Cellule umane: scoperta a Bologna la “macchina del tempo” per farle ringiovanire
Dall’Università di Bologna arriva una buona notizia che potrebbe offrire la speranza di curare le malattie generative. Dallo studio condotto da Carlo Ventura, professore di Biologia Molecolare, e pubblicato on-line sulla rivista americana “Cell Transplantation”, risulta infatti che da un lembo di pelle si potranno ottenere le cellule cardiache, e si potrà così curare un cuore malato.
Si tratta di una specie di “macchina del tempo” in grado di riprogrammare le cellule umane, come se si trovassero nuovamente allo stadio embrionale, e di trasformarle in altri tipi di cellule utili a riparare quegli organi o tessuti danneggiati.
La scoperta, annunciata ieri nell’Ateneo dallo stesso Ventura, in realtà è un’evoluzione del lavoro dei due premi Nobel Shinya Yamanaka e John Gurdon, a lungo impegnati nella ricerca scientifica. Il primo, di origini giapponesi, è riuscito ad ottenere le cellule staminali senza dover toccare gli embrioni, mentre il secondo è considerato il padre storico della clonazione.
“Questo lavoro costituirà un punto di riferimento nel dibattito scientifico su un tema in cui è bene parlino gli esperti”, ha commentato il rettore Ivano Dionigi, complimentandosi con l’equipe bolognese che, in team con i ricercatori degli istituti di Firenze e Sassari, è riuscita a giungere ad una scoperta tale da dare speranza a chi, ormai, sembrava rassegnato.
La tecnologia d’avanguardia usata è stata la Reac, che in grado di riprogrammare le cellule adulte “grazie all’uso di una emissione a bassissima intensità di un campo radioelettrico e non con l’utilizzo di ingegneria genetica o con l’uso di vettori virali, esattamente come già sperimentato da Yamanaka” hanno spiegato gli studiosi.
Ventura, molto soddisfatto del suo lavoro, che verrà subito sperimentato a livello nazionale, ha sottolineato: “Anziché far tornare le cellule adulte indietro nel tempo abbiamo fatto prendere a queste stesse cellule altre strade, come se si partisse già da staminali embrionali, indirizzandole verso cellule di tipo cardiaco, muscolare-scheletrico e neuronale”.
Le staminali adulte, ricavate anche dal tessuto adiposo, rappresentano il futuro sempre più concreto per la cura di malattie degenerative. “Cercheremo di validare quanto scoperto in vitro in modelli animali- conclude Ventura- per essere poi pronti all’utilizzo terapeutico”.
Krizia Ribotta
10 novembre 2012