Disastro BP nel Golfo del Messico, gli effetti sulla fauna andranno ben oltre il 2012
- Marco Affronte
- 6 Marzo 2011
- Biologia Marina
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“Ho trovato larghe parti del fondale coperte di olio e di fuliggine, insieme a stelle marine, granchi e vermi acquatici, morti soffocati”. Sono queste le prime parole di Samantha Joye, ricercatrice dell’Università della Georgia, che ha condotto, lo scorso dicembre, la sua quinta missione nel Golfo del Messico, per indagare sugli effetti della famigerata fuoruscita di petrolio dal pozzo della BP, dello scorso aprile.
L’indagine è stata condotta utilizzando un piccolo sottomarino, col quale è stato possibile scattare delle foto che documentano quanto riportato. Lo studio ha coperto un’area molto vasta, di circa 2600 miglia quadrate. E ha permesso di analizzare oltre 250 campioni.
Olio e fuliggine
Oltre all’olio depositato sul fondo, una coltre di fuliggine, derivata molto probabilmente dalla combustione del petrolio in superficie, e quindi caduta sul fondale, ne ricopre larghi tratti. E tutto questo anche in zone che si trovano persino a 10 miglia di distanza dal luogo dell’incidente.
Insomma, quello che dipinge Joye è un quadro a tinte molto fosche, e i suoi risultati contrastano con quanto affermato invece da altri studi, ma condotti da enti governativi come la NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) o il DOE (Department Of Energy). Tra l’altro, la ricerca effettuata dal DOE è stata finanziata con fondi della BP…
Negli studi finanziati dal governo statunitense, si afferma che i “magici microbi”, cioè i batteri marini capaci di digerire e dunque trasformare chimicamente il petrolio, ne hanno eliminato ormai la gran parte. Di conseguenza, dichiarano gli stessi enti governativi, per il 2012 la situazione sarà tornata alla normalità.
Secondo quanto ha scoperto invece l’Università della Georgia, solo il 10% del totale del petrolio è stato attualmente consumato. L’attività dei batteri decompositori del petrolio è molto più lenta del previsto, come mai?
E’ colpa del metano
Samantha Joye ha una risposta anche per questo: seconda la ricercatrice la colpa è da imputare al gas metano. Dall’esplosione del pozzo è fuoriuscito infatti non solo il petrolio, ma anche una ingente quantità di questo gas. E secondo la studiosa della Georgia, le stime sulle quantità di metano fuoriuscito sono ampiamente sbagliate (per difetto). Nella sua ricerca si parla di ben 500.000 tonnellate di gas, circa il 40% della fuoriuscita totale dal pozzo.
Attorno al pozzo stesso ci sono degli strati di acqua, a 1000-1300 metri di profondità, nei quali la concentrazione di metano è di 75.000 volte superiore al normale!
Sebbene ulteriori studi siano necessari, sul perchè i batteri non stiano agendo efficacemente come previsto e su quale ruolo abbia in questo il metano, l’ipotesi della Joye è che questo gas possa interferire sulle funzioni metaboliche dei batteri stessi, o direttamente, o ad esempio riducendo la capacità dell’acqua di assorbire ossigeno, che quindi diverrebbe scarso anche per i batteri.
Le conclusioni non lasciano molto spazio all’ottimismo: “Sono stata là sotto e ho visto con i miei occhi. Non sarà tutto a posto nel 2012.”
Marco Affronte