Le specie che non ti saresti mai aspettato: quando la Tassonomia diventa “hot”

Scritto da:
Andrea Bonifazi
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1 minuto

“In amore e in guerra tutto è lecito”, recita un vecchio proverbio.

Anche la Tassonomia non è da meno: non appena subentra una valida motivazione scientifica, molti autori si sbizzarriscono, descrivendo nuove specie con nomi assurdi, divertenti…e talvolta davvero imbarazzanti!
Quando un nuovo taxon viene descritto, il nome viene ispirato da determinati criteri, come una particolare caratteristica morfologica, uno strano comportamento o l’habitat di riferimento della specie, mentre in altri casi si decide di dedicare il nome a una persona cara o a un autore di particolare rilievo in quel settore. Un esempio immediato potrebbe essere la specie Apis mellifera: il perché del nome è davvero intuitivo, dato che si tratta della comune Ape europea, grazie alla quale si ottiene il miele. Un nome facile, quasi banale…due parole per descrivere in maniera univoca un animale.
Come già accennato, spesso i nomi vengono dati in base all’aspetto morfologico della specie in questione: piatto, largo, gigante, minuscolo, ornato, dipinto…e chi più ne ha, più ne metta. Ma i tassonomi non scelgono sempre la soluzione più “sobria”, ci sono circostanze in cui la morfologia è così palese da rendere quasi inevitabile la decisione di dare nomi…hot!
L’esempio forse più eclatante in tal senso è un Fungo Basidiomicete abbastanza comune in boschi misti, ma frequente anche nei giardini. Può un Fungo avere un nome scientifico ai limiti della censura? La risposta è ovvia: assolutamente sì! Questa specie si chiama Phallus impudicus…e non serve essere dei latinisti per comprenderne il motivo: letteralmente significa “Pene senza pudore”, sia genere che epiteto specifico dovuti alla particolare morfologia del gambo cilindrico e spugnoso sormontato da un cappello più scuro, quasi avvolgente l’apice della struttura basale.

Il curioso Fungo Phallus impudicus (Ph. Jean-Pol GRANDMONT)

Motivazioni analoghe sono alla base del nome dato ad un poco appariscente Tunicato Ascidiaceo molto diffuso anche in Mar Mediterraneo: Ascidia mentula.
Di aspetto sacciforme, ma abbastanza allungato, coriaceo al tatto, sovente di colore rosato, aperto apicalmente…già la descrizione che dovrebbe far intuire l’aspetto di questo simpatico filtratore sessile, ma il significato latino dell’epiteto specifico “mentula” toglie ogni dubbio residuo: altro non è che il sinonimo volgare di “pene”! “Phallus” in questo caso non era sufficiente, la morfologia era così esplicita che nessuna censura sarebbe servita!

Ascidia mentula, un Ascidiaceo comune anche in Mar Mediterraneo (Ph. http://www.natuurlijkmooi.net)

Come è giusto che sia, anche in tassonomia ci sono le quote rosa, quindi perché non lasciarsi ispirare anche dai…genitali femminili? In questo caso è bene menzionare una pianta, della quale basta ricordare l’esplicitissimo genere: Clitoria, le cui specie sono originare dell’Asia tropicale, ma successivamente introdotte anche in Africa, Australia e America…insomma, una pianta dal nome “hot” che ama ambienti caldi.
Anche in questo caso ulteriori delucidazioni sarebbero superflue in quanto l’etimologia latina è così affine al termine attuale da lasciare ben pochi dubbi: il nome del genere deriva dal latino “clitoris“, cioè “clitoride”, a sua volta derivante dal greco “kleitoris“, che significa “piccola collina”. I fiori, infatti, ricordano fortemente una vulva, con tanto di “petaloso clitoride” nella sua porzione superiore. Diverse specie appartenenti a questo genere potrebbero essere fonte di ulteriore vernacolare ludibrio, come Clitoria virginiana, C. brasiliana, C. fragrans o C. nana, ma il rischio di scadere nel trash è elevato, quindi è più opportuno cambiare discorso. Ora parliamo di merda.

Il bellissimo fiore di Clitoria ternatea, una delle specie più comuni del genere (Ph. Ton Rulkens from Mozambique)

La nostra è chiaramente una lingua neolatina, quindi non c’è bisogno di spiegare il significato di questa parola, identica sia in Latino che in Italiano. Tale termine è la radice dell’epiteto specifico dato ad una specie di Coleottero Crisomelide: Lilioceris merdigera, specie, originaria dell’Eurasia, particolarmente invasiva nelle colture delle zone temperate. Ennesimo caso in cui la cruda realtà è stata preferita alla meno esplicita fantasia: “merdigera” è una parola di origine latina che unisce i termini “merda” e “gero“, ovvero, e cito testualmente, “portatore di merda”. Una caratteristica delle larve di questa specie (comune tuttavia anche ad altre specie congeneriche) è infatti quella di creare un astuccio esterno formato dai suoi stessi escrementi, che, una volta seccati e solidificati, formano una calotta che ricorda vagamente delle feci di Uccello. Una strategia quasi estrema, ma fondamentale per tenere lontani gli eventuali predatori (sperando di non incontrare qualche coprofago). D’altronde alcuni animali, per difendersi, presentano adattamenti maestosi, appariscenti, variopinti, altri puntano su forme estreme di criptismo o di mimetizzazione, altri ancora…puntano tutto sulla cacca! Merdigera è peraltro il nome di un genere di Gasteropodi terrestri caratterizzati dalle medesime strategie di sopravvivenza ai limiti del feticismo più spinto.

Larva del congenerico Lilioceris lilii, anch’essa caratterizzata da un astuccio larvale formato da feci (Ph. Luis Miguel Bugallo Sánchez)

Questi sono solo alcuni isolati esempi scelti perché particolarmente eclatanti…ma sono centinaia le specie caratterizzate da un nome che, decontestualizzato dal nobile ambito scientifico, sarebbe potuto apparire volgare, imbarazzante e hot!

Andrea Bonifazi

Bilbiografia

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