Naso più grande? Il primato è degli uomini, uno studio ci dice il perché

Nella grande vastità di forme e dimensioni dei nasi umani bisogna tener sempre conto di una caratteristica oggettivamente valida: il naso di un uomo è più grande di quello di una donna.

Secondo le constatazioni di una ricerca dell’Università degli Studi di Lowa nel maschio la crescita del naso risulta sproporzionatamente superiore a quella del gentil sesso nell’inizio della pubertà. Infatti i maschi hanno bisogno di respirare quantità maggiori di ossigeno rispetto alle donne per via della maggiore quantità di massa muscolare, il che si riflette sulla dimensione solitamente maggiore. (Crediti: College of Dentistry / Sciencedaily)

Da un nuovo studio emerge che, su una media delle popolazioni di discendenza europea, i nasi degli uomini sono più grandi di quelli delle donne del 10%.

Secondo i ricercatori la differenza di dimensioni è un elemento presente già da diverse generazioni ed è in relazione con i bisogni di energia dell’individuo che varia anche a seconda del sesso: i maschi, in generale, hanno più massa muscolare magra e quindi necessitano di più ossigeno per la crescita ed il mantenimento del tessuto muscolare.

Dunque nasi più grandi significano maggiore quantità di ossigeno inspirata e trasportata nel sangue che servirà poi da fornimento al muscolo.

Queste differenze tra sessi si iniziano a notare dall’età di 11 anni, ovvero dal momento in cui generalmente inizia la pubertà, quando, fisiologicamente parlando, i maschi iniziano ad accrescere la propria massa muscolare magra mentre le donne aumentano maggiormente la loro massa grassa.

La ricerca spiega anche perché i nostri nasi sono più piccoli di quelli dei nostri antenati: ciò è dovuto al fatto che i nostri avi avevano molta più massa muscolare, dunque c’era bisogno di più ossigeno per tutti i muscoli; di conseguenza, era necessario un naso più grande per introdurre più ossigeno nell’organismo.

Gli autori di questo studio sono Thomas Southard, Todd Yokley e Andrew Froehle e la ricerca è stata finanziata dal Dipartimento di Ortodonzia presso la Facoltà di Odontoiatria dell’Università di Iowa.

Redazione
1 dicembre 2013

Heart Exhibition: intervista al Prof. Leonardo Calò

Con i più rosei risultati si è concluso l’Heart Exhibition, il congresso medico “Advances in Cardiac Electrophysiology” dedicato alla Cardiologia. Più di 400 relatori ed oltre 2000 cardiologi hanno preso parte al convegno punto di riferimento internazionale sulla Cardiologia. Si è svolto nel cuore di Roma, nell’antico e maestoso Palazzo Colonna dove il ricordo all’antichità ha dato luce ad un chiaro “messaggio per non morire” quello promosso dalla ONLUS “Insieme per un Cuore più Sano” ed il convegno stesso. Un misto di eccellenze della medicina cardiologica consolidato da presenze di “laici” e curiosi ha dato vita e riunito un convegno dedito alla diffusione dei principi di uno stile di vita sano e delle manovre d’intervento in caso di emergenza. Un convegno nato per promuovere e consolidare le conoscenze cardiologiche ai più esperti e ai più curiosi aprendosi, in questa sua quinta edizione, ai non-medici. Vi rimandiamo alle precedenti pubblicazioni relative al convegno Heart Exhibition, Advances in Cardiac Electrophysiology e ad un “messaggio per non morire”. Deliziandovi con le interviste conclusive al Prof. Leonardo Calò (di seguito riportata) e alla Dott.ssa M. Marziali (disponibile in questa pagina).

Professor Leonardo Calò
Responsabile Aritomologia Policlinico Casilino di Roma

Buonasera professore siamo felici di averla seguita in questa V edizione dell’Heart Exhibition un evento molto particolare in quanto libero e gratuito, può spiegare ai nostri lettori il perché di questa scelta e se si dichiara soddisfatto di queste due giornate?

