L’altruismo e la cooperazione negli animali
- Redazione
- 24 Gennaio 2018
- Ambiente & Natura, Ecologia, Ecologia Animale, Etologia
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Nonostante molti esseri umani possano pensare che capacità di empatia, altruismo, cooperazione e aiuto del prossimo siano presenti solamente nella nostra specie, il mondo animale ci dice tutt’altro. Infatti, i comportamenti e le manifestazioni di questi fenomeni esistono anche in altre specie e possono essere anche molto diversi rispetto ai nostri. Grooming, offerte di cibo, alleanze…e ancora, chiamate di allarme, collaborazioni o salvataggi.
“You scratch my back and I’ll scratch yours”: questo detto inglese descrive al meglio una relazione cooperativa che porta vantaggi ad entrambi gli individui. Un po’ come succede nelle cosiddette simbiosi mutualistiche, dove specie diverse ottengono un vantaggio evolutivo dalla convivenza reciproca. Ma quello che alcuni esseri viventi non umani sono in grado di fare può andare ben oltre un semplice scambio di favori. Ad esempio tra gli animali esiste quello che si chiama altruismo reciproco, per il quale sono state stabilite tre condizioni essenziali affinché si evolva e si stabilisca. La prima è che ci siano piccoli costi da sostenere e grandi benefici da ricevere; la seconda è che ci sia un ritardo tra l’atto iniziale del dare e quello reciprocato; la terza è che esistano multiple opportunità per interagire, con il dare che dipende dal ricevere. Ciò che distingue un rapporto mutualistico da quello altruistico reciproco è la seconda condizione, ovvero l’assenza di un ritardo tra le azioni dei due “attori” biologici.
Negli animali sociali appartenenti a specie ittiche, negli Uccelli o nei Mammiferi lo stare in gruppo porta a notevoli vantaggi reciproci: ridurre la probabilità di essere predati, aumentare le possibilità di trovare un partner riproduttivo, nutrirsi del cibo cacciato o trovato da altri individui del gruppo, ecc. Ma cosa si intende realmente per altruismo negli animali?
In uno studio condotto dal neurobiologo Jean Decety dell’Università di Chicago e pubblicato su Science è stato visto come esista un forte componente empatica ed altruistica anche nei Roditori, simile a quella umana. Durante l’esperimento, quando ad un ratto veniva data la possibilità di scegliere tra salvare un suo conspecifico già conosciuto o mangiare un pezzo di cioccolato (un alimento particolarmente gradito) preferiva prima salvare il compagno e poi dividere il cibo oppure mangiare un po’ di cioccolato, liberare il compagno e lasciare che questo ne mangiaste il resto.
Sicuramente quando si parla di azioni altruistiche nel mondo animale, uno degli esempi classici che riguardano i Primati è il già citato grooming, ovvero lo spulciarsi reciprocamente. Un comportamento particolarmente noto e che ha un valore adattativo importante, oltre a servire per ridurre il numero di parassiti, anche per stabilire le gerarchie di dominanza e i rapporti sociali in moltissime specie. A questo proposito l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ha costituito un database raccogliendo dati etologici su 14 specie diverse di Primati, trovando risultati inattesi. Infatti, in contrasto con altre teorie precedenti, per il grooming la reciprocità sembra essere molto più importante rispetto al grado di parentela. In poche parole: se tu pulisci sarai pulito.
Un altro esempio di comportamento altruistico può essere quello messo in atto dai timon de “Il re leone”: gli individui della specie Suricata suricatta all’interno dei loro gruppi sociali possono ricoprire diversi ruoli e “mestieri”. Uno di questi è quello della sentinella, ovvero quell’individuo (o più individui, a seconda del contesto ambientale o della numerosità del gruppo) che si mette in posizione eretta in una zona rialzata e ha il compito di sorvegliare l’area circostante ed avvertire se ci dovessero essere predatori in arrivo. Chiaramente è fondamentale che ciascun individuo all’interno del gruppo sociale sia disposto, alternandosi di volta in volta, a ricoprire il ruolo di sentinella; in caso contrario verrebbe infranto il “contratto sociale” necessario per far sì che ci sia vero altruismo. E’ indubbio, quindi, che nella maggior parte dei casi, i rapporti altruistici, sociali o cooperativi sottintendano un necessario beneficio (a breve o lungo termine) sia per chi riceve e sia per chi attua l’azione benefica.
