Insetti senza frontiere: la cimice marmorata causa di una nuova emergenza fitosanitaria

Scritto da:
Marco Ferrari
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Questo insetto, di provenienza asiatica, era già stato segnalato in Svizzera, dai ricercatori dell’Istituto Federale di ricerca WSL (Eidg. Forschungsanstalt für Wald, Schnee und Landschaft) nel 2007; fu probabilmente introdotto attraverso individui celati in piante ornamentali. Si era allora ipotizzata una diffusione pandemica nell’areale centro-europeo, per via della mancanza di nemici naturali, e così è stato.

Halyomorpha halys cimice asiatica riconoscibile dai puntini arancioni sul pronoto (lo scudo posteriore al capo). Fonte Wiki Commons.
Halyomorpha halys, cimice asiatica riconoscibile dai puntini arancioni sul pronoto (lo scudo posteriore al capo). Fonte Wiki Commons.

La cimice, da poco rintracciata in Pianura Padana, è piuttosto dannosa per le piante da frutto, ornamentali e orticole. Si tratta di una specie moderatamente prolifica ma resistente e altamente polifaga.

Il problema ricalca quello delle coccinelle asiatiche di cui ho trattato in un precedente articolo, ma cosa si può fare in concreto?

Ci sono tre livelli di intervento in relazione allo stato della diffusione delle specie invasive.

Livello 1: le specie non sono ancora entrate in Italia ma se ne sospetta il rischio. In tal caso è opportuno attivare serrati controlli di frontiera sulle derrate alimentari, piante e le varie sostanze organiche che possono ospitare i diversi stadi degli insetti invasivi. Si rivela indispensabile una normativa europea, al momento allo studio, che permetta di uniformare i controlli e una rete attiva di scambio informazioni. Controlli fitosanitari anche sulle partite di legname e opportune tecniche di disinfestazione/fumigazione. Uso della quarantena per partite sospette. Il discorso deve essere allargato anche a virosi e batteriosi patogene, funghi e piante infestanti. Paesi come Australia, Canada e Nuova Zelanda hanno una normativa e una rete di controllo all’avanguardia e rappresentano un esempio da seguire.

Livello 2: le specie sono riuscite ad introdursi e iniziano ad ambientarsi. In questa situazione buona parte degli invasori non riesce ad acclimatarsi e perisce; ma comunque è necessaria una stretta sorveglianza sul campo e trattamenti mirati ai primi rintracci delle specie aliene. Evidentemente è molto più facile e meno costoso contrastare una colonizzazione agli inizi, prima dell’esplosione demografica e della diffusione radiale.

Livello 3: L’invasione non più contenibile sia per i costi proibitivi di intervento che per l’estensione degli areali interessati. Si possono tentare trattamenti contenitivi, per aree poco estese e per brevi periodi, ma che non potranno essere risolutivi essendo comunque alto il rischio di reinfestazione dagli areali vicini già contaminati. La possibilità di inserire nemici naturali limitanti, anche se è una strada che ha visto molti insuccessi, può rivelarsi un metodo più rispettoso della complessità degli ecosistemi. Occorre spesso rassegnarsi alla convivenza con la specie invasiva con tutti i problemi connessi.

Memori degli antichi che avvisavano “i greci non portano doni” è giunto il momento di attrezzarci, per quanto ci è ancora possibile, contro questi moderni cavalli di troia biologici anche perché la globalizzazione del trasporto merci non potrà che acuire il problema in futuro.

biodicurezza-estero
Biosicurezza all’estero: raccoglitore per frutta che potrebbe contenere parassiti e zona sotto controllo.
Credit: Pat Heslop-Harrison

Marco Ferrari
7 febbraio 2014