Questa scelta è nata dall’esigenza di fare in modo che quante più persone possibili possano partecipare ad un congresso cardiologico, ad un congresso medico in modo che si possa diffondere cultura, a tutti i livelli, anche per medici che magari non possono permettersi un’iscrizione e anche per fare in modo che gli infermieri, i tecnici, le classi e le figure professionali potenzialmente svantaggiate possano partecipare in momenti di formazione. Sono molto soddisfatto di queste due giornate con la partecipazione di oltre 2000 persone, con tutti i corsi, i mini corsi e tutti i vari argomenti stra-pieni, quindi da un punto di vista personale sono estremamente soddisfatto.

Sappiamo anche che è il presidente di una ONLUS “Insieme per un Cuore più Sano” può dirci in breve di cosa si occupa e quali obiettivi persegue?

La ONLUS “Insieme per un Cuore più Sano” è una ONLUS che si occupa di prevenire la morte che avviene improvvisa, di fare prevenzione sulle malattie cardiovascolari, di fare formazione a personale medico, paramedico, ma anche a personale laico e di tutto quello che si può fare per prevenire la morte che avviene improvvisa. Un obiettivo che si pone e vuole portare avanti è anche quello di favorire la ricerca con il finanziamento di progetti di ricerca su tematiche della mortalità cardiovascolare e anche nell’ambito della cardiologia dello sport.

Parliamo della telemedicina, che cos’è, come viene applicata in ambito cardiologico e quale impatto economico potrebbe avere in termini di risparmio?

La telemedicina è una novità di questi ultimi anni della cardiologia, consente di vedere e gestire a distanza tantissimi malati in modo particolare quelli più fragili. I soggetti che sono affetti da scompenso cardiaco spesso si trovano in difficoltà nell’andare avanti e indietro negli ospedali, noi possiamo comunicare con questi malati, vedere quello che accade. Questo ha un notevolissimo impatto economico su tutto ciò che avviene a queste persone e consente evitare le così dette ri-ospedalizzazioni, infatti questi malati si trovano spesso nella condizione di venire in pronto soccorso, rimanere delle giornate ed essere poi trasferiti nei reparti di medicina passando tanti giorni della loro vita in ospedale. Tenete conto che più o meno ogni malato scompensato che si ricovera in ospedale 2-3 volte l’anno in ospedale costa dai 70.000 agli 80.000 euro l’anno e grazie alla telemedicina questi pazienti possono essere “adottati” e molto ben seguiti.

Come definirebbe il panorama cardiologico nel nostro paese in relazione al panorama internazionale e se esistenti potrebbe parlarci di uno o più paesi modello nell’ambito della cardiologia?

Il nostro paese in relazione al panorama internazionale è un paese estremamente avanti, ha una grande capacità di fare ricerca e di avere degli ingegni di massimo livello internazionale, il problema è che abbiamo una modalità di gestione delle attività di ricerca, di gestione della nostra organizzazione cardiologica che è un po’ complesso e che richiede una notevole innovazione dal punto di vista dei modelli, basta per l’appunto, parlare del modello di gestione dello scompenso cardiaco o anche di altri modelli che sono proprio quello che serve ai pazienti cioè i percorsi: se uno ha un problema capire che percorso fare, che percorso realizzare. Esistono dei modelli internazionali interessanti, ci sono però dei modelli sociali diversi ad esempio negli stati uniti molto è fatto dall’attività del privato, cioè è sostenuto dai privati o in altri modelli come i modelli scandinavi dove ci sta un modello sociale molto efficace e molto efficiente, comunque direi che non ci sono dei modelli di riferimento, esistono vari modelli su cui sicuramente l’Italia si può agganciare per migliorare ciò che possiamo fare nel nostro paese.

In articoli precedenti abbiamo dato molto risalto agli obiettivi di “Insieme per un Cuore più Sano” e un “messaggio per non morie, l’ormai motto della ONLUS in questione, la prevenzione a partire da uno stile di vita sano, la conoscenza di semplici manovre d’intervento può diventare la soluzione in molti casi di emergenza, può dirci qualcosa in merito?

