Scintille di vita: nuovi studi sull’origine della vita

Scritto da:
Marco Ferrari
Durata:
1 minuto
Perseidi (Wikicommons)
Perseidi (Wikicommons)

Già da molti anni i ricercatori hanno formulato ipotesi su come si sia generata la vita sul nostro pianeta, a partire dal brodo primordiale ovvero dagli elementi chimici di base e di come le fonti di energia disponibili abbiano operato, ma questo “Lego” primordiale non è stato ancora del tutto compreso.

I primi studi di una certa rilevanza vennero riportati dal biochimico russo Aleksandr Oparin già negli anni ’20.

Vediamo allora, seguendo Oparin, cosa avremmo avuto a disposizione: l’ossigeno non era atmosferico, almeno come ossigeno molecolare a disponibilità gassosa così come lo intendiamo oggi, lo si rintracciava nell’acqua, negli ossidi e nell’anidride carbonica. Gli altri elementi, i cosiddetti CHNOPS, ovvero Carbonio, Idrogeno, Azoto, Ossigeno, Fosforo e Zolfo, indispensabili alla vita, erano in varie proporzioni disciolti appunto in questo brodo originario rintracciabile in mare e nei laghi. L’energia per permettere la ricombinazione chimica poteva provenire dal sole, dalle eruzioni vulcaniche e da elementi radioattivi. Vi era già un ciclo dell’acqua con riscaldamento, evaporazione, condensazione e precipitazioni grazie alla massa del pianeta che tratteneva l’atmosfera dell’epoca (siamo intorno ai 4-3,5 miliardi di anni fa). Ciò probabilmente comportava anche differenze di potenziale in atmosfera e violenti temporali e i fulmini erano frequenti, tali forze elettriche avrebbero potuto generare prima molecole organiche e poi talune strutture cellulari utili alla vita. Oparin valutando questo scenario ipotizzò la formazione di composti a base organica, che vista la scarsa presenza di ossigeno atmosferico non avrebbero subito il deleterio processo di ossidazione.

Inoltre il caso avrebbe permesso in talune zone l’aggregazione di molecole grazie al moto ondoso o a processi di concentrazione a seguito di evaporazione; vi sarebbero potuti essere anche fenomeni aggregativi grazie anche a strutture quali le particelle di argilla.

Oparin pubblico le sue ipotesi nel 1922, con grande indifferenza della comunità scientifica.

A. Oparin (Wikipedia)
A. Oparin (Wikipedia)

Successivamente un americano, Stanley Miller, segui la via sperimentale e negli anni ’50 simulò in laboratorio il brodo primordiale e le condizioni ambientali che con ogni probabilità vi erano sul pianeta. Miller “cucinò” un brodo a base di CHNOPS in un forno in cui metano, ammoniaca e il vapor d’acqua formavano l’atmosfera e come innesco utilizzò forti scariche elettriche a voler simulare i fulmini. Ebbene in questo ciclo iniziarono a formarsi molecole e fu possibile rintracciare aminoacidi e altre sostanze organiche. Con successivi esperimenti nei quali si variavano le condizioni (elementi chimici e variabili fisiche) all’interno di questo “alambicco della vita” furono rintracciati una buona parte degli aminoacidi che conosciamo oggi nonché alcuni nucleotidi facenti parte di DNA e RNA.

Altri studi hanno confermato il processo; ora abbiamo così raggiunto una ragionevole certezza “in termini probabilistici” che sia davvero andata così, anche se ancora sfuggono alla nostra comprensione alcune modalità di “montaggio”.

Comunque si potrebbe addirittura immaginare che, considerati gli elementi di base e le variabili fisiche in gioco, la vita non avrebbe che potuto nascere prima o poi se avesse avuto, come ha avuto nel nostro caso, a disposizione tempo, energia adatta e un numero sufficiente di rimescolamenti e ciò potrebbe essere logico in tutto l’universo.

S. Miller (Wikipedia)
S. Miller (Wikipedia)

E in questo conteso si innesta la ricerca del Prof. S. Civis che propone come fonte energetica per il montaggio della vita anche quella sprigionata dall’impatto di meteoriti sul pianeta. A quei tempi gli oggetti spaziali (comete e asteroidi) erano molto più numerosi il nostro sistema solare era alle origini e le forze aggregative gravitazionali avevano pertanto molti oggetti celesti da attrarre, alcuni sostengono dieci volte tanto.

In questo ultimo esperimento il bordo primordiale è stato dunque bombardato con un laser molto potente che ha simulato la potenza degli impatti generando di nuovo sostanze organiche. Gli studiosi hanno calcolato che, in quel periodo, piovvero sul nostro pianeta quantità enormi di materiale extraterrestre con impatti potentissimi e diversificati in base a dimensioni, angoli di impatto, materiali ferrosi o meno, e velocità paraboliche.

“Ancora una volta i risultati sperimentali suggeriscono che l’emergere della vita non sia il risultato di un fortunoso incidente ma una conseguenza delle condizioni della terra primordiale” così riporta lo studio pubblicato dal Prof. Svatopluk Civis dell’Istituto di chimica -fisica Heyrovsky di Praga su “Proceedings of the National Academy of Sciences”.

Asterix Laser.
Asterix Laser.

Il laser utilizzato dagli scienziati di Praga per ricreare gli esiti di impatti meteorici sul brodo primordiale che avrebbero concorso ad innescare la vita sul nostro pianeta. Fonte Prof. Svatopluk Civis.
Insomma si giunge di nuovo alla conclusione che coi giusti ingredienti (le sostanze inorganiche) e un buon forno (le condizioni ambientali) prima o poi la torta (i composti organici complessi) riuscirà a tutti. A questo punto rintracciare forme di vita nell’Universo non sarebbe più da vedere come un “se” ma come un “dove”.

Marco Ferrari
6 gennaio 2015