Il papiro: la pianta rivierasca più bella del mondo

Scritto da:
Adele Guariglia
Durata:
1 minuto

Il papiro (Cyperus papyrus) è una delle piante rivierasche più belle del mondo: cresce in fitte colonie nelle acque basse che circondano i margini delle paludi e dei fiumi nordafricani, in particolare nel Sudan e in Egitto, sebbene in quest’ultimo paese la sua presenza sia notevolmente calata nel corso degli anni. Se incontra condizioni favorevoli, il papiro cresce presso le sponde di fiumi e laghi formando spesso piccole “isole” circondate dall’acqua. Oggi è una pianta molto diffusa nei bacini fluviali dell’Africa tropicale, come quelli del Nilo, del Congo, del Niger e dello Zambesi, ma si trova anche nel Madagascar ed è stato introdotto in alcune zone temperate, come il bacino del Mediterraneo e l’Asia sudoccidentale. Largamente coltivato anche come pianta ornamentale, il papiro si adatta particolarmente bene a grandi specchi d’acqua grazie alle sue dimensioni considerevoli. Ha fusti alti che si sviluppano da una rete di rizomi legnosi e raggiungono in genere un’altezza di circa tre metri, formando macchie e folti molto simili a canneti. La sua principale attrattiva è tuttavia costituita dalle infiorescenze; i capolini ramificati (umbelle), dall’aspetto tenero e quasi piumoso, possono raggiungere i trenta centimetri di lunghezza. In condizioni ideali in acqua stagnante o su un suolo permanentemente bagnato, il Cyperus papyrus si diffonde piuttosto rapidamente. Il papiro più famoso della storia era in realtà una sottospecie- il Cyperus papyrus hadidii- che cresceva sul corso del Nilo al tempo degli egizi; il suo habitat naturale era costituito dalle acque stagnanti e dai terreni alluvionali stagionali, esattamente il tipo di territorio che fu prescelto in seguito per essere bonificato e utilizzato per coltivazioni agricole. Come testimoniano le descrizioni dei viaggiatori, dal Medioevo in poi il papiro egiziano è diventato sempre meno diffuso, sia a causa delle opere di bonifica e di irrigazione sia in seguito alla diminuzione della richiesta dovuta ai cambiamenti dei metodi di produzione della carta. Negli anni venti dell’Ottocento il Cyperus papyrus hadidii sembrava essere ormai scomparso, sebbene ne fossero state introdotte altre varietà nei pressi del Cairo e di Alessandria. Nel 1968 la specie è stata scoperta di nuovo: una piccola popolazione, che cresce in una palude d’acqua dolce presso il lago Umm Risha, sembra sia l’unica comunità nativa sopravvissuta.  La tradizione egizia di fabbricare la carta con il papiro risale a oltre 5000 anni fa e il termine inglese “paper” (carta) deriva proprio dal nome di questa pianta. Nel X secolo gli arabi introdussero una nuova tecnologia di produzione della carta ( basata sull’utilizzo di stracci e pasta di legno) che sostituì gradualmente l’uso del papiro. In tempi più recenti sulle sponde del Nilo, su un’isola situata tra il Cairo e Giza, si è ricominciato a coltivare il papiro, anche se a scopi prevalentemente turistici, oltre a riprendere la produzione di tipo tradizionale adottando, per quanto possibile, i metodi degli egizi. Questi ultimi usavano il papiro anche per produrre una molteplicità di oggetti; le fibre servivano a fabbricare stuoie, steccati, cesti, corde e perfino sandali, mentre i rizomi venivano consumati come cibo e utilizzati per preparare medicinali. Sfruttando la sua naturale capacità di galleggiamento, gli egizi costruivano infine le loro barche legando insieme i fusti di queste piante.