Mi sembra che il messaggio anche al termine di questo congresso, questo messaggio per non morire parta dall’attenta considerazione che l’intervento precoce e semplice, come è documentato in delle bellissime relazioni, semplicemente con il massaggio cardiaco può salvare una vita, altrettanto importante è essere non preoccupati non tanto di andare a soccorrere rapidamente una persona, ma di essere pronti ed efficaci immediatamente nell’intervenire con il massaggio cardiaco, altrettanto è fondamentale e importante avere uno stile di vita, perciò essere attenti a cose semplici come mangiare, come il fumo, la propria attività fisica, il saper ascoltare i sintomi che uno avverte come per esempio il proprio ritmo cardiaco, il proprio polso e saper comunicare eventuali sintomi che uno ha a dei medici, credo che tante cose, però tutte molto semplici, possono cambiare sicuramente la prospettiva e la modalità di quello che è una diffusione molto più ampia, a tante più persone di quelle cose che rimangono dette troppo spesso solo tra pochi intimi.

Redazione
27 novembre 2013

Heart Exhibition: intervista alla dott.ssa M. Marziali

Di seguito l’intervista alla dott.ssa Marziali, Medico Cardiologo e relatore dell’Heart Exhibition. Per maggiori informazioni vi rimandiamo alle precedenti pubblicazioni relative al convegno Heart Exhibition, Advances in Cardiac Electrophysiology e ad un “messaggio per non morire” nonché all’intervista al Prof. Leonardo Calò.

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Buonasera dott.ssa Marziali, siamo felici di incontrarla in questa quinta edizione dell’Heart Exhibition può dirci cosa maggiormente l’ha colpita di queste due intense giornate?

Sicuramente una grande partecipazione ma non una partecipazione formale, generalmente nei congressi medici quello che si vede è tanta gente nei corridoi e poca seduta ad ascoltare perché i medici sono stanchi, lavorano tutto il giorno e vedono nei congressi anche un momento di svago. Qui c’erano sale in cui non si riusciva a entrare perché gli argomenti trattati non erano legati all’azienda farmaceutica, a quello che vuole vendere il mercato ma al reale interesse medico, ed è la cosa che mi ha colpito moltissimo.

Di morte improvvisa si parla solo quando riguarda qualche personaggio noto basti vedere il caso del calciatore Morosini è un fenomeno tanto scioccante quanto evitabile può dirci, secondo lei, cosa si potrebbe fare per evitare queste situazioni?

La prevenzione passa soltanto per una parola, l’educazione. L’educazione che riguarda il paziente stesso, quindi la consapevolezza, la coscienza, diventare noi stessi persone che trasmettono salute e l’educazione della popolazione che sta crescendo, partendo principalmente dai ragazzi… Perché quando si impara una cosa da giovani si ricorda per sempre.

Quali sono i casi più frequenti, quali i sintomi da non sottovalutare?

Per quanto riguarda la morte improvvisa dobbiamo distinguere due popolazioni, una popolazione più grande, una popolazione più giovane… se pensiamo alle persone sopra i 40 anni la causa più frequente d’arresto cardiaco è sicuramente la cardiopatia ischemica. Il campo in cui io in particolare sto lavorando invece grazie al prof calò è il campo della morte improvvisa giovanile, quindi legata a malattie tra virgolette rare che però possono esporre a un rischio di aritmie fatali e non vanno sottovalutati sintomi come la palpitazione, cioè il cuore che va veloce, e sopratutto la sincope, cioè lo svenimento. Molte persone che hanno avuto arresto cardiaco, anche lo stesso Morosini, avevano avuto prima degli svenimenti che non sono stati valutati adeguatamente.

Come ha appena detto la prevenzione è sicuramente lo strumento principale per evitare la morte improvvisa. Ma anche una corretta gestione delle situazioni di emergenza può contribuire a salvare molte vite. Cosa secondo lei si potrebbe fare per migliorare la qualità degli interventi nelle situazioni critiche?

