uniformi.

Il Parco Virunga è situato tra Ruanda Congo ed Uganda, tre paesi che a lungo hanno subito sanguinose guerre civili e povertà. Oggi si richiede ai governi di questi paesi uno sforzo congiunto contro i  traffici illeciti di materie prime, di animali e contro lo sfruttamento della loro importantissima risorsa naturale ed economica che è il parco stesso, senza il quale il turismo e gli introiti economici che da esso derivano, non esisterebbero più.

In questo luogo anche i gorilla, come il resto dell’habitat, sono esposti ad un continuo e serio pericolo. Il mercato nero fissa il prezzo della vita di questi animali: 40.000 dollari  è la cifra a cui può essere venduto un piccolo gorilla, che da quel momento diventa un animaletto da compagnia, fin quando non raggiunge l’età adulta e l’ingombrante peso di 180 km. A quel punto diventa incontrollabile e la sua sorte è segnata: finisce in gabbia o viene soppresso.

Il piccolo Shamavu è stato salvato da questa triste sorte. Ora sta meglio, è nelle mani sicure di una équipe di veterinari che si occupa di lui ogni giorno e tenta di assicurargli un futuro migliore, ma il reinserimento in natura è lontano: ha perso ciò che rappresentava tutto il suo mondo,  la sua famiglia e la foresta. Gli ci vorrà del tempo per rassegnarsi alla nuova realtà a cui, individui avidi e senza scrupoli, lo hanno irrimediabilmente condannato.

Elisabetta Carlin

baby gorilla
Fotografia per gentile concessione LuAnne Cadd, Virunga Gorilla Park