Foresta tropicale montana. Alberi che amano le nuvole

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto
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Distribuzione delle foreste pluviali tropicali

Le foreste pluviali tropicali sono localizzate nella fascia equatoriale del nostro pianeta. Costituiscono un sistema ambientale complesso, chiamato anche bioma, ossia un insieme di ecosistemi in cui comunità animali e vegetali hanno raggiunto una relativa stabilità in base alle condizioni climatiche, ad una particolare vegetazione dominante che ospita, a sua volta, una determinata fauna.

Nel bioma individuato da queste foreste si ha la massima biodiversità delle specie, dal momento che, da sole, ospitano circa la metà delle specie animali e vegetali esistenti.

Un particolare tipo di foresta pluviale tropicale è quella “montana”, la foresta che cresce nella fascia tropicale al di sopra dei 1000 metri di quota e che è anche detta “foresta delle nuvole”.

La maggior parte delle precipitazioni che interessa questa tipica foresta proviene dalle nebbie che risalgono dai bassopiani piovosi e umidi.

Gli alberi sono più bassi e offrono una copertura vegetale meno sviluppata rispetto agli alberi delle foreste dei bassopiani ma, nonostante questo, sono abbondantemente ricoperti di epifite, cioè muschi e altre piante autotrofe, capaci cioè di sintetizzare le molecole necessarie per la loro vita servendosi di sostanze inorganiche quali acqua, ammoniaca e anidride carbonica, oltre ovviamente alla luce del sole, senza aver bisogno di altri organismi o dover ricorrere ad altre sostanze organiche.

La presenza di muschi, felci e anche bambù è dovuta all’abbondanza di umidità portata dalla nebbia in transito.

Sono diffuse sui medi versanti delle Ande (Ecuador, Perù, Colombia, Venezuela), in America Centrale (Riserva di Monteverde), nel Borneo (Mount Kinabalu) e nel Centro Africa (Etiopia, Kenia, Zaire, Uganda).

In genere, in queste foreste non si trovano i grossi mammiferi, per la scarsa presenza di alberi da frutto, mentre sono frequenti le specie endemiche, dovute all’isolamento cui sono soggette queste aree, disposte “a chiazze” sui versanti montani e isolate quindi da diversi ostacoli naturali, quali l’altitudine, la morfologia dei versanti, la presenza di rilievi e di depressioni.

Tra le specie più rappresentative che popolano queste aree, si possono citare i colibrì, le salamandre e le rane (caratteristico, il rospo dorato di Monteverde, oggi estinto).

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Foto di un esemplare di rospo dorato di Monteverde, ormai dichiarato estinto. L’ultimo avvistamento risale al 1989. Il riscaldamento globale è stato ritenuto tra le probabili cause di estinzione di questa specie di anfibio. La pelle molto sensibile e il fatto di nascere nell’acqua lo hanno sicuramente reso particolarmente suscettibile ai cambiamenti del suo habitat, che ha subito un innalzamento di quota della fascia che comprende la foresta pluviale. Gli stagni che lo ospitavano, a seguito del riscaldamento, si sono prosciugati, impedendogli la sopravvivenza.
Non è neppure esclusa comunque la chitridiomicosi, una malattia della pelle degli anfibi causata dal fungo Batrachochytrium dendrobatidis.

Di recente si è scoperto che gli alberi delle foreste pluviali montane non usano solo le radici per attingere l’acqua.

Gli scienziati dell’Università della California, Berkeley, hanno scoperto che questi alberi, per mezzo delle foglie, possono assumere l’acqua di cui hanno bisogno direttamente dalle nuvole.

Si tratta di una strategia essenziale di sopravvivenza  per questi alberi tipici di aree nebbiose, che si servono della presenza di nuvole e che ora stanno scomparendo a causa dei cambiamenti climatici, in ambienti divenuti sempre più asciutti.

Questo studio, in larga parte finanziato dalla National Geographic Society, sarà pubblicato l’anno prossimo sulla rivista Ecology Letters, ma è disponibile nella versione on- line già da questo mese.

“Lo studio mette in evidenza la vulnerabilità di questo ecosistema, raro e già in via di estinzione a causa dei cambiamenti climatici”, ha annunciato Todd Dawson, autore senior della ricerca e docente di Biologia Integrativa della stessa Berkeley.

I cambiamenti della copertura nuvolosa erano già stati messi in relazione con il declino e la scomparsa di popolazioni animali della foresta pluviale quali, ad esempio, rane e salamandre.

Nelle foreste pluviali tropicali le foglie degli alberi sono costantemente immerse nelle nuvole, che le rendono quindi costantemente bagnate.

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Foresta pluviale tropicale. Riserva di Monteverde in Costa Rica (da Wikipedia)

“Le foglie degli alberi più comuni di queste foreste pluvialiassorbono l’acqua dalle nuvole allorchè l’acqua del solo terreno non è più sufficiente”, ha dichiarato Greg Goldsmith, ricercatore del laboratorio di Dawson e co-autore principale dello studio.

“Molte foreste pluviali soffrono una stagione secca all’anno, e quando l’approvvigionamento primario d’acqua non viene più dalla pioggia, si ricorre allora all’umidità fornita dalle nuvole”, prosegue Goldsmith. “In questa situazione, gli alberi mostrano una chiara tendenza ad assorbire l’acqua attraverso le foglie”.

Lavorando nella Riserva di Monteverde, in Costa Rica, i ricercatori hanno studiato modelli di umidificazione delle foglie causata dalle nuvole attraverso la creazione di piccole “foglie” di plastica su cui registravano i cambiamenti di tensione di un circuito elettrico in esse incorporato per rilevare l’umidità. Gli studiosi si sono serviti di sensori in miniatura installati sui rami delle piante per assicurarsi che l’acqua venisse assorbita dalle foglie quando queste venivano bagnate.

“I libri di testo ci insegnano che l’acqua viene assorbita dalle radici, si sposta attraverso il tronco e i rami e quindi arriva alle foglie. Certamente, il processo avviene in questo modo; ma non è raccontato per intero”, ha affermato Goldsmith. “Con i nostri sensori abbiamo osservato che l’acqua entra per mezzo delle foglie e compie un percorso a ritroso, attraverso i rami, verso il tronco”.

La ricerca si è basata su un precedente lavoro di Dawson che aveva osservato e studiato un fenomeno simile nelle sequoie della California.

Lo studio ha tuttavia rilevato che non tutti gli alberi sono in grado di assumere la medesima quantità d’acqua da una nuvola.

“Gli alberi che assorbono più acqua attraverso le foglie sono più vulnerabili alla diminuzione della copertura nuvolosa derivante dall’aumento delle temperature”, ha affermato Goldsmith.

“Questo lavoro fornisce una chiara dimostrazione delle interazioni tra nuvole e piante tropicali e costituisce una pietra miliare per la ricerca futura degli effetti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi tropicali montani, quali la foresta pluviale”, ha concluso Dawson.

Leonardo Debbia
21 dicembre 2012