La diffusione del defibrillatore semiautomatico è il punto centrale, noi non possiamo pensare di mandare i nostri figli a fare lo sport in un luogo non sicuro in cui il personale che insegna un attività sportiva, che insegna a star bene, che insegna a stare insieme non sa esser d’aiuto nel momento in cui ci sia un emergenza. Deve essere la coscienza sociale, la coscienza civile che deve cambiare però deve essere supportata da degli strumenti che sono ormai economici ma che spesso le comunità non riescono ad acquistare autonomamente e quindi ci devono essere perlomeno delle agevolazioni se non una donazione gratuita da parte dello stato.

L’ultimo incontro di questo congresso si intitola “un messaggio per non morire”. Qual è il suo messaggio per non morire?

(ride) Il mio messaggio per non morire.. mi piacerebbe avere la formula magica per non morire. Lavorare insieme, lavorare coesi, confrontarci, essere umili cercare di capire che cosa si può migliorare, cercare di mettersi in discussione quindi continuare la ricerca scientifica e continuarla insieme ai nostri pazienti, perché i nostri pazienti hanno veramente tanto da insegnare.

Morte improvvisa, la cardiologia lancia il “Messaggio per la vita”

Promosso da “Insieme per un cuore più sano O.N.L.U.S.” giunge alla sua quinta edizione il congresso “Advances in Cardiac Electrophysiology” il convegno dedicato alla cardiologia aperto anche ai non addetti ai lavori.

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Il 21 e 22 novembre si svolgerà, nel cuore di Roma, presso Palazzo Colonna, “Advances in Cardiac Electrophysiology” il summit dedicato alla Cardiologia e alla tutela e prevenzione delle malattie cardiache.

Un messaggio per la vita
E’ slogan lanciato da “Insieme per un cuore più sano O.N.L.U.S.” un vero e proprio “sogno” o obiettivo che l’associazione si ripropone e, come le parole introducono, un messaggio per promuovere la vita, per valorizzarla e tutelarla cominciando dalla prevenzione e passando ad una diffusione di una cultura scientifica da applicare in caso di emergenza.

Presidente dell’associazione ed organizzatore dell’evento, il Prof. Leonardo Calò, responsabile dell’Aritmologia del Policlinico Casilino di Roma, ha sottolineato l’importanza cardine di semplici regole “di vita” che unite al massaggio cardiaco possono difenderci da rischi di patologie cardiache. “L’idea è di veicolare nella società, partendo dai giovani, il messaggio del soccorso immediato e corretto a chi è colto da un arresto cardiaco. È una manovra semplice che richiede al massimo due ore di training e il nostro obiettivo è quello di formare gratuitamente, con il contributo delle associazioni cardiologiche, gli insegnanti di scienze e di educazione fisica che, a loro volta, potranno insegnarlo agli studenti. Questa iniziativa si potrebbe quindi estendere a tutte le scuole medie superiori senza costi aggiuntivi. Io credo che questo potrebbe rappresentare un buon punto di parenza per trasmettere ai ragazzi non solo alcuni principi medici di base per un pronto soccorso, ma anche il senso dell’amore per la vita”.

Storie di “cuore”
Toccanti, vivide ma molto reali. Sono le storie raccontate dal professore e riproposte nel corso dell’evento. Vite legate ad un filo, salvate dal caso.. direbbero in molti, dalla conoscenza direbbero altri. Come la storia di Ivano quando nel mezzo di una partita di tennis viene colto da un arresto cardiaco. Uno sportivo, non fumatore. In quel momento, lì intorno, un rianimatore del Policlinico Umberto 1 lo soccorre. Vittima di una cardiompioatia al riaprire gli occhi si trova nel Policlinico Casilino, con l’equipe del Prof. Calò.

L’assenza di quel medico rianimatore lo avrebbe portato a morte certa e pure, proprio l’amore – di entrambi – per l’attività fisica gli ha salvato la vita. In casa, davanti un pc o in un luogo chiuso sarebbe incorso in morte certa? Probabilmente sì. Ecco il senso di “un messaggio per non morire” o – con il gioco di parole promosso dall’associazione “un massaggio per non morire”. La conoscenza di tecniche molto semplici può divenire strumento di salvezza per tutti coloro che ci circondano. Ed è proprio così che la collettività si collega aiutando e valorizzando l’amore per la vita. Altre importanti storie sono al centro.

