Un roditore oversize

Simile al porcellino d’India per il curioso muso e con un pelo folto e ispido come quello dei cinghiali, il capibara (Hydrochoerus hydrochaeris) è considerato il roditore più grosso esistente. Questo animale sudamericano “oversize”, può pesare quanto un uomo (dai 40 kg agli 80 kg) e sfoggia un corpo tondeggiante privo di coda e con zampe tozze e corte. Il suo habitat è costituito tipicamente da acqua, zone di pascolo e porzioni di foresta e la sua distribuzione è ampia: lo si può avvistare da Panama al bacino del fiume Uruguai (nel Nord dell’Argentina), tra le aree paludose del Venezuela (Los Llanos) e in Brasile, dove è particolarmente abbondante nella regione del Pantanal. In natura, i capibara vivono in gruppi in cui un maschio dominante si circonda di 3-5 femmine con i relativi piccoli e in prossimità di fiumi e zone acquitrinose, dove vanno alla ricerca di piante acquatiche, mais e tuberi. Le zampe posteriori sono tipicamente “palmate”, in quanto possiedono una membrana che unisce le tre dita unghiate, facilitandone i movimenti in acqua e rendendoli ottimi nuotatori. Sono, infatti, animali fortemente adattati alla vita acquatica, tanto da essere considerati animali “anfibi” perché si trovano a loro agio sia sulla terraferma che in acqua, dove trascorrono gran parte del loro tempo, compresa la fase di accoppiamento. Continue reading

Deforestazione: la causa nascosta del riscaldamento globale

Molti credono che il riscaldamento globale sia causato dalla combustione di olii e gas. In realtà, il 25-30% dei gas serra rilasciati ogni anno nell’atmosfera provengono dalla deforestazione.
Le foreste pluviali formano una preziosa banda di raffreddamento intorno all’equatore terrestre, ma la loro deforestazione, in continuo aumento, attualmente viene considerata dagli esperti una delle principali cause del riscaldamento globale. Le emissioni di carbonio provenienti da questa attività, infatti, superano di gran lunga i danni causati dagli aerei, dalle automobili e dalle fabbriche.
La dilagante “slash and burn” delle foreste tropicali, ovvero la pratica del “taglia e bruci” come tecnica di coltivazione per rendere i terreni fertili con la cenere derivante dal disboscamento dell’area, è seconda solo al settore energetico in quanto a produzione di gas serra, secondo una relazione pubblicata dalla Global Canopy Programme (GPC), una cooperazione tra i principali scienziati di foreste pluviali, con sede a Oxford. Andrew Mitchell, responsabile del GCP, definisce le foreste tropicali “un elefante nel soggiorno dei cambiamenti climatici”, confermando il ruolo chiave che giocano queste aree nei problemi globali. Le cifre del GPC, che riassumono le più recenti scoperte delle Nazioni Unite, e le stime contenute nello Stern Report, un importante documento di riferimento, mostrano che la deforestazione raggiunge il 25% delle emissioni globali di gas che trattengono calore, mentre i trasporti e le fabbriche raggiungono il 14% ciascuno; il traffico aereo, invece, rappresenta solo il 3% del totale. Continue reading

Gli effetti dell’inquinamento acustico sui cefalopodi: minacce per gli abitanti del mare

L’inquinamento acustico negli oceani è considerato la causa dei cambiamenti fisici e comportamentali della vita marina ed è stato studiato principalmente per delfini e balene, che si relazionano con i suoni durante le attività diurne. Delfini e balene, tuttavia, non sembrano le sole specie minacciate dalle attività di estrazione del petrolio, in quanto i cefalopodi, tra i vertebrati sembrerebbero fortemente traumatizzati da questi eventi. Uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati questo mese, dimostra che i suoni a bassa frequenza, come per esempio il rumore prodotto dalle attività di estrazione del petrolio, a largo delle coste, causa lesioni negli organi sensoriali di calamari, octopus e seppie. Nel 2001 e 2003, lungo le coste delle Asturie, nella Spagna settentrionale, sono stati ritrovati diversi calamari giganti, in seguito all’uso in mare aperto di fucili ad aria compressa da parte di alcune navi. Gli esami condotti sugli animali hanno portato ad escludere tutte le altre cause di lesioni in queste specie, suggerendo che le morti di calamaro potevano essere collegate ai suoni eccessivi a cui erano stati esposti.
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Paludi, mangiatrici di uomini e mangrovie: la lotta per salvare le tigri delle Sundarbans

Esiste un solo luogo sulla terra dove le tigri vivono in una palude di mangrovie. Con un’estensione di 10,000 Km2, di cui 6000 km2 nel territorio del Bangladesh e i restanti in quello indiano, le Sundarbans sono la foresta di mangrovie più grande e con la maggiore biodiversità del mondo, oltre che il regno indiscusso delle tigri del Bengala.

