Spiegati i misteriosi cerchi in mare al largo della costa danese
- Leonardo Debbia
- 8 Febbraio 2014
- Ambiente & Natura
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Crateri di bombe della Seconda guerra mondiale o aree di atterraggio per alieni? La fantasia popolare si scatenò alcuni anni fa su un curioso fenomeno marino.
La storia ebbe inizio nel 2008, con le immagini di misteriosi cerchi in mare riprese da un turista al largo della costa baltica della Danimarca. Fu tentata una spiegazione del fenomeno, ma non trovò molto credito.
Ora, i ricercatori della University of South Denmark e dell’Università di Copenhagen hanno presentato i risultati delle loro indagini e dei loro studi.
Le prime immagini erano fotografie di un turista che mostravano alcune strane formazioni circolari in acque poco profonde, al largo delle famose scogliere di gesso dell’isola di Mon, in Danimarca, le falesie del Cretaceo che raggiungono un’altezza di 130 metri e si estendono per una lunghezza di 12 chilometri.
L’origine delle scogliere risale a 75 milioni di anni fa, alla deposizione sui fondali marini di strati di resti animali e vegetali che, milioni di anni dopo, durante l’ultima glaciazione, sotto la spinta di massicci ghiacciai emersero dal fondo del mare. Col tempo, il mar Baltico modellò la roccia gessosa, creando le meravigliose scogliere a picco, attuale mèta di visitatori e studiosi di paleontologia e biologia marina.
Tornando agli strani avvistamenti in mare, nel 2011 i cerchi si ripresentarono e questa volta a vederli furono in tanti, ‘media’ compresi.
I biologi marini giunsero alla conclusione che queste formazioni erano costituite da piante eelgrass (Zostera marina), che crescono sui fondali poco profondi, ma non andarono oltre.
Solo ora gli scienziati sono riusciti a spiegare il motivo per cui le eelgrass crescano in cerchi proprio qui, mentre di solito formano bellissime praterie in fondo al mare.
“Il fenomeno non ha niente a che fare con crateri di bombe o segnali di atterraggio per astronavi aliene. E neppure con le fate, come è stato ventilato dalla fantasia di alcuni, che hanno rispolverato gli analoghi e famosissimi ‘cerchi nel grano’ comparsi un po’ovunque sulla terra”, assicurano i biologi Marianne Holmer, della University of South Denmark, e Jens Borum, dell’Università di Copenhagen.
I cerchi di eelgrass possono avere anche 15 metri di diametro e un bordo composto da lussureggianti piante verdi, mentre all’interno dei cerchi le piante si diradano moltissimo, fino ad essere praticamente inesistenti.
“Abbiamo studiato il fango che si accumula tra le piante eelgrass e si è constatato che contiene sostanze tossiche per queste piante”, spiegano Holmes e Borum.
Le sostanze sono i solfuri, tipicamente solfuri di ferro, quali pirite e marcasite, che si accumulano nei fondali marini al largo dell’isola di Mon, in acque carenti di ossigeno e molto calcaree.
“La maggio parte del fango viene lavato via dal fondale calcareo e sterile, ma come gli alberi trattengono il terreno su una collina, le piante eelgrass trattengono il fango con conseguenti ristagni di elevate concentrazioni di solfuri”, dicono i ricercatori.
I solfuri sono sufficientemente tossici per indebolire vecchie e nuove eelgrass, ma non abbastanza per danneggiare le robuste piante adulte e dato che le eelgrass si estendono radialmente dall’interno verso l’esterno, al centro dei cerchi rimangono le piante più vecchie e più deboli.
Holmes e Borum dicono: “La crescita delle popolazioni eelgrass avviene con stoloni che si sviluppano radialmente in tutte le direzioni e quindi ogni pianta origina un modello di crescita circolare. Il solfuro inizia la sua azione aggredendo le più vecchie, quindi la parte centrale, dove l’emissione di solfuro è maggiore e maggiore è l’assorbimento, facilitato dal fango, da parte delle piante. Il risultato è una forma circolare eccezionale, in cui solo il bordo sopravvive, come accade nei ‘cerchi magici’ dei campi di grano”.
Naturalmente, le acque al largo delle scogliere di gesso di Mon non sono l’unico luogo dove si assiste ad un fenomeno del genere. L’avvelenamento delle eelgrass per opera di solfuro è un grave problema a livello mondiale. I solfuri sono spesso associati alla carenza di ossigeno sul fondo, in luoghi dove vengono scaricati i nutrienti per l’agricoltura.
Le praterie sottomarine di eelgrass e di altre fanerogame marine (o seagrass) crescono in molte parti del mondo, ospitando una varietà di piccoli animali (anemoni di mare, vermi, lumache, granchi patelle) e permettendo loro di filtrare l’acqua e intrappolare carbonio e sostanze nutritive.
Purtroppo queste estensioni verdeggianti sono minacciate in quasi ogni parte del pianeta, anche se in molti luoghi, come in Danimarca, i ricercatori e le autorità competenti si impegnano per prevenire la scomparsa definitiva delle fanerogame marine.
Le seagrass non sono alghe ma piante con radici, fiori e foglie. Esistono circa 60 specie di fanerogame che si riproducono sui fondali, con eelgrass (Zostera marina) nelle zone temperate e Halophila ovalis nelle zone tropicali e subtropicali.
Le seagrass hanno bisogno di luce, sufficiente se almeno il 10 per cento riesce a raggiungere le piante e, ovviamente, di acque ‘pulite’, che ne consentano l’esistenza.
Leonardo Debbia
8 febbraio 2014