Un caso ancora dibattuto che si collega all’altruismo reciproco è quello dei pipistrelli vampiri. Questi particolari Chirotteri sono soliti alimentarsi con il sangue di altre specie animali e non possono sopravvivere se sono a digiuno per più di 60 ore. In questa problematica interviene il fenomeno dell’altruismo tra conspecifici. Infatti è stato osservato che alcuni individui rimasti a digiuno da diverse ore possono essere aiutati ed alimentati tramite il rigurgito di un loro compagno. Questi rigurgiti, come nel caso del grooming per i Primati, non sono effettuati a tutti in maniera casuale ma vengono privilegiati gli individui che in passato si sono resi protagonisti, a loro volta, di atti altruistici e secondariamente quelli più vicini dal punto di vista della parentela. Al momento, però, il dibattito è ancora aperto sul fatto che si possa considerare, o meno, un vero esempio di altruismo reciproco dato che sono stati osservati ancora pochi casi e non è stato del tutto escluso che la consanguineità possa essere un “privilegio” per ottenere il beneficio (e quindi l’attore, in maniera pseudo-egoista, avvantaggerebbe un individuo che condivide con lui una parte del patrimonio genetico).
Molto spesso l’esistenza di comportamenti altruistici o cooperativi è la prova dell’esistenza di un’elevata capacità empatica e il saper capire i bisogni di un altro individuo. Ma fenomeni di questo tipo non sono limitati ai Mammiferi. Basti pensare a tutte le specie di Insetti caratterizzate da eusocialità, in cui alcuni individui essendo sterili si “sacrificano” per aiutare altri individui della propria colonia a loro strettamente imparentati nella crescita e gestione della prole. Ma il principio che si trova alla base di questo rapporto collaborativo, studiato a lungo da W.D. Hamilton, è che questi preziosi “aiutanti” stanno indirettamente promovendo la trasmissione dei propri geni.
E se questo non bastasse, alcuni ricercatori stanno studiando da anni la comunicazione e la cooperazione che si stabilisce tra alcune specie vegetali. Esistono alberi, infatti, in grado di aiutarsi in caso di difficoltà, ad esempio lanciando un segnale d’allarme (prettamente di tipo chimico) ad altre piante nelle vicinanze affinchè queste corrano ai ripari, magari secernendo sostanze repellenti, nel caso ci fosse la presenza di un animale che si sta cibando delle proprie foglie.
Insomma l’esistenza di fenomeni correlabili all’altruismo o alla cooperazione mutualistica in altre specie, oltre che nell’Homo sapiens, seppur in diversissime forme, sembra ormai evidente. Ciò che resta da capire è se sia corretto parlare di reali atti benefici e disinteressati. Secondo alcuni studiosi il vero altruismo (privo di qualsiasi egoismo indiretto o rendiconto futuro) è una prerogativa solo umana. Come abbiamo visto però non è da escludere, almeno in alcuni casi presenti in Natura (ad esempio in quelle specie di Mammiferi che mostrino un elevato grado empatico e capacità emozionale), che questo possa esistere anche in altre specie diverse da noi.
Christian Lenzi
Bibliografia:
Hauser, M.D. (2010). Menti morali. Le origini naturali del bene e del male. Il Saggiatore.
Bartal, I. B. A., Decety, J., & Mason, P. (2011). Empathy and pro-social behavior in rats. Science, 334(6061), 1427-1430.
Hamilton, W.D. (1964). The genetical theory of social behaviour, I,II. Journal of Theoretical Biology, 7: 1–52. 5193(64)90038-4
Sitografia:
istc.cnr.it