Pendolari

Gli uccelli rappresentano, se non l’unico, il più vistoso esempio di animali viaggiatori pendolari. Molte specie di questa classe di vertebrati, come a tutti sarà noto, compiono spostamenti periodici da un territorio ad un altro. Questi, prendono il nome di migrazioni. Nel caso degli uccelli, si contano due viaggi l’anno: una migrazione di andata compiuta nel periodo autunnale, anche conosciuta col nome di “passo”, e una migrazione di ritorno in primavera, anche detta “ripasso”. Alla maniera degli ornitologi, possiamo dire che la migrazione rappresenta il movimento regolare e pendolare tra le aree riproduttive ( o di nidificazione) e quelle non-riproduttive (o di svernamento). Durante questi viaggi, i nostri amici volatili coprono distanze considerevoli e questo già di per sé rappresenta un fenomeno affascinante. Ma, a mio parere, ancor più entusiasmante risulta essere la loro capacità di orientamento. Come è stato dimostrato da numerose osservazioni e dall’analisi dei dati ottenuti con l’inanellamento, gli uccelli migratori frequentano sempre le stesse zone e, cosa ancor più stupefacente, le raggiungono seguendo sempre l’identica rotta. Numerosi studi sono stati condotti per spiegare l’abilità nell’orientarsi delle varie specie e l’unico dato certo che è emerso è che gli uccelli sono capaci di percepire il magnetismo terrestre. Ma sul modo in cui lo “sentono” sono state elaborate varie teorie, fra tutte, però, le più accreditate sembravano essere due.
In base alla prima di queste ipotesi , l’informazione proveniente dal campo magnetico terrestre verrebbe catturata da un magnetorecettore a base di cristalli di magnetite, contenuti nel becco. Questi piccoli cristalli, orientandosi a seconda del campo magnetico terrestre, invierebbero impulsi elettrici ad una parte del nervo trigemino (5° paio di nervi cranici) e da questo al cervello, permettendo agli individui di conoscere la direzione da intraprendere.
La seconda teoria può essere definita “visiva”. Infatti, gli studi del team di biologi del dott. H. Mouritsen dell’università di Oldenburg, Germania, pubblicati nel 2009 sulla rivista Nature, sembravano confermare che il campo magnetico terrestre stimolasse alcuni pigmenti all’interno dell’occhio, i criptocromi. Essi sono dei fotorecettori che si attivano in presenza di luce blu, generando strutture elettroniche, le coppie radicaliche, sensibili al campo magnetico. Queste strutture permetterebbero agli uccelli di percepire il magnetismo terrestre come una vera e propria sensazione visiva, da trasmettere, attraverso il nervo ottico, ad un’area cerebrale deputata all’orientamento, il Cluster N.
Oggi, entrambe queste teorie sono state messe in discussione da un recentissimo studio del ricercatore Treiber dell’Istituto di Patologia Molecolare “Dr. Bohr-Grasse” di Vienna . Questi sostiene, col supporto di risultati immunoistochimici, che gli ammassi di cellule situati nella parte superiore del becco (ma non solo presenti in questa zona), non sono neuroni magnetosensibili, ma bensì macrofagi, cioè cellule ricche di ferro del sistema immunitario. Il loro ruolo sarebbe solo di difesa dell’organismo e di riciclo del ferro. Questa cellule non avrebbero alcuna capacità di trasmettere impulsi nervosi e quindi non potrebbero essere in alcun modo coinvolte nel sistema di orientamento. La questione è ancora aperta e come questi animali si orientino, è un mistero che si infittisce.
Insomma, questa nuova teoria rianima il dibattito scientifico e dimostra che è più facile per gli uccelli intraprendere viaggi sconfinati , che per noi orientarci nel loro mondo.

Paola Pinto