Strategie antifreddo

Scritto da:
Paola Pinto
Durata:
1 minuto

strategie-antifreddoFreddo, gelo e vento hanno fatto la loro comparsa. Anche la neve è arrivata ad imbiancare, qua e là, montagne e città. Indossati cappotti, guanti e cappelli, ci proteggiamo dal freddo, o, almeno, tentiamo.  Anche per gli animali, l’inverno rappresenta un momento critico. Per alcuni di essi, il freddo è davvero insopportabile, per altri diviene difficile procacciarsi il cibo e, di conseguenza, arduo ed energicamente troppo dispendioso rimanere caldi. E così, non potendo utilizzare gli umani mezzi per ripararsi, molte specie  adottano delle strategie per superare questa rigida stagione.

Chi ha la possibilità, come gli Uccelli, migra verso luoghi con clima più mite. C’è chi, invece, attua uno stratagemma molto diverso, ma altrettanto efficace: il letargo. Questo è uno stato di torpore, un sonno più o meno profondo cui si abbandonano i mammiferi per affrontare i mesi più freddi dell’anno. I Mammiferi che trascorrono così l’inverno si presentano quasi o totalmente immobili, rintanati in cavità accuratamente scelte, senza assumere cibo. In essi, il letargo assume degli aspetti peculiari, in quanto intervengono imponenti meccanismi di regolazione delle funzioni organiche. All’immobilità si associa, infatti, l’attenuazione del battito cardiaco, che si riduce all’incirca a 3 pulsazioni al minuto; l’abbassamento del ritmo respiratorio e della temperatura corporea, sino a raggiungere i 4°C; il rallentamento delle perdite d’acqua; la riduzione del metabolismo. Il tutto è preceduto da una fase di accumulo di grasso, che verrà metabolizzato durante questa fase. A svolgere questa funzione interviene la “ghiandola del letargo”.

Impropriamente definita tale, in realtà consiste di  un ammasso di tessuto adiposo, situato nel torace e nell’addome con ramificazioni che spesso raggiungono la zona cervicale. Il compito di questo tessuto sarebbe appunto quello di conservare i lipidi in piccole catene, rendendoli disponibili durante la fase letargica. Quanto appena descritto, rappresenta un caso “estremo”. Difatti questo letargo molto accentuato è tipico solo di una parte di Mammiferi: molti pipistrelli (Chirotteri), un solo Insettivoro(il riccio), l’echidna e l’ornitorinco (Monotremi), alcuni Marsupiali e qualche Roditore (marmotta, ghiro, criceto, moscardino). In altre specie di Mammiferi, il letargo si manifesta con aspetti diversi. E’ questo il caso dello stato di torpore dell’orso, durante il quale l’organismo pur non assumendo né cibo né acqua, continua a svolgere tutte le  funzioni fisiologiche, anche se in forma ridotta, e la temperatura corporea non subisce mai un brusco calo. Inoltre, si possono osservare intermittenti risvegli e la capacità da parte delle femmine di partorire e allattare i cuccioli.

Un’altra variazione sul tema è offerta dallo scoiattolo. Il suo non può definirsi un vero e proprio letargo, bensì un sonno prolungato alternato a periodi di esigua attività, dedicata alla ricerca di cibo immagazzinato precedentemente in vari depositi. Fin ad ora abbiamo parlato solo dei Mammiferi, ma il freddo è un problema che affligge un po’ tutti gli animali. Lo sanno bene i vertebrati a sangue freddo e certi Invertebrati. Anche se nel loro caso è più corretto parlare di ibernazione, il comportamento adottato durante l’inverno da questi animali ha lo stesso significato adattativo del letargo dei Mammiferi. Tartarughe, rane e serpenti ai primi freddi invernali si rintanano in profonde buche, in uno stato di torpore che comporta un drastico rallentamento del metabolismo. Rettili ed Anfibi, essendo animali a sangue freddo, per mantenere costante la temperatura corporea dipendono dal calore del sole, che fornisce energia al loro metabolismo.

In inverno, con il freddo e l’irraggiamento solare ridotto e meno intenso, risulta molto difficile per questi animali far fronte alle loro necessità fisiologiche. Pertanto, anche in questo caso, l’unico escamotage per sopravvivere è condurre una vita latente, permanere in uno stato di sospensione reversibile dei processi vitali. Pure molti Insetti non ne vogliono proprio sapere di stare al freddo.  Api, vespe, calabroni e formiche cercano un rifugio e vi trascorrono la stagione fredda dormendo; appena le condizioni climatiche ritornano alla normalità, l’attività dell’insetto riprende. Si parla in questo caso di quiescenza. Insomma, qualsiasi nome gli si attribuisca, declinato in modi diversi, questo comportamento conserva sempre lo stesso significato adattativo di difesa dalle avversità climatiche, a dimostrazione del fatto che in natura tutte le specie mirano alla sopravvivenza. A questo punto, mi viene da pensare che, dopo tutto, non è tanto giusto affermare che “chi dorme, non piglia pesci”!

Paola Pinto
30 dicembre 2012