La telemedicina rivoluziona la cura
Nel processo di osservazione e controllo dei pazienti interviene la telemedicina. Infatti mediante un dispositivo wirless associato e collegato, in modo sicuro e mediante dati visibili al solo personale medico, si entra in costante collegamento tra peacemaker e defibrillatori con la struttura ospedaliera favorendo e stabilendo un continuo contatto che coinvolga quadro clinico ed analisi del medesimo. Un modo per tutelare e tranquillizzare il paziente ma che a sua volta consenta un follow-up continuo e personalizzato evitando ricoveri incongrui, faorendo il pieno controllo della malattia e riducendo – per estensione – i costi delle cure finali.

Cardiologia dello sport
Diviene dunque fondamentale l’interazione tra la medicina e la cardiologia dello sport in quello che è un rapporto necessario. In effetti migliorare la tecnologia e sopratutto le conoscenze in ambito sportivo diventa un bisogno debito a tutelare ed intervenire in prima persona in quella che – spesso e volentieri – diviene “morte improvvisa”.

Il professor Pigozzi, ordinario di Medicina Interna e specialista in Cardiologia e Medicina dello Sport, ha evidenziato l’importanza nel processo di prevenzione in un utenza che spesso e volentieri permane poco attenta alla tutela del proprio cuore.

Le cinque regole di “Insieme per un Cuore più Sano” ONLUS rimarcano i suggerimenti necessari “per non morire” ed “un Cuore più Sano”: compiere attività fisica, bere molta acqua, non fumare e seguire una dieta sana, povera in grassi animali e ricca in frutta, verdura, cereali e legumi.

I pazienti in stato vegetativo riescono a prestare attenzione

Un nuovo studio rivela che un paziente in uno stato apparentemente vegetativo, incapace di muoversi e di parlare, ha mostrato segni di consapevolezza ed attenzione mai riscontrati prima.

In questa scansione si evidenzia l'attività di un paziente in stato vegetativo quando richiamati da parole designate e da parole irrilevanti dalla lettura di romanzi.
In questa scansione si evidenzia l’attività celebrale elettrica di un paziente in stato vegetativo quando richiamati da parole designate (sinistra) e da parole casuali ed irrilevanti prese dalla lettura di un romanzo.

Se si riuscisse a sviluppare questa abilità in modo specifico per alcuni pazienti vegetativi, in futuro si potrebbero mettere a punto dispositivi specializzati per consentire loro di interagire con il mondo esterno.

I ricercatori hanno usato l’elettroencefalografia – una tecnica che misura in modo non invasivo l’attività elettrica del cuoio capelluto – per testare 21 pazienti diagnosticati in stato vegetativo o di minima coscienza, e 8 volontari sani.
I partecipanti hanno ascoltato una serie di parole diverse, riprodotte ogni secondo per 90 secondi, ai quali gli esperti avevano poi detto di contare quante volte le parola “” e “no” erano presenti in quel flusso ascoltato.
L’esperimento è stato ripetuto più volte nell’arco di 30 minuti, ed il risultato è stato che uno dei pazienti in stato vegetativo è stato in grado di filtrare le informazioni irrilevanti e focalizzarsi sulle parole a cui bisognava prestare attenzione, riuscendo a concentrarsi sulle parole segnalate dagli sperimentatori così come riuscivano a fare gli individui sani.

Anche altri tre pazienti in stato di minima coscienza hanno reagito positivamente agli stimoli sonori, il che suggerisce che alcuni individui in questa condizione potrebbero essere in grado di dirigere la propria attenzione verso i suoni del mondo che li circonda e di interagire con questo tramite comandi provenienti direttamente dal cervello e grazie all’ausilio di macchinari specifici.

I risultati della ricerca, eseguita dagli scienziati del Medical Research Council Cognition and Brain Science Unit con l’Università di Cambridge, sono stati pubblicati il 31 Ottobre sulla rivista Neuroimage: Clinica.

