Botulismo: struttura chimica

Raffigurazione del Clostridium botulinum all’interno di una vaso sanguigno.

Il “Clostridium botulinum” è un batterio anaerobico obbligato, sporigeno, gram+, a forma di bastoncino, i cui organismi si trovano o nel suolo o nei sedimenti marini. Da ciò ne deriva che, trovandosi nel sottosuolo, possono contaminare anche gli ortaggi coltivati in superficie.

La proteasi, batterica o tissutale, taglia le tossine in un punto particolare che è fortemente proteasi-sensibile, generando così le neurotossine attive a doppia catena composte da una catena pesante (H, 100 kDa) che, per mezzo di ponti disolfuro, è unita ad una catena leggera (L, 50 kDa), la quale, a sua volta, è associata ad un atomo di zinco. Questo legame S-S svolge un ruolo fondamentale per la penetrazione della cellula e la sua divisione tramite riduzione elimina la tossicità.

La catena pesante può essere funzionalmente divisa in un dominio amminoterminale (Hn) e in uno carbossiterminale (Hc), mentre quella  leggera (amminoacidi 1-448) si comporta come una zinco-endopeptidasi con attività proteolitica concentrata sulla coda N-terminale. La catena pesante (amminoacidi 449-1280) fornisce specificità colinergica e incentiva la traslocazione della catena leggera attraverso la membrana endosomica del neurotrasmettitore. Se il ponte disolfuro che lega le due catene viene rotto prima che la catena leggera venga internalizzata dalla cellula, essa non può entrare nella membrana del terminale assonico e si ha una perdita virtualmente totale della tossicità.

La tossina nel complesso è piuttosto stabile, specialmente in condizioni acidiche (pH da 3,5 a 6,5), e neurotossina può essere separata dai componenti non tossici per essere purificata con una cromatografia a scambio ionico. Sebbene le spore botuliniche siano relativamente resistenti al calore, la tossina di per sé è sensibile al calore, infatti, scaldandola a 80°C per 30 minuti, o a 100°C per 10, se ne distrugge la parte attiva.

Ribotta Krizia
01 novembre 2012

Il Botulismo:
Botulismo I parte » Introduzione
Botulismo II parte » Tossine principali e parti velenose
Botulismo III parte » Struttura chimica

Botulismo: tossine principali e parti velenose

Il botulismo è causato da un gruppo di organismi sporigeni anaerobici chiamati “Clostridium botulinum”, e sebbene il Clostridium sia classificato come un’unica specie, è composto da almeno tre gruppi di organismi geneticamente distinguibili che sono stati riconosciuti tossici per l’uomo. I tipi di tossina sono classificati come A, B, C, D, E, F e G. Il botulismo umano è stato identificato solo con le varietà del “Clostridium botulinum” che producono le tossine di tipo A, B ed E. Per quanto riguarda invece le tossine di tipo C e D, queste causano il botulismo per lo più solo nelle specie non umane.

Sebbene le sette neurotossine (A, B, C, D, E, F e G) siano geneticamente diverse, hanno tutte pesi molecolari abbastanza simili e la struttura delle loro subunità sembra essere la stessa. Le tossine sono infatti sintetizzate come singole catene polipeptidiche inattive con una massa molecolare di circa 150 kDa, senza una sequenza leader, e vengono rilasciate dalla cellula attraverso lisi batterica. Gli organismi che possono produrre la neurotossina botulinica sono molti, e sebbene sia stato dimostrato che ciascuno è capace di produrre neurotossina botulinica ha caratteristiche proprie, sono stati tutti inglobati in un unico grande gruppo, che è appunto il “Clostridium botulinum”.  La tossina botulinica di tipo A, la più comune, è usata nel trattamento di spasmi muscolari tra cui torcicollo, cervicali e distonia degli arti superiori, strabismo infantile, aprassia dell’apertura della palpebra, spasmi emifacciali, crampo dello scrivano, spasticità dovuta a paralisi cerebrale infantile, ma anche nel trattamento dell’iperidrosi e nella cosmesi per ridurre le rughe.

Krizia Ribotta
31 ottobre 2012

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Hiv: a rischio le donne

Tra il 1998 ed il 2009 abbiamo purtroppo assistito ad un aumento delle nuove infezioni da Hiv: dal 13,3% siamo passati a ben il 79%. Una delle cause principali è indubbiamente il sesso non protetto, e sono le donne ad essere più esposte al rischio, a causa, come spiega la Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS (LILA), “di una serie di fattori biologici, sociali e culturali”.

Nonostante le misure precauzionali per la prevenzione dell’Hiv siano conosciute, nella classifica europea l’Italia rimane all’ultimo posto nell’uso del preservativo.

A rendere le donne particolarmente a rischio sono le cosiddette false credenze: molte pensano che l’Hiv non sia un pericolo per loro, in quanto hanno una relazione stabile con il proprio partner o marito. In realtà, molte di loro lo contraggono proprio dal compagno infedele che ha relazioni extra-coniugali. Ecco quindi che, se negli anni ’90 la categoria colpita dal virus era quella degli omosessuali, a distanza di soli 20 anni la situazione sembra essersi capovolta: oggi, a rischiare di più, sono gli eterosessuali.

Il problema principale è che vi è una mancanza di informazione, come risulta dai dati divulgato dalla LILA: un terzo delle 4.000 persone che ogni anno vengono colpite, scopre di avere il virus nel momento in cui l’AIDS ha già raggiunto la fase avanzata, e un quarto non sa di esserne affetto. Ciò significa che oltre il 60% di coloro a cui viene diagnosticato l’Hiv, ignorava di essere sieropositivo, percentuale che nei giovani supera l’80%.

La Lega, che da anni si batte per tutelare in particolare la donna, in occasione del 25° anniversario di attività, lancia una campagna di sensibilizzazione e di raccolta fondi dal titolo “Donna – prevenzione al femminile”. Madrina dell’evento e testimonial,  la conduttrice Elena Di Cioccio, diventata nota al pubblico per il suo ruolo da inviata nel programma “Le iene”.

Chiunque volesse sostenere l’iniziativa può contattare il 45508, con una chiamata da rete fissa o un sms da cellulare fino al 3 novembre 2012.

Krizia Ribotta
30 ottobre 2012

Under 19 a rischio di tumore: stop al fumo, all’alcol e al sovrappeso

Notizia shoccante degli ultimi tempi: il cancro può colpire anche i giovani al di sotto dei 19 anni se questi conducono una vita non sana e ricca di cattive abitudini. A rivelarlo è l’AIOM, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica, che illustra i drastici risultati delle indagini svolte. Tre sembrano i fattori che favoriscono l’insediamento del cancro nel corpo dei ragazzi: il fumo, l’alcol e l’attività sedentaria.

Infatti, i dati sono davvero molto preoccupanti: la media dei diciottenni che si ubriaca durante l’intero weekend (quindi minimo due sere di fila) è di 1 su 7, mentre sono più di un milione (circa un milione e centomila) coloro che, avendo un’età compresa tra i 15 e i 24 anni, fumano regolarmente. Il 23%, addirittura, riesce a consumare un pacchetto al giorno. Per quanto riguarda la sedentarietà, invece, 6 adolescenti su 10 trascorrono più di 11 ore sulla sedia o sulla poltrona, tra scuola e casa. Ciò fa sì che aumenti anche il tasso dei ragazzi in sovrappeso, che corrisponde al il 36%.

Queste sregolatezze possono anticipare l’insorgenza del cancro di diversi anni, con il rischio che il medico possa riscontrare, prima della soglia dei 25 anni, le neoplasie, in particolare quelle al seno, o il melanoma, purtroppo sempre più diffuso. L’età media si sta abbassando di parecchio, e questo costituisce un vero e proprio problema, visto che il 40% circa dei tumori si può prevenire proprio da giovani, adottando uno stile di vita sano.

L’AIOM, in collaborazione con le squadre di calcio di serie A, ha dato il via alla terza edizione della campagna di sensibilizzazione dal titolo “Non fare autogol” per cercare di far capire agli studenti come migliorare la salute del proprio corpo prevenendo i tumori.

Krizia Ribotta
29 ottobre 2012

Vaccini anti-influenzali: il ritiro di un lotto allerta le famiglie italiane

In seguito alla sospensione di 4 anti-influenzali (Fluad, Agrippal, Influpozzi adiuvato e Influpozzi subunità) prodotti dalla Novartis Vaccines, l’innovativa multinazionale di prodotti sanitari, migliaia di famiglie con bambini e anziani a carico hanno ininterrottamente chiamato il numero verde del Ministero della Salute per avere informazioni su quei vaccini sospettati di avere una qualità difettosa. Sono 2.600 le chiamate giunte agli operatori, anche perché i prodotti anti-influenzali della Novartis sono stati ritirati anche in Francia, in Svizzera, in Austria e in Germania, in quanto è stato riscontrato un quantitativo di aggregati proteici superiore alla norma.

I medici, l’AIFA (l’Agenzia Italiana del Farmaco) e l’azienda stessa hanno tranquillizzato i cittadini, rassicurandoli che, come misura precauzionale, i vaccini sono stati immediatamente interrotti, ma nonostante questo è chiaro la campagna vaccinale non può e non deve fermarsi. I carabinieri dei NAS, intanto, stanno indagando su quale prodotto sia stato distribuito in ben 800 farmacie ospedaliere e in 16mila farmacie private.

La Novartis, da parte sua, assicura che il lotto considerato incriminato non è mai stato distribuito, e sostiene la sicurezza e l’importanza dei vaccini. Il fatto che è un lotto sia stato bloccato perché, come sostenuto dall’AIFA “presenta situazioni al di fuori delle specifiche previste”, è un buon segno, da leggersi come la prova dell’ottimo funzionamento dei controlli, a maggior ragione per quanto riguarda i vaccini, che sono “un’importante risorsa per i singoli soggetti e per la collettività”.

Niente panico, dunque, e i cittadini devono potersi sentire liberi di sottoporsi agli altri vaccini anti-influenzali, perché il percorso di farmacosorveglianza è ben controllato. Un lotto, prima di essere immesso sul mercato, viene sottoposto ad ulteriori analisi da parte di un laboratorio terzo ufficialmente autorizzato ad operare accertamenti.

Krizia Ribotta
28 ottobre 2012

Smettere di fumare può regalare 10 anni di vita

Smettere di fumare sembra essere la soluzione ideale per poter allungare di un decennio la vita. Così è emerso dallo studio effettuato in Gran Bretagna qualche anno fa, dal titolo “Million Women Study”, presso l’Università di Oxford. Sotto il coordinamento di Sir Richard Peto, questa ricerca si è basata sulla correlazione tra donna e fumo, rivelando che coloro che fumano durante la cosiddetta mezza età hanno un tasso di mortalità ben 3 volte più alto di quelle che non fumano, rischiando anche, secondo i dati statistici, di accorciare la loro vita di ben 10 anni.

Come suggerisce il nome stesso dell’indagine, tra il 1996 ed il 2001, sono state prese in considerazione circa 1 milione di donne di età comprese tra i 50 e i 65 anni, le quali hanno compilato un questionario rispondendo a domande che riguardavano il loro stile di vita e le loro condizioni mediche e sociali. Il 20% delle partecipanti risultava fumatrice, il 28% ex-fumatrice e il 52% non tabagista.

Tre anni dopo, tramite posta, sono poi state nuovamente intervistare, ed i risultati, pubblicati oggi on-line su “The Lancet” (rivista settimanale medico-scientifica), in occasione del centenario della nascita di Sir Richard Doll, il primo studioso che ha indentificato il legame tra il fumo e il cancro al polmone, sembrano non lasciare ombre di dubbio. Le donne che erano ancora dipendenti dalle sigarette, rispetto alle non fumatrici, sono risultate quasi 3 volte più a rischio di morte da lì a 9 anni.

Come si può leggere dalla ricerca, quindi, coloro che decidono di troncare la loro dipendenza dalla nicotina entro i 30 anni hanno una probabilità pari al 97% di ridurre i rischi mortali da fumo, percentuale che si riduce al 90% nel caso di coloro che decidono di dire addio all’ultimo mozzicone entro i 40 anni.

Krizia Ribotta
27 ottobre 2012

Apnee notturne e forame ovale: un binomio che causa l’ictus

Raffigurazione di un arteria cerebrale. In caso di occlusione o emorragia in un vaso si verifica l’Ictus (ischemico o emorragico) che determina deficit locale o globale (coma).

Lo studio condotto da 13 diverse “Stroke Unit”, ovvero le unità specializzate nella diagnosi e nella terapia tempestiva dei casi di ictus, ha dimostrato come la compresenza di apnee notturne (l’OSAS, acronimo inglese di “Obstructive Sleep Apnea Syndrome”, ovvero “Sindrome delle Apnee Ostruttive nel Sonno”) e di forame ovale (ovvero la persistente comunicazione fra atrio destro e sinistro) possa essere una delle cause di ictus.

Un dato molto importante, se si considera che nel 30-40% degli ictus non è possibile individuarne la vera causa, e un ennesimo successo per l’Italia, visto che l’azienda ospedaliera “Carlo Poma” di Mantova ha partecipato a questa ricerca.

L’OSAS, la cui sindrome causa un sonno non tranquillo, a volte addirittura agitato, con continui episodi di ostruzione delle vie aeree, colpisce circa il 4% delle persone di età media, e una percentuale decisamente più alta degli individui al di sopra dei 60 anni. Ne consegue quindi che l’ossigenazione del sangue diminuisce, e sia la frequenza cardiaca che quella della pressione subiscono sbalzi non indifferenti.

Nel momento in cui si verifica il passaggio di coagulo dal sistema venoso a quello arterioso, dall’atrio destro a quello sinistro, ovvero quando si è di fronte ad embolia paradossa, l’OSAS potrebbe favorire l’insorgenza di malattie cerebrovascolari. Come infatti hanno spiegato i ricercatori di Mantova: “Durante le apnee ostruttive l’aumento della pressione nel cuore destro può determinare un salto di sangue venoso dall’atrio destro a quello sinistro”.

“La combinazione  di questi due elementi rappresenta un nuovo fattore di rischio per l’ictus, ma l’OSAS sembra comunque trattabile” continuano gli esperti. Si potrebbe ricorrere ad una ventilazione meccanica, mentre per risolvere la pervietà del forame ovale, si potrebbe sottoporre il paziente colpito da ictus durante il sonno ad un intervento di chiusura per via percutanea. Questo proprio perché, coloro che subiscono l’ictus da svegli, non hanno l’apertura del forame ovale e sono meno soggetti ad essere affetti dall’OSAS.

Krizia Ribotta
26 ottobre 2012