Le Sundarbans sono foreste costituite da una miriade di specie vegetali adattate al peculiare ambiente di estuario, caratterizzato da un’elevata salinità, la mancanza di erosione del suolo e la quotidiana inondazione da parte dell’alta marea. Le maree e la vegetazione di mangrovie sono i componenti principali di questo ecosistema dinamico: l’alternanza delle fasi di erosione/deposizione e le variazioni di salinità originano un ciclo di nutrienti in continua evoluzione, provocando cambiamenti floristici continui nelle comunità vegetali, che si adattano rapidamente alle nuove condizioni. Continue reading

Il perché della forma a “S” del cavalluccio marino

Ha la testa di un cavallo con il muso di un oritteropo, le spine come il pesce palla e la tasca di un canguro, gli occhi come lucertole e la coda prensile di una scimmia, il corpo blindato dello stegosauro e la possibilità di cambiare colore come un camaleonte: così può essere descritto il curioso corpo del cavalluccio marino che per secoli ha affascinato l’uomo.

I cavallucci marini, che appartengono alla famiglia dei Singnatidi insieme ai pesci ago, vivono nei fondali a praterie di Posidonie o ricchi di alghe, alle quali si ancorano tramite la coda e trascorrono la maggior parte della giornata in attesa di prede.
Il caratteristico muso tubolare, all’interno del quale sono presenti una mascella superiore e una anteriore prive di denti, agisce come una sorta di “aspirapolvere”, risucchiando piccoli crostacei, zooplancton e altri microscopici invertebrati quando questi si trovano ad una certa distanza dal pesce. Continue reading

Perché gli uccelli si scontrano con oggetti costruiti dall’uomo

Dagli infissi degli uffici ai tralicci della luce, dalle turbine alle pale eoliche, i grandi mezzi costruiti dall’uomo sono causa di scontro per molte specie di uccelli; sono oggetti talmente integrati nel paesaggio che all’occhio umano risultano quasi invisibili.

Un recente studio pubblicato su IBIS, la rivista internazionale di scienze ornitologiche, propone un nuovo approccio per comprendere quale sia la visione del mondo degli uccelli e perché essi trovino tralicci e turbine così difficili da evitare in volo.
Il problema delle collisioni dei volatili è diventata una seria preoccupazione per i conservazionisti: gli impatti sono così frequenti da costituire una minaccia alla sopravvivenza delle specie. La ricerca sostiene che la mortalità degli uccelli causata dall’impatto con gli artefatti umani sia la peggiore causa antropica non-intenzionale.
In Europa, secondo una stima effettuata in un arco temporale di oltre 16 anni, circa il 25% dei giovani e il 6% degli adulti di cicogna bianca Ciconia ciconia muoiono fulminati ogni anno o a causa degli impatti con i tralicci. “Dal punto di vista umano sembra bizzarro che gli uccelli si scontrino con questi grandi oggetti così spesso, quasi come se non li vedessero. È risaputo che il volo degli uccelli è controllato prevalentemente dalla vista, concetto espresso perfettamente nel detto “un uccello è un ala guidata da un occhio”, afferma il Professor Graham Martin dell’Università di Birmingham. “Tuttavia, gli uccelli vivono in un mondo che ha una visione molto diversa da quella dell’uomo”. Continue reading

Scoperta una nuova specie di ragno che produce la più estesa e resistente tela al mondo

Risale a Settembre dello scorso anno la scoperta di alcuni scienziati americani e sloveni riguardo una nuova specie di ragno che costruirebbe una delle ragnatele più ampie conosciute, sospesa tra una sponda e l’altra di fiumi e laghi del Madagascar. Per realizzare un’impresa simile, pare che i ragni utilizzino una seta con una resistenza e un’elasticità mai rilevata fino ad ora, perfino più resistente di qualsiasi altro materiale biologico o artificiale conosciuto.

La capacità dei ragni di produrre la seta e di modellarla in strutture come le ragnatele ha rappresentato un fattore chiave nel loro successo evolutivo. Questa proteina complessa, costituita principalmente dagli amminoacidi glicina, alanina e serina, viene emessa da vari gruppi di ghiandole, presenti nella sezione posteriore dell’animale (opistosoma), sotto forma di liquido idrosolubile che una volta a contatto con l’ambiente esterno si trasforma in un filo insolubile, causando l’aumento fino a dieci volte del suo peso molecolare. Per tale ragione, fino ad oggi, si riteneva che la seta avesse caratteristiche di resistenza simili al nylon e il doppio della sua elasticità, ma la scoperta porterebbe ad una riconsiderazione delle proprietà di questo materiale assolutamente naturale. Continue reading