Nelle foreste l’origine della formazione delle nuvole?

Le nuvole giocano un ruolo critico nel clima della Terra. Ma le nuvole sono anche la più grande fonte di incertezza negli attuali modelli climatici, almeno stando a quanto espresso dall’ultimo rapporto dell’IPCC, il Gruppo Intergovernativo sui cambiamenti climatici.

E questa incertezza è dovuta in gran parte alla complessità del processo di formazione delle nuvole.

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Una nuova ricerca di scienziati del programma CLOUD (Cosmic Leaving Outdoor Droplets) presso il CERN, tra cui Neil Donahue, della Carnegie Mellon University o CMU di Pittsburgh, Pennsylvania), getta luce sulle modalità di formazione di nuove particelle, il primo passo, cioè, verso la formazione di una nube, passo che si rivela una componente critica dei modelli climatici.

I risultati dello studio, pubblicati su Science, corrispondono alle osservazioni eseguite direttamente in atmosfera e riprodotte in laboratorio e contribuiscono a rendere più accurati i modelli di previsione del clima.

Ma descriviamo meglio il processo di formazione di una nuvola.

Le goccioline di cui è costituita una nuvola si formano quando il vapore acqueo dell’atmosfera si condensa su particelle minuscole. Queste particelle possono essere emesse direttamente da fonti naturali o da attività umane o perchè vengono originate da inquinanti gassosi.

La trasformazione di molecole di gas in gruppi e quindi in altre molecole è il processo chiamato ‘nucleazione’ e produce più della metà delle particelle che sono alla base della formazione delle nuvole in ogni parte del mondo.

La nucleazione avviene attorno ad un centro di nucleazione, che è dato da una particella presente in una soluzione satura o sovrassatura; nel caso delle nuvole, il vapore acqueo .

La particella assume quindi il ruolo di protagonista, dato che è da questa che prende l’avvio tutto il processo. Senza particella, niente aggregazione di vapore e quindi niente nube.

Ma se si è capito qual è il punto di partenza del processo, tuttavia i meccanismi alla base della nucleazione rimangono poco chiari.

Quali sono le condizioni per cui una particella diventa un centro di nucleazione?

Anche se gli scienziati hanno osservato che il processo di nucleazione comporta quasi sempre la presenza di acido solforico, le concentrazioni di questo non sono sempre sufficientemente elevate per poter spiegare il tasso di formazione delle particelle nell’atmosfera terrestre.

Questo nuovo studio rivela la necessità di un secondo fattore, essenziale per questo fenomeno, la presenza, nell’aria, di composti altamente ossidati.

“Le nostre misurazioni si collegano direttamente alle sostanze organiche ossidate, alla formazione delle particelle e alla loro crescita”, spiega Neil Donahue, docente di chimica, ingegnere chimico e direttore dell’Istituto Steinbrenner per l’Educazione Ambientale e la Ricerca presso la CMU. “Fino ad un anno fa non avevamo idea di questo processo chimico. Esiste un intero ramo dell’ossidazione che dobbiamo ancora comprendere appieno”.

L’aria che respiriamo è piena zeppa di composti organici, liquidi o particelle solide che provengono da centinaia di fonti, tra cui alberi, vulcani, auto, fuoco di legna, scarichi domestici e industriali.

Una volta entrati nell’atmosfera, questi cosiddetti ‘organici’, però, iniziano a cambiare.

Nella ricerca pubblicata negli Atti della National Academy of Sciences, Donahue e colleghi hanno dimostrato in modo esaustivo che le molecole organiche emesse da alberi di pino, chiamate alfa-pinene, poste in un ambiente fortemente ossidante, si trasformano chimicamente più volte.

Durante la ricerca in laboratorio è stato osservato che queste sostanze organiche ossidate prendono parte alla nucleazione, sia come particelle neo-formate che come prodotti in crescita.

Donahue ha voluto testare questo fenomeno insieme ad un team internazionale di ricercatori del CERN mediante l’esperimento CLOUD.

Il progetto CLOUD al CERN è una procedura unica che consente agli scienziati di riprodurre all’interno di una camera in acciaio inox, privo di contaminanti, un ambiente-tipo.

Eseguendo la sperimentazione in ambiente controllato, si può modificare la concentrazione delle sostanze chimiche coinvolte e quindi misurare accuratamente la velocità con cui vengono riprodotte le particelle.

Nella camera di ossidazione è stato introdotto biossido di zolfo e pinanediol (un prodotto derivato dall’ossidazione delle alfa-pinene) e poi radicali ossidrili, l’ossidante dominante nell’atmosfera terrestre.

Usando la spettrometria di massa ad altissima risoluzione è stato possibile seguire il processo di ossidazione, la genesi delle molecole gassose e l’aggregazione delle singole molecole fino a gruppi di 10.

“Si è scoperto che l’acido solforico e questi composti organici si attraggono. Se ne deduce che anche in atmosfera avvenga un simile processo di aggregazione”, ha dichiarato Donahue.

Verificato che gli organici ossidati sono alla base della crescita delle particelle, gli scienziati hanno raccolto i risultati in un modello di formazione delle particelle molto accurato che prevede sia i tassi di nucleazione, sia l’aumento e la diminuzione negli esperimenti eseguiti e poi verificati in natura, in particolare in aree vicine alle foreste.

E proprio in questo test è stato confermato il ruolo fondamentale che le foreste rivestono nella prima fase della formazione delle nuvole, come basi di partenza per l’immissione di particelle di organici nell’atmosfera.

Leonardo Debbia
23 maggio 2014