M-Cube, i robot che si auto assemblano

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Redazione
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Gli scienziati stanno portando avanti un curioso progetto di robotica, da quando nel 2011 John Romanishin propose un nuovo design per i robot modulari.

Alla sua proposta, la professoressa Daniela Rus fu scettica e pensava non potesse essere possibile un’applicazione di quel tipo; dopo soli due anni, la stessa professoressa presentava il prototipo del robot ideato da Romanishin ad un suo collega, Hod Lipson, che ugualmente non poteva crederci.

Ma in realtà, robot di questo tipo sono perfettamente realizzabili, ed il team lo ha anche dimostrato più volte e continuerà a farlo in occasione della Conferenza Internazionale sui sistemi e i robot intelligenti.

Questo progetto è conosciuto con il nome di M-Blocks, dove i robot in questione sono dei piccoli cubi capaci di muoversi ed unirsi tra loro formando diverse strutture.
I loro movimenti sono possibili grazie a dei piccoli magneti applicati su ogni faccia del cubo e su alcuni punti spigolari, che permettono ai cubi di girare uno intorno all’altro oppure di restare appesi a testa in giù aggrappandosi a superfici metalliche.
Ma non è tutto ciò che sanno fare gli M-Blocks, capaci infatti anche di saltare per aria o di rotolare a terra, il tutto secondo precisi comandi impartiti.

Come funzionano gli M-Blocks
All’interno di ogni blocco vi è un volano capace di raggiungere una velocità di 20.000 giri al minuto che gli permette di eseguire svariate operazioni e diversi movimenti, il tutto unito alla capacità di bloccarsi saldamente ad un altro cubo grazie ai magneti di cui sopra.
Inoltre, i cubi riescono a muoversi tra loro perché, quando situati uno accanto all’altro con due facce attaccate tra loro, gli spigoli non combaciano perfettamente perché smussati, ed è proprio in questo punto nevralgico che vi sono inseriti dei magneti dalla forma allungata e tondeggiante che permettono ad un cubo di muoversi sopra l’altro; la parte finale di questo movimento è poi agevolata dai quattro magneti disposti per ogni lato del cubo che attraendosi tra loro permettono di concludere l’azione e di fissare tra loro i due blocchi.

Queste sperimentazioni potrebbero essere affinate ed utilizzate in futuro per la riparazione temporanea di ponti o edifici, con microstrutture cubiche in grado di assemblarsi da sole.

Redazione
22 ottobre 2013