Redazione
12 novembre 2013

Un messaggio per non morire: la nuova campagna ACE per la tutela del cuore

Promosso da Insieme per un Cuore più sano ONLUS ed il convegno cardiologico Advances in Cardiac Electrophysiology si apre ufficialmente la sessione “Un messaggio per non morire”.

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L’idea vuole essere quella di veicolare all’interno delle società, cominciando dalle scuole, le corrette istruzioni d’intervento immediato in caso di arresto cardiaco. Con appena due ore di training tutti possono apprendere ed agire in caso d’emergenza, l’obiettivo si ripropone quindi, in sintonia con le associazioni cardiologiche esistenti, di formare gli insegnanti di scienze ed educazione fisica che a loro volta possono trasmettere ai loro studenti questi semplici ma fondamentali consigli consolidando così la cultura per “non morire” sotto il profilo didattico.

In questo modo, senza costi aggiuntivi, si avvierebbe un sistema di “formazione” pratico ed essenziale su tutto il territorio nazionale. Un punto di partenza, dunque, debito a consolidare il senso di amore verso il prossimo fornendo principi di base nel mondo della medicina e della salute, principi che si raccolgono in un “messaggio per vivere bene”.

L’invito, è per il 22 novembre alle ore 16.00 presso Palazzo Colonna dove, ricordiamo, si svolgerà in full immersion i giorni 21 e 22 di novembre l’ACE, convegno medico cardiologico dove più di 1300 eccellenze italiane ed internazionali prenderanno parte alla serie di conferenze tenute da 400 ed oltre cardiologi.

Per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il nostro articolo, il sito web dell’evento e la pagina per iscriversi allo stesso, non oltre il 7 novembre!

Redazione
6 novembre 2013

Scoperto l’orologio biologico che misura l’età dei tessuti umani

Tutti cresciamo, ma gli scienziati ancora non capiscono il perché. Uno studio dell’Università della California ha scoperto un orologio biologico incorporato nei nostri genomi che potrebbe far luce sul motivo per cui il nostro corpo cresce ed il modo per rallentarne il processo.

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Mentre gli orologi biologici precedentemente individuati sono stati collegati a saliva, ormoni e telomeri, la nuova ricerca è la prima ad identificare un orologio interno capace di valutare con precisione l’età dei diversi organi, dei tessuti e del tipo di cellule.
Inaspettatamente, l’orologio ha anche riscontrato che alcune parti anatomiche, come il tessuto del seno della donna, invecchia più velocemente rispetto al resto del corpo.

“Per combattere l’invecchiamento, abbiamo in primo luogo bisogno di un modo oggettivamente valido di misurazione. L’individuazione di una serie di biomarcatori che controlla il tempo che passa e i suoi effetti su tutto il corpo è stata una sfida lunga quattro anni” ha spiegato Steve Horvath, professore di genetica umana presso la David Geffen School di Medicina della UCLA e della biostatistica presso la Fielding School of Public Health UCLA.
L’obiettivo è quello di inventare un orologio che riesca ad aiutare gli scienziati a migliorare la comprensione di ciò che accelera o rallenta il processo di invecchiamento umano.

Per creare questo orologio, Horvath si è focalizzato sulla metilazione, ovvero quel processo naturale che altera chimicamente il DNA.
E così è riuscito a scoprire che ogni tessuto ha una propria età, e che, ad esempio, in una donna con tumore al seno, i tessuti sani che circondano la massa tumorale sono più vecchi di circa 12 anni, mentre normalmente il tessuto del seno è più vecchio degli altri tessuti di circa 2-3 anni.

Questa ricerca, oltre a dimostrare che le cellule staminali sono tutte cellule neonate, permette in linea di principio di azzerare l’orologio biologico.
Bisognerà stabilire però se si potrà bloccare in questo modo il processo di invecchiamento oppure aumentare il rischio di sviluppare un cancro.

I risultati di questo studio sono stati pubblicati lo scorso 21 Ottobre sul Genome Biology e potrebbero offrire preziose basi per la ricerca sul cancro e sulle cellule staminali.

Redazione
4 novembre 2013