Sentenza sul terremoto de L’Aquila. A chi chiedere opinioni, ora?

Sei scienziati italiani e un ex-ufficiale del governo, componenti la Commissione Grandi Rischi, sono stati condannati a sei anni di carcere per il terremoto che ha colpito L’Aquila e il suo territorio nell’aprile del 2009.

Il motivo sarebbe quello di non aver preventivato il sisma ed avere invece rassicurato la popolazione locale. Di fronte ad una sentenza del genere, che lascia in un primo momento senza parole, ci sembra comunque doveroso esprimersi, anche se con qualche giorno di ritardo.

Il clamore suscitato dalla notizia è stato di portata notevole ed enorme è stato anche lo stupore e l’indignazione della comunità scientifica e della maggior parte dei media.  “Condannati per non essere riusciti a fare magie” commenta ironicamente negli USA il Washington Post, cui fanno eco anche il New York Times e il Wall Street Journal.

Sorpresa e incredulità in Europa, nei giudizi della stampa francese, inglese e tedesca. In Giappone poi, dove i terremoti sono all’ordine del giorno, si stenta addirittura a credere che la notizia sia vera.

Il mondo scientifico fa muro compatto e reagisce duramente. I geologi USA, per bocca di Michael Halpern, dell’ONG, l’Ordine dei Geologi, che si occupa da tempo delle interferenze politiche in questioni scientifiche, commenta: “Questa sentenza è stata emessa nel Paese di Galileo: certe cose non cambiano mai”, una frase lapidaria che riassume amaramente l’attuale opinione che il mondo scientifico ha della giustizia italiana nei confronti della Scienza e che – confessiamolo – ci fa anche male.

Da parte nostra, non vogliamo e non possiamo entrare nel merito delle motivazioni che hanno portato a questa sentenza, dato peraltro che le motivazioni si conosceranno solo fra novanta giorni. E non vogliamo neppure andare a cercare – tra i tanti organi coinvolti e che ora giocano a scaricabarile – su chi e su come dovesse essere dato l’allarme e avviata quindi l’emergenza.

Ma davvero – ci domandiamo però –  ci si aspetta che gli scienziati abbiano la possibilità di prevedere quando potrà avvenire un terremoto e quindi dare il via a massicce evacuazioni? Perché, purtroppo, il messaggio che al momento sta passando è questo: gli scienziati italiani hanno dimostrato di sottovalutare il rischio sismico e si sono limitati a tranquillizzare la popolazione.

“Io non ho mai rassicurato nessuno”, afferma il geofisico Enzo Boschi, presidente dell’INGV, l’Istituto Nazionale di geofisica e Vulcanologia. “Né all’Aquila, né altrove. Registravamo uno sciame sismico e ne informavamo sempre con  tempestività la Protezione civile. L’evacuazione spetta alla Protezione civile, ai sindaci, agli amministratori. In Italia si registrano ogni anno 5-6000 scosse di terremoto, ma non si fanno per questo continue evacuazioni”.

“I terremoti non si possono prevedere”, ribadisce. “L’unica arma di difesa è fare prevenzione”.

Sentenza assurda, affermano gli scienziati californiani. “Io dico che i sismologi debbono essere chiamati a dare risposte scientifiche in termini di aumento percentuale di probabilità”, dice Tim Jordan, direttore del Southern California Earthquake Center. “Poi deve esistere un sistema automatico in base al quale le autorità governative stabiliscono le misure da prendere”.

Esterrefatti anche gli scienziati tedeschi. “Questo giudizio è scandaloso”, riferisce allo Spiegel il prof. Martin Meschede, della Società tedesca di Geofisica. “Consiglierò ai miei colleghi di non dire più una parola in merito alla valutazione dei rischi”. Riferendosi ad una eventuale eruzione del Vesuvio, lo studioso si domanda: “Dopo una sentenza giudiziaria del genere, chi avrebbe voglia di esprimersi sul pericolo di una eruzione del vulcano?”.

L’INGV, in un comunicato stampa, esprime rammarico e preoccupazione: “Quale scienziato vorrà ora esprimere la propria opinione sapendo di poter finire in carcere?…Allo stato attuale, è impossibile prevedere in maniera deterministica un terremoto. Di conseguenza, chiedere all’INGV di indicare come, dove e quando colpirà il prossimo terremoto non solo è inutile, ma anche dannoso, perché alimenta in modo ingiustificato le aspettative delle popolazioni interessate da una sequenza sismica in atto”.

“In Calabria, nella zona del Pollino si sono registrate duemila scosse negli ultimi mesi, oltre a fenomeni importanti segnalati nel Gargano, nei Nebrodi e in Sicilia, ma nessuno ha fatto niente”, avvertiva Boschi, commentando la sentenza, solo pochi giorni fa.

L’avvertimento è suonato come una profezia, anche se Boschi non aveva certamente la sfera di cristallo quando si è pronunciato.

E il 25 ottobre, pochi giorni dopo, eccoci di fronte al dramma del Pollino.

Leonardo Debbia
28 